Intervista di GUIDO RUOTOLO al Presidente della Corte d'Assise d'Appello
INVIATO A PERUGIA
Amanda e Raffaele possono anche essere responsabili della morte di Meredith, ma non ci sono le prove. Quelle che abbiamo valutato in dibattimento, non le abbiamo ritenute sufficienti a farli condannare». Claudio Pratillo Hellmann è un signore molto distinto, un vecchio magistrato benestante che, presidente della Corte d’assise d’appello, si è ritrovato a presiedere il processo per l’omicidio di Meredith Kercher. Pretore a Spoleto, poi presidente della sezione Lavoro della Corte d’appello e catapultato a presiedere un processo di cui avrebbe volentieri fatto a meno, e lui stesso non lo nega, con grande distacco e serenità commenta le polemiche che lo hanno coinvolto: «Siamo sereni, non ci hanno minimamente coinvolto le polemiche e il tifo da stadio che avevamo previsto».
Presidente, Amanda è libera a Seattle. Raffaele a casa, a Bisceglie. Liberi perché innocenti?
«Certo. Il dispositivo della sentenza non lascia margini di dubbio. Liberi, per non aver commesso il fatto. Ma questa è la verità processuale, non quella reale. Che può essere diversa».
Nella stanza di Mez c’era Rudy? Cosa è successo in via della Pergola, la notte del primo novembre del 2007?
«Certamente Rudy sa quello che è accaduto e non l’ha detto. Forse lo sanno anche i due imputati perché, ripeto, la nostra pronuncia d’assoluzione è il risultato della verità che si è determinata nel processo. Quindi forse lo sanno anche loro, ma a noi non risulta».
Amanda e Raffaele visti dall’altra parte. Dallo scranno della Corte, che impressione le hanno fatto?
«Due ragazzi di vent’anni. Ben educati, composti, provati da un’esperienza di questo genere».
La sera della sentenza, il tifo da stadio fuori al Tribunale. Urla: «Vergogna, vergogna». Impressionato?
«No. L’avevamo messo in conto. E prima di ritirarci in camera di consiglio l’avevamo anticipato. La piazza non conosceva il processo e devo dire con la massima serenità che mai siamo stati condizionati dall’attenzione dei mass media».
Presidente, a Roma, nei palazzi della politica, c’è già chi parla polemicamente di errore giudiziario, naturalmente riferendosi alle indagini e al processo di primo grado.
«Se fossi stato il pm avrei agito come hanno agito i pm del processo. Nessun errore da parte loro. Solo che abbiamo valutato diversamente le prove. Il codice stabilisce che basta un piccolo dubbio, purché ragionevole, per assolvere. E noi siamo stati coerenti con i nostri convincimenti».
E questo dubbio quando è che si è insinuato tra voi?
«Con la perizia, non c’è dubbio. Noi cercavamo la metodologia per la valutazione degli elementi genetici. E la risposta che cercavamo non l’abbiamo avuta».
I pm sono stati implacabili contro la perizia e i periti.
«Hanno difeso strenuamente il loro punto di vista. Per noi la perizia ha segnato un cambio di passo nel dibattimento».
Presidente, consenta il parallelo con un processo che ha diviso l’opinione pubblica nazionale: il processo Andreotti celebrato a Palermo. Pur documentati, i rapporti del senatore a vita con Cosa Nostra fino al 1980, il reato è stato prescritto. Dopo, l’insufficienza di prova.
«Nel nostro caso non abbiamo richiamato il secondo comma dell’articolo 530 del Codice (la vecchia insufficienza di prove, ndr). Non posso anticipare le motivazioni ma leggendole capirete. La nostra valutazione è che non è stato sufficiente l’impianto accusatorio ma indubbiamente gli elementi c’erano. Per noi, però, erano contraddittori, non soddisfacenti per arrivare alla condanna».
Se Rudy è colpevole di violenza sessuale e concorso in omicidio, chi ha ucciso Mez? E la vostra sentenza non entra in contraddizione con quella passata in giudicato di Rudy?
«Non c’è assolutamente un conflitto tra giudicati. La sentenza Guede riguarda un solo imputato. Nelle motivazioni, la Cassazione esordisce precisando che la pronuncia non può coinvolgere o avere riflesso nella vicenda di Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Abbiate pazienza. Quando leggerete le motivazioni capirete».
Presidente Pratillo, il processo per l’omicidio di Meredith Kercher non ha assicurato gli assassini alla giustizia? Si può parlare di più colpevoli o dobbiamo accontentarci di un solo responsabile in concorso, Rudy Guede?
«Mi consenta un pensiero rivolto ai genitori di Meredith, alla loro sofferenza. Credo che dal punto di vista del processo, la verità purtroppo rimarrà insoluta. Noi non possiamo condannare senza prove».
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Ricordo che il giudice Priore disse la stessa cosa che ora dice il giudice Pratillo Hellmann: "questa è la verità processuale, non quella reale. Che può essere diversa" Lo disse in un'accesa discussione, trasmessa per radio dalla RAI, con il politico Giovanardi sulla verità su Ustica.
Tutti sappiamo che anche quelle vittime dell'aereo dell' ITAVIA abbattuto non hanno avuto giustizia.
Con le conoscenze ed i mezzi scientifici che abbiamo oggi, le perizie si basano essenzialmente su questi elementi.
Commentando non ricordo quale indagine, scrissi che mi chiedevo come facevano un tempo per individuare gli assassini: qualcuno mi rispose che una volta c'erano più innocenti in galera.
Oggi, però, forse ci sono più assassini in libertà.
Le vittime non possono parlare ed i loro parenti sono annichiliti dal dolore. Le loro vite sono inevitabilmente cambiate in peggio per sempre.
La prova principe dovrebbe essere che, mentre gli assassini uccidono, arriva qualcuno e li vede nell'atto di uccidere.
Ma gli assassini sono fortunati a quanto pare.
L'ultimo in ordine di tempo è l'omicidio stradale della giovane guida turistica statunitense appena giunta in Italia.
Sembra che la strada dove è stata ritrovata sia trafficata anche di domenica pomeriggio: quando è stata uccisa. Eppure nessuno ha visto nulla. L'assassino ha avuto un'incredibile fortuna: l'ha presa in pieno e non si è fermato neppure un attimo, e nessuno arrivava dietro di lui, nessuno era davanti a lui, nessuno giungeva dalla carreggiata opposta. Un attimo sospeso nel deserto, evidentemente.
1 commento:
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