Sto rileggendo "La Famiglia Manzoni" di Natalia Ginzburg. Lo lessi molti anni fa. Le riletture aggiungono sempre qualcosa in più al capire ed al riflettere.
Penso che le opere che si rifanno agli scambi epistolari sono sempre indiscrete. La storia ha le sue esigenze, soprattutto serve a noi per capire meglio noi stessi e il mondo in cui viviamo, ma coloro che scrissero privatissime lettere, se avessero saputo che milioni di posteri le avrebbero lette, chissà se ne sarebbero stati contenti. Ci approfittiamo del fatto che quelle persone non esistono più e non sanno l'uso che facciamo delle loro intime espressioni di affetto o lagnanze... od altro.
La famiglia di Alessandro Manzoni fu numerosissima e tanti i lutti. Alessandro fu figlio unico di incerta paternità e si rifece mettendo al mondo molti figli, quindi ebbe generi e nuore, nipoti e altri quasi parenti, come la seconda moglie di Massimo D'Azeglio, ad esempio, che fu suo genero poi vedovo di una sua figlia, morta in giovane età come alcune altre sue figlie... Una vita di una persona eccezionale per ingegno, valore e fortune eppure così piena di dolori, delusioni e miserie, fa riflettere su quanto accade in una vita che sfugge ad ogni controllo e previsione.
Quello che si evince da questa lettura sulla vita minuta di una famiglia, pure benestante e per molti versi privilegiata, è la tragica situazione della medicina intorno alla metà del 1.800 dell'era cristiana. Praticamente curavano tutto con i salassi, senza alcuna percezione della causa della malattia e quindi dell'effetto che tale pratica poteva effettivamente avere sul malato. La piccola Matilde, una delle figliole di Manzoni, aveva "uno sbocco di sangue"? Le facevano un salasso. La seconda moglie Teresa aveva dolori di pancia? Si pensava che avesse un tumore ed invece era incinta di due infelici gemelline nate e morte. E così via in un seguirsi di morti prima dei 30 anni di cui non si saprà mai la vera causa. Eppure non era molto tempo fa. Accadeva in pieno Risorgimento ed in una famiglia che poteva permettersi servitori in abbondanza e di chiamare e consultare medici a volontà. Non oso pensare ai poveri, alla povera gente. Si sopravviveva. Bisogna leggere per capire il progresso immenso della medicina di oggi e forse ci si lamenterebbe di meno.
Altra considerazione mi viene da fare sull'economia di questa famiglia. Il nonno materno, Cesare Beccaria, non sarà stato ricchissimo ma certo nemmeno povero, dunque da lì ad Alessandro qualcosa venne. Molto gli venne dall'uomo di cui porta il nome, che la madre sposò proprio per convenienza economica. Moltissimo, attraverso la madre Giulia, gli arrivò dal ricco Carlo Imbonati, amante e convivente della sua genitrice. Dunque fa riflettere che poi quest'uomo si potesse ritrovare in "ristrettezze" in alcuni momenti della sua vita.
Infine i due figli maschi incapaci di condurre una vita equilibrata senza rovinare sé stessi e gli altri: Enrico e Filippo. Di questo non si può certo farne colpa ad Alessandro il quale, anzi, tentò, con consigli ed aiuto anche economico, di sollevare i suoi figli: ma egli, come l'uomo qualunque, nulla poté contro una natura che nasce con la persona e che non si cambia. Enrico distrusse tutta la cospicua dote della sua pregevole consorte, Emilia Redaelli, fino a finire in miseria. Filippo visse di debiti.
Grandezza e miseria. Visto nella vita intima anche un granduomo viene ridimensionato, nulla togliendo alla bellezza della sua Opera.