Il grande bluff della Provincia di Roma:
come far finta di rispettare il referendum dando ad Acea 1,32 miliardi di euro
di “remunerazione” per l’acqua.
“State tranquilli, Roma come Belluno applicherà
il referendum, eliminando la remunerazione del capitale investito”. Queste
sono - in sintesi - le parole che alcuni sindaci dell’Ato 2 - ambito idrico
gestito da Acea - hanno ascoltato nelle riunioni informali dei giorni scorsi,
convocati dalla Provincia di Roma prima delle decisioni che verranno prese nella
prossima conferenza del 17 aprile. Tra le delibere da votare c’è anche un
atto che - almeno sulla carta - azzera la remunerazione del capitale investito,
come previsto dal referendum di giugno.
C’è però un trucco, anzi, un grande
bluff.
Partiamo dai numeri, che non tornano. Tra le
tabelle allegate alle bozze delle delibere sulle quali il 17 aprile i sindaci
dovranno esprimersi c’è il quadro sinottico del ricavo garantito al gestore,
ovvero la multinazionale Acea spa: sommando le cifre riportate nel riquadro
“ricavo” si arriva a 1,32 miliardi di euro, dal 2012 al 2024. Un
incasso record, pronto a finire nei dividendi dei nuovi soci privati che il
comune di Roma sta cercando e dei tradizionali azionisti, quali Caltagirone e la
francese Suez. Un bottino ghiotto che il referendum aveva spazzato via, come è
noto a tutti i 27 milioni di italiani che il 12 e 13 giugno votarono per i
quesiti sull’acqua.
Dov’è, dunque, il trucco?
Secondo la bozza di delibera preparata dagli
uffici della Provincia di Roma l’azzeramento della "remunerazione del
capitale investito” riguarderà solo gli investimenti decisi dopo il
referendum di giugno.
In teoria sembra una decisione di buon senso, ma,
come è noto, il diavolo si nasconde nei dettagli. Nel pacchetto degli
“investimenti” già fatti c’è poco meno di un miliardo di euro di
capitalizzazione iniziale di Acea. Un valore che venne stabilito prima della
firma della convenzione, avvenuta nel 2002, che comprende teorico valore di
mercato del settore acqua della multinazionale romana.
Ebbene quella cifra verrà integralmente riportata
anno dopo anno, sommandosi agli investimenti deliberati prima del giugno 2011,
generando un sette per cento di utile - ovvero proprio quella
remunerazione del capitale che il referendum ha abrogato - altissimo, che
corrisponde a circa il 18% della bolletta dell’acqua. Questa cifra non
viene neanche sfiorata dalla proposta di delibera, che sostanzialmente non
cambia nulla rispetto alla tariffa del sistema idrico integrato.
Altro che accoglimento del risultato dei
referendum…
Si tratta, dunque, di un’operazione di marketing,
una sorta di cipria che si vuole spacciare ai sindaci come una decisione
rivoluzionaria.
Siamo sicuri che i primi cittadini sapranno
smascherare il grande bluff, respingendo al mittente la proposta di
delibera.
Ricordiamo che la vera abrogazione del 7% di
remunerazione del capitale la stanno già attuando i cittadini, con la
campagna di obbedienza civile, decurtando quella parte di tariffa
abrogata dai
referendum.
Coordinamento dei comitati acqua pubblica Castelli
romani
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