DEGRADO
«Fanghi tossici nel Tevere
dal depuratore Roma Nord»
Verso la richiesta di rinvio a giudizio per inquinamento ambientale. Chiusa l'inchiesta contro i tre responsabili dell'Acea
(Foto Ansa)
ROMA - Perizie scientifiche e attività investigativa hanno confermato che il depuratore Acea Ato 2 di Roma Nord restituiva al Tevere acque reflue non trattate. O lavorate solo parzialmente. Uno sversamento di fanghi misti a gomma altamente tossico e «fraudolento» rispetto alla procedura prevista dal contratto di servizio fra Acea e Comune.
A conclusione delle indagini partite da una relazione della Forestale che attestava «ripetuti malfunzionamenti» dell'impianto, il pm Rosalia Affinito sta notificando agli indagati - i tre responsabili dell'impianto Acea, ora sotto sequestro - gli atti con l'accusa di inquinamento ambientale e frode nelle pubbliche forniture.
Sulla vicenda era intervenuta a suo tempo l'azienda a specificare che l'impianto di Roma Nord aveva «sempre garantito standard di efficienza depurativa elevatissimi, ben oltre i limiti imposti dalla Provincia». La conclusione delle indagini promette di chiarire anche un altro aspetto della vicenda, rimasto finora più defilato. Quello più strettamente commerciale. Perché i fanghi trattati dal depuratore vengono solitamente reimpiegati in agricoltura e, dunque, acquistati e rivenduti da imprese agricole. In questo caso sarebbe stata una società legata al gruppo Acea SpA, in possesso di una specifica autorizzazione della Provincia, a rilevare il materiale trattato dal depuratore.
Nell'anno in cui l'Unione Europea minaccia un esposto nei confronti dell'Italia per la mancata depurazione di «140 città medio-grandi» (siamo in ritardo nel recepire una direttiva del 1991), Roma e provincia fanno i conti con un servizio in sempre maggiore affanno. E se il depuratore che mescolava scorie alle acque fluviali è sotto sequestro da un anno (gestito da un commissario nominato dalla Procura, che ne certifica il corretto funzionamento) il caso dell'impianto di Roma Nord non sembra episodico. Dallo scorso giugno anche quello sulla Tiburtina è oggetto di verifiche da parte dei magistrati coordinati dall'aggiunto Roberto Cucchiari. Un approfondimento deciso in seguito alla denuncia presentata dagli abitanti di Colli Aniene in cui si descrive un quartiere ostaggio di odori nauseanti collegati all'impianto, con qualche episodio anche di infiammazioni agli occhi e irritazioni cutanee. Sulla base dell'esposto, corredato da seicento firme, il pm Maria Bice Barborini ha recentemente ipotizzato un reato ambientale (gettito di cose) e avviato le indagini.
Anno pessimo per gli Ato (acronimo per Ambito Territoriale Ottimale) Acea. Sempre a giugno di quest'anno il Corpo Forestale ha posto sotto sequestro il depuratore di Santa Maria in Fornarola a Santa Palomba (Albano). In quel caso l'impianto insisteva su un bacino d'utenza superiore alle sue capacità e l'azienda ha dovuto impegnarsi a sostituire le linee e a potenziarle.
Nessun commento:
Posta un commento