Roma, 2 nov. (TMNews) - Antonio Di Pietro «è come Berlusconi io con lui ho rotto definitivamente». Il capogruppo dell'Idv Massimo Donadi dopo aver minacciato le dimissioni è furioso con Tonino che, spiega in una intervista all'Unità, «con noi parlava di rilancio del partito, di date del congresso, poi va al Fatto Quotidiano e dichiara sciolto il partito". Donadi si aggiunge alla schiera di
Idv delusi come il sindaco di Napoli De Magistris che ieri sera a "Servizio
Pubblico" ha detto: "Anch'io l'ho visto poco tonico". Di Pietro in una
intervista al "Fatto" ha dichiarato che il suo partito, l'Italia dei Valori, è
ormai morto.
Avv. Massimo Donadi |
Mi stupisco io stessa di quanto la mia analisi, basata sempre sui fatti, sia stata esatta e lungimirante.
Non ho visto Report e non mi importa nulla delle proprietà private di Antonio Di Pietro. La mia analisi si basa sulle enormi contraddizioni fra quello che dice e quello che fa.
L'ho detto e scritto e lo ripeto: dapprima in tanti in buonafede pensavamo che forse non sapeva di questa o quell'altra cosa, che non poteva controllare tutto... Ma poi il coacervo di fatti e di scelte è stato inequivocabile. Come questo di cui si rammarica Donadi, è un aspetto della sua personalità ormai acclarato: Giano Bifronte, cinismo...
Mi dispiace per Donadi che ho incontrato una sola volta ad una manifestazione a Piazza Navona. Certa gente, conquistata dall'irruenza oratoria di Di Pietro, lo sottovalutava: ricordo una giovane infermiera che, appena arrivata, ha voluto essere messa in lista per le regionali, senza capire che era solo una portatrice di voti per chi doveva sedersi sulla poltrona di Consigliere Regionale. Da mente che vedeva la politica con occhio un poco rozzo ed ingenuo, costei ad una riunione disse che "Donadi era un poverino". Con una punta di indulgente ironia io le chiesi "Perché." Lei rispose "Perché non è aggressivo, poveretto, come Di Pietro." Non ricordo se provai a spiegarle che la pacatezza è più importante dell'aggressività ed è segno di autocontrollo ed intelligenza, di riflessione e di mediazione, doti che in politica servono più dell'urlo.
Non ho mai sopportato infatti gli urli di Beppe Grillo. Ad una manifestazione a Piazza Farnese urlava in modo tale che mi fermai a Campo de' Fiori in attesa che finisse la sua performance.
Ora pare che Di Pietro e Grillo vogliano unirsi: bene, uniranno gli urli e, mi dispiace, l'ignoranza in campo scientifico.
Ricordo l'arroganza senza dubbi di Grillo che tuonava contro "la medicina ufficiale" che, secondo lui, osteggiava la cura Di Bella.
Ma quando mai la medicina ha respinto un risultato innovativo? Per il gusto di far morire la gente di cancro quando c'era la "cura miracolosa"? Idem sul nucleare, idem sui terremoti. L'arroganza dell'ignoranza, la stessa del "cantante-guru" Celentano: il governo dei dilettanti allo sbaraglio!
Anche in materia di Giustizia, la sua materia, Di Pietro non ci prende sempre: continua a dire che bisogna fidarsi dei giudici ma, dall'esperienza mia personale e di tanta gente, non sembra che sappiano sempre emettere sentenze indiscutibili! Che non si possano discutere ma solo appellare, va bene, ma possono a volte lasciare perplessi se non peggio!
Dunque l'effetto Gabanelli ricade in modo vendicativo sul partito. In fondo è la sua creatura, lui ne è il padre-padrone, e lascia a piedi quelli che si permettono di criticare. Peggio per loro. Però dice che continuerà a guidare a comandare, che non l'abbandonerà...
Ricordo che più volte ha promesso di togliere il suo nome dal simbolo, e non l'ha fatto, che ha fatto la mossa di andarsene come Presidente... Poi al congresso si è fatto confermare per "alzata di mano"... Tutto coerente con quello che Antonio è veramente. Peggio per chi gli ha creduto.
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