Da: Inviato Speciale
Ospedali da chiudere: polveriera-sanità nel Lazio
Autore: redazione. Data: lunedì, 10 dicembre 2012Commenti (1)
Domani a Roma, davanti alla sede della Regione Lazio,
protesteranno medici, infermieri e pazienti contro i tagli disposti dalla giunta
dimissionaria e dal Commissario per la Sanità, Enrico Bondi, che porterebbero
alla progressiva chiusura di sei ospedali della Capitale. Stamattina al
ministero dell’Economia si svolgerà un vertice tra il Commissario e i direttori
generali, per mettere nero su bianco la nuova rete ospedaliera regionale.
Gli ospedali romani sono ormai una polveriera: dal Cto al San Filippo Neri, fino al Pertini, allo Spallanzani e al Forlanini la scure della ristrutturazione (quasi 2mila posti letto a fronte del buco di circa 780 milioni di euro) preoccupa e indigna gli operatori del settore così come gli utenti che vedono messo a serio rischio il diritto alle cure garantite dal Pubblico.
Il tema in discussione ha evidentemente un rilievo nazionale, se è vero che pochi giorni fa il dimissionario premier Mario Monti aveva dichiarato (scatenando a sua volta polemiche) che il Sistema sanitario nazionale “potrebbe non essere garantito se non si individuano nuove modalità di finanziamento”. L’annotazione del presidente del consiglio ha un corrispettivo in alcune cifre allarmanti: quattordici miliardi di tagli previsti in tre anni, da qui al 2014, con la chiusura delle aziende con meno di 80 posti letto (250 gli ospedali a rischio) e 12mila tra medici e personale a rischio.
Nel Lazio le ricadute sociali di questo piano sono pesantissime. Nei giorni scorsi, il personale medico e paramedico che ha presidiato il piazzale del San Filippo Neri ha denunciato la possibile chiusura dell’unico ospedale che copre una vasta area nella porzione ovest della Capitale e il personale ha denunciato i propositi di smantellamento di reparti da poco conclusi: si tratta di quelli del padiglione D, per il quale vennero stanziati 15 milioni di euro e che venne inaugurato nell’ottobre 2010, quando l’annuncio di tagli alla sanità laziale era già stato ampiamente ventilato: se si aggiunge che la struttura entrò in funzione l’anno successivo, la vicenda assume contorni surreali.
Non mancano dettagli ancora più sconcertanti: le telecamere di alcuni telegiornali sono entrate nei due nuovi reparti inaugurati sei mesi fa (destinati all’attività medica intra moenia) e non ancora aperti al pubblico: costati ai contribuenti laziali poco meno di 2 milioni di euro, potrebbero presto morire insieme a tutto l’ospedale.
Il clima non cambia spostandosi all’Eastman (punto di eccellenza dentistico), al Sant’Eugenio, all’Oftalmico o nelle realtà religiose (cliniche o ospedali convenzionati): il loro budget è stato ridotto di 96 milioni di euro e tra questi è minacciata la chiusura dell’Idi (l’Istituto dermopatico dell’Immacolata), uno dei presidi d’eccellenza nella Capitale in materia di dermatologia.
“Il rischio reale è di non riuscire più ad erogare i servizi essenziali ai cittadini”, dicono i sindacati. Eppure, denunciano le categorie della sanità di Cgil, Cisl e Uil, si segnalerebbe una carenza di posti letto: ammonterebbero addirittura a 7mila quelli mancanti in residenze sanitarie assistenziali per anziani e malati cronici.
“Chiediamo al commissario Bondi di attivare subito un tavolo permanente sulla crisi della sanità – ha spiegato il responsabile sanità della Cisl Fp di Roma, Roberto Chierchia – non si può riorganizzare alla cieca. In tutte le strutture coinvolte i lavoratori si stanno mobilitando, coinvolgendo anche i cittadini, per svolgere grandi assemblee pubbliche in cui sottoscrivere petizioni perché questi ospedali restino attivi. Non si può andare avanti nei tagli senza rendersi conto che il sistema viene messo in crisi. A pagare sono i lavoratori e i cittadini”.
Nella giornata di ieri la protesta si è spostata al Cto (ubicato nel popolare rione della Garbatella): tutte le categorie professionali si sono unite per iniziare un presidio a oltranza, “per dire no all’operazione di smantellamento della sanità pubblica”.
“Il commissario Bondi – ha sostenuto Ivano Peduzzi, capogruppo di Rifondazione comunista alla Regione Lazio – non può fare orecchie da mercante di fronte a una mobilitazione così massiccia: la tenacia dei lavoratori va premiata e ascoltata. Le loro ragioni sono sacrosante e le ribadiranno a gran voce martedì alla grande manifestazione in difesa della sanità pubblica che si terrà sotto la giunta regionale: noi saremo con loro per chiedere il ritiro immediato dei decreti che hanno dato il colpo di grazia alla sanità laziale”.
Il commissario Bondi “e la Regione Lazio di Renata Polverini stanno smantellando la sanità pubblica del Lazio – ha aggiunto Luigi Nieri, capogruppo regionale di Sinistra Ecologia e Libertà, intervenendo al presidio davanti al Cto – mettendo in pericolo eccellenze sanitarie della nostra Regione: il Cto vanta competenze e professionalità importanti, non possono essere un governo e una giunta dimissionari a programmare il futuro della sanità laziale; Bondi sospenda ogni decisione e fermi lo scempio di un ulteriore taglio di migliaia di posti letto e la cancellazione di tanti posti di lavoro”.
Alla manifestazione di dopodomani è prevista la partecipazione anche di associazioni datoriali e di cittadini, uniti dallo slogan ‘Chi taglia distrugge’. “Per la prima volta – ha sottolineato Gianni Nigro della Fp-Cgil Roma e Lazio – scenderemo in piazza tutti insieme per dire a Bondi: fermati, aspettiamo l’insediamento della nuova giunta”.
COMMENTI:
Gli ospedali romani sono ormai una polveriera: dal Cto al San Filippo Neri, fino al Pertini, allo Spallanzani e al Forlanini la scure della ristrutturazione (quasi 2mila posti letto a fronte del buco di circa 780 milioni di euro) preoccupa e indigna gli operatori del settore così come gli utenti che vedono messo a serio rischio il diritto alle cure garantite dal Pubblico.
Il tema in discussione ha evidentemente un rilievo nazionale, se è vero che pochi giorni fa il dimissionario premier Mario Monti aveva dichiarato (scatenando a sua volta polemiche) che il Sistema sanitario nazionale “potrebbe non essere garantito se non si individuano nuove modalità di finanziamento”. L’annotazione del presidente del consiglio ha un corrispettivo in alcune cifre allarmanti: quattordici miliardi di tagli previsti in tre anni, da qui al 2014, con la chiusura delle aziende con meno di 80 posti letto (250 gli ospedali a rischio) e 12mila tra medici e personale a rischio.
Nel Lazio le ricadute sociali di questo piano sono pesantissime. Nei giorni scorsi, il personale medico e paramedico che ha presidiato il piazzale del San Filippo Neri ha denunciato la possibile chiusura dell’unico ospedale che copre una vasta area nella porzione ovest della Capitale e il personale ha denunciato i propositi di smantellamento di reparti da poco conclusi: si tratta di quelli del padiglione D, per il quale vennero stanziati 15 milioni di euro e che venne inaugurato nell’ottobre 2010, quando l’annuncio di tagli alla sanità laziale era già stato ampiamente ventilato: se si aggiunge che la struttura entrò in funzione l’anno successivo, la vicenda assume contorni surreali.
Non mancano dettagli ancora più sconcertanti: le telecamere di alcuni telegiornali sono entrate nei due nuovi reparti inaugurati sei mesi fa (destinati all’attività medica intra moenia) e non ancora aperti al pubblico: costati ai contribuenti laziali poco meno di 2 milioni di euro, potrebbero presto morire insieme a tutto l’ospedale.
Il clima non cambia spostandosi all’Eastman (punto di eccellenza dentistico), al Sant’Eugenio, all’Oftalmico o nelle realtà religiose (cliniche o ospedali convenzionati): il loro budget è stato ridotto di 96 milioni di euro e tra questi è minacciata la chiusura dell’Idi (l’Istituto dermopatico dell’Immacolata), uno dei presidi d’eccellenza nella Capitale in materia di dermatologia.
“Il rischio reale è di non riuscire più ad erogare i servizi essenziali ai cittadini”, dicono i sindacati. Eppure, denunciano le categorie della sanità di Cgil, Cisl e Uil, si segnalerebbe una carenza di posti letto: ammonterebbero addirittura a 7mila quelli mancanti in residenze sanitarie assistenziali per anziani e malati cronici.
“Chiediamo al commissario Bondi di attivare subito un tavolo permanente sulla crisi della sanità – ha spiegato il responsabile sanità della Cisl Fp di Roma, Roberto Chierchia – non si può riorganizzare alla cieca. In tutte le strutture coinvolte i lavoratori si stanno mobilitando, coinvolgendo anche i cittadini, per svolgere grandi assemblee pubbliche in cui sottoscrivere petizioni perché questi ospedali restino attivi. Non si può andare avanti nei tagli senza rendersi conto che il sistema viene messo in crisi. A pagare sono i lavoratori e i cittadini”.
Nella giornata di ieri la protesta si è spostata al Cto (ubicato nel popolare rione della Garbatella): tutte le categorie professionali si sono unite per iniziare un presidio a oltranza, “per dire no all’operazione di smantellamento della sanità pubblica”.
“Il commissario Bondi – ha sostenuto Ivano Peduzzi, capogruppo di Rifondazione comunista alla Regione Lazio – non può fare orecchie da mercante di fronte a una mobilitazione così massiccia: la tenacia dei lavoratori va premiata e ascoltata. Le loro ragioni sono sacrosante e le ribadiranno a gran voce martedì alla grande manifestazione in difesa della sanità pubblica che si terrà sotto la giunta regionale: noi saremo con loro per chiedere il ritiro immediato dei decreti che hanno dato il colpo di grazia alla sanità laziale”.
Il commissario Bondi “e la Regione Lazio di Renata Polverini stanno smantellando la sanità pubblica del Lazio – ha aggiunto Luigi Nieri, capogruppo regionale di Sinistra Ecologia e Libertà, intervenendo al presidio davanti al Cto – mettendo in pericolo eccellenze sanitarie della nostra Regione: il Cto vanta competenze e professionalità importanti, non possono essere un governo e una giunta dimissionari a programmare il futuro della sanità laziale; Bondi sospenda ogni decisione e fermi lo scempio di un ulteriore taglio di migliaia di posti letto e la cancellazione di tanti posti di lavoro”.
Alla manifestazione di dopodomani è prevista la partecipazione anche di associazioni datoriali e di cittadini, uniti dallo slogan ‘Chi taglia distrugge’. “Per la prima volta – ha sottolineato Gianni Nigro della Fp-Cgil Roma e Lazio – scenderemo in piazza tutti insieme per dire a Bondi: fermati, aspettiamo l’insediamento della nuova giunta”.
COMMENTI:
Non sono solo preoccupata per il mio lavoro, ma anche per quello che potrebbe succedere ai cittadini se questi ospedali chiudessero definitivamente.
Ho subito un intervento di ernia discale al CTO tanti anni fà, e la preparazione e professionalità dei colleghi mi ha piacevolmente colpita.
Ho lavorato per alcuni mesi allo IRCCS Spallanzani e mi sono trovata benissimo…ho conosciuto la bellezza e la complessità di dividere la giornata con malati di HIV e tossicodipendenti, i medici disponibili e preparati, i ricercatori che lavorano per risolvere la cura delle malattie infettive con borse di studio di 500 E al mese…che ne sarà di loro?
L’Eastmann, l’Oftalmico…sono centri unici nel Lazio, non ne esistonoaltri simili…vogliono costringerci a curarci gli occhi ed i denti solo a pagamento…e beato chi può permettersi il dentista o l’oculista privato…
Nel mio ospedale c’è un nuovo acceleratore lineare, nuovi reparti, nuove attrezzature,,,abbiamo investito sugli”armadi intelligenti” per abbattere il costo dei farmaci…abbiamo nuove divise, lenzuola, carrelli…e di punto in bianco ci vogliono chiudere…e tutti i soldi spesi per migliorarci come verranno recuperati???,,,il nostro primario di cardiochirurgia ha investito su di noi per creare un centro d’eccellenza…il nostro primario di chirurgia vascolare è uno fra i migliori in Europa e siamo tutti fieri di poter lavorare con lui…il primario di chirurgia d’urgenza è bravo,sempre gentile con noi e con i pazienti,…impossibile non volergli bene…siamo l’unico centro a Roma nord e provincia con la possibilità di far effettuare le IVG alle donne che lo richiedono….perchè, invece di tagliare di punto in bianco interi ospedali non tagliamo chi ci ha portato sull’orlo del baratro???,,,chi ha mal gestito la NOSTRA “cosa pubblica”,,,???la nazione, le regioni, le province, i comuni,,,…le aziende sanitarie, i trasporti,le scuole, i giornali, la televisione…????
Euro 46 milioni annui, secondo un'inchiesta del settimanale "L'Espresso", per pagare nuove assunzioni clientelari così fatte: Secondo i calcoli di Giovanni Paladini, deputato dell'Idv, dal 2003 al 2011 ci sono 1.076 nuove entrate. Solo dal 2008 al 2011, le Fsn prendono 854 persone a chiamata diretta, senza bandi né concorsi. Possono farlo. Le federazioni sportive sono associazioni private, pur ricevendo milioni di euro all'anno di finanziamenti del Coni. (vedi mio post dell'8 agosto 2012).
Si licenzia codesto personale che alla comunità non serve, come invece serve il personale medico e paramedico assunto, peraltro, per pubblico concorso a tempo indeterminato, dunque solo ricollocabile in caso di chiusura di Ospedale, ma il cui stipendio dovrà essere pagato lo stesso, in quanto prima che un pubblico concorso esca sulla G.U. deve esserci per Legge la copertura finanziaria per tutta la vita lavorativa del posto messo a bando. Certo se il governo di un Paese si dà al banditismo può anche cancellare ogni regola, anche quelle acquisite dei Pubblici Concorsi annullando tutto. Ma parliamo di una vera dissoluzione totale del concetto di Stato.
Euro 25 milioni dalla Fondazione Valore Italia. Di cui gli Italiani possono fare a meno mentre degli Ospedali no, e visto a chi li avevano affidati: il Sig. Malinconico.
L'ex sottosegretario era stato costretto alle dimissioni dal governo Monti per il soggiorno all'Argentario pagato da Piscicelli (l'imprenditore che rideva del terremoto aquilano). Ora l'esecutivo lo mette a capo della fondazione Valore Italia, affidandogli 25 milioni di euro pubblici. (vedi mio post del 15 maggio 2012).
Euro 2 milioni a titolo di risarcimento immediato e forfettario per l'appropriazione indebita effettuata dalla famiglia Bossi sui fondi dei "rimborsi elettorali" della Lega Nord (estorti contro il parere di un referendum popolare) ed usati per spese personalissime di tale famiglia. (vedi mio post del 5 aprile 2012).
Euro 1 milione a titolo di risarcimento immediato e forfettario (per arrotondamento per difetto) da Gabriella Alemanno per spese non consone ai fini dell'interesse pubblico.
Il Fatto Quotidiano ha recuperato la contabilità del direttore Gabriella Alemanno, sorella del sindaco di Roma, e le fatture autorizzate dall’area comunicazione. Per rappresentanza e comunicazione istituzionale (voce quest’ultima assente in passato dai bilanci) si è passati da 80 mila euro a un milione nel 2010, ma colpiscono i soldi spesi in gioiellerie e cene. Ad esempio al "Villa Oretta" di Cortina insieme a ben undici persone.
Poco meno di un milione e mezzo di euro di spese per comunicazione istituzionale e rappresentanza. L’Agenzia del territorio spende in rinfreschi, pranzi, convegni e mostre il doppio del costo delle bollette telefoniche delle sue cento sedi. Il buon esempio viene dall’alto, nonostante guadagni 300 mila euro lodi all’anno il direttore dell’Agenzia che dovrebbe occuparsi di catasto e conservatoria, Gabriella Alemanno, ha speso migliaia di euro in pranzi e cene di rappresentanza pagati con la sua carta di credito aziendale. A spese del contribuente. (vedi mio post del 30 dicembre 2011).
Euro 6.000 per ogni deputato, senatore, et al. a titolo di restituzione di quanto percepito in più rispetto agli equivalenti incarichi degli eletti nel resto di Europa. Il conteggio deve essere fatto alla data in cui deputati e senatori hanno bocciato l'iniziativa messa in atto da Monti in tal senso.
Il governo Monti ci ha provato. Al comma 7 dell'articolo 23 la manovra stabilisce che dal 1° gennaio 2012 gli stipendi di amministratori, sindaci, consiglieri e parlamentari siano equiparati a quelli europei. Nel caso di deputati e senatori 5.339 euro al mese netti. Invece dei quasi 12 mila che si mettono in tasca ora. Il provvedimento ha suscitato la rivolta degli onorevoli. È stato il presidente di Montecitorio, Gianfranco Fini, a chiarire che "si tratta di una scelta «inopportuna»": Camera e Senato, infatti, hanno piena autonomia di bilancio. Dunque soltanto loro possono decidere se tagliare gli stipendi o no.(vedi mio post del 11 dicembre 2011).
Dati della Corte dei Conti evidenziano che il rimborso elettorale è stimabile in 500 milioni per ogni legislatura per Camera e Senato; 200 milioni per le regionali e 230 per le europee. (vedi mio post del 26 febbraio 2012 "Italiani derubati dai Partiti").
Ho ripianato il buco di circa 780 milioni di euro semplicemente rispettando la LEGALITA', anzi, RIPRISTINANDOLA!!!
Ed è avanzato pure qualcosa che si potrebbe usare per la Scuola ad esempio.