Da: Repubblica.it
Uno bianca, Occhipinti in semilibertà
l'ex poliziotto in carcere dal 1994
Condannato all'ergastolo per l'omicidio della guardia giurata Carlo Beccari, compiuto durante un assalto a un furgone portavalori davanti alla Coop di Casalecchio (Bologna) nel 1988, era in prigione a Padova e aveva già usufruito di un permesso nel 2010. Associazione delle vittime: "Siamo fuori dalla grazia di dio"
VENEZIA - Marino Occhipinti, uno dei componenti della 'banda della Uno bianca' condannato all'ergastolo per i reati di associazione a delinquere, omicidio volontario e rapine, ha ottenuto la semilibertà dal tribunale di sorveglianza di Venezia. L'ordinanza è stata depositata dopo che è stata emessa in camera di consiglio, come si apprende da autorevoli fonti del Tribunale stesso.Occhipinti è stato condannato all'ergastolo per l'omicidio della guardia giurata Carlo Beccari, compiuto durante un assalto a un furgone portavalori davanti alla Coop di Casalecchio (Bologna) il 19 febbraio 1988. Ex poliziotto della squadra mobile di Bologna, è in carcere a Padova dal 1994 e ha già usufruito di un permesso nel 2010 quando per cinque ore e mezza, partecipò a una Via crucis a Sarmeola di Rubano, nel Padovano, assieme ad altri detenuti e accompagnato da operatori sociali. Quel giorno a Occhipinti fu accordato anche di incontrare la famiglia.
In prigione dal 29 novembre 1994, Occhipinti aveva chiesto più volte permessi premio, sempre rifiutati per sedici anni. con un decreto firmato dal giudice Giovanni Maria Pavarin. La decisione di accordare l'uscita concessa allora dal giudice Giovanni Maria Pavari, non piacque all'associazione delle vittime né a Luigi Beccari, il padre 75enne di Carlo, la guardia giurata uccisa durante l'assalto al furgone: "Non sono d'accordo nemmeno su un permesso di poche ore - disse allora -. Lui mi ha rovinato la vita e deve stare dentro".
Nella banda della Uno bianca erano implicati un gruppo di poliziotti, un gruppo criminale guidato da Fabio Savi, che restò in azione in Emilia Romagna dal 1987 al 1994 causando ventiquattro morti, 102 feriti, e 103 azioni criminali. Marino Occhipinti al momento dell'arresto, avvenuto il 29 novembre 1994, era vicesovrintendente della sezione narcotici della Squadra mobile.
"Siamo fuori dalla grazia di dio", ha dichiarato Rosanna Zecchi, presidente dell'associazione dei familiari delle vittime della Uno Bianca. "Gli auguro solo - ha detto - di non pentirsene". La notizia "amareggia" l'associazione, anche se dopo la richiesta fatta nei giorni scorsi "io me lo immaginavo, ma speravo che tenessero conto di quello che lui ha fatto. Ne prendo atto, ma sono perplessa. Non so cosa dire".
(09 gennaio 2012)
Nel 1964 Reder si appellò al sindaco di Marzabotto per ottenere il perdono dei sopravvissuti e ottenere la libertà. La piccola comunità espresse 282 voti contrari e 4 a favore. Nel dicembre 1984 Reder, in una lettera inviata agli abitanti del paese emiliano, espresse un profondo rammarico e pentimento per il suo gesto.
Il 24 gennaio 1985, il governo Craxi, indifferente alle proteste dei familiari delle vittime e a quelle delle associazioni partigiane, si servì della «prevista possibilità» di scarcerazione anticipata prevista dalla sentenza del 1980 e ne decise la liberazione e il rimpatrio in Austria, su un aereo messo a disposizione dal governo italiano.
Nel gennaio 1986, in un comunicato al settimanale austriaco Die ganze Woche, Reder dichiarava "Non ho bisogno di giustificarmi di niente" e ritrattava la richiesta di perdono avanzata nel 1964 agli abitanti di Marzabotto attribuendone l'iniziativa al suo difensore.
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Ha ragione la Presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime della Uno Bianca a "Non saper cosa dire", perché di fronte a certe decisioni si resta senza parole.
Va bene che il carcere dovrebbe essere recupero e redenzione ma, intanto, il recupero può avvenire all'interno del carcere con attività lavorative, con meditazioni con psicologi e preti messi a disposizione, e non necessariamente all'esterno visto che si è meritato l'ergastolo, pena massima data dal nostro ordinamento solo in casi di estrema criminalità e crudeltà.
Un essere umano adulto che, pur avendo un lavoro sicuro in Polizia, preferisce rapinare ed uccidere come secondo lavoro, a mio avviso non cambierà mai in una pecorella smarrita e recuperata. Non sono credibili le sentenze dette da certi preti e psichiatri che, a mio avviso, dovrebbero leggere e studiare di più: "Si cambia, si dimentica, è una persona diversa". Non è che il carcere "pialla" il cervello, cancella la personalità: se una persona, in questo caso un uomo che doveva far rispettare la legge, arriva in piena coscienza, perché matto non è, a fare quello che hanno fatto quelli della Uno Bianca, non sarà mai una persona diversa da quella che è: una persona capace di ingannare il Corpo a cui appartiene, capace di non rispettare il giuramento fatto allo Stato, capace di condurre una doppia vita nella società, dunque capace di mentire, spergiurare, oltre che capace di affrontare a mano armata chi stava lavorando come il povero Carlo Beccari ed uccidere per arraffare il denaro, pur avendo un posto di lavoro statale sicuro.
Non ci sono scappatoie ad una mente simile né credo al ravvedimento. Credo alla finzione per ottenere un vantaggio, questo sì.
A me la vita insegna, anche perché ricordo. Questi Giudici comprensivi con i criminali ricordano?
Ricordano per esempio il caso del criminale nazista Reder? Quello della strage di Marzabotto?
Il 24 gennaio 1985, il governo Craxi, indifferente alle proteste dei familiari delle vittime e a quelle delle associazioni partigiane, si servì della «prevista possibilità» di scarcerazione anticipata prevista dalla sentenza del 1980 e ne decise la liberazione e il rimpatrio in Austria, su un aereo messo a disposizione dal governo italiano.
Nel gennaio 1986, in un comunicato al settimanale austriaco Die ganze Woche, Reder dichiarava "Non ho bisogno di giustificarmi di niente" e ritrattava la richiesta di perdono avanzata nel 1964 agli abitanti di Marzabotto attribuendone l'iniziativa al suo difensore.
Io ricordo un'intervista al cappellano del carcere militare di Gaeta dove il boia di Marzabotto era detenuto: si diceva certo del suo pentimento e che egli era un uomo nuovo!