Una novellina divertente da inserire nella raccolta "Le verità nascoste"
La “diagnosi” del palo…
La vecchietta aveva un aspetto ordinario, non fine ma neppure rozzo o agreste. Il viso magro e le gambe storte e stecchite contrastavano con un sedere e dei fianchi grossi. Camminava con il busto, che reggeva un grande seno, flesso in avanti, come se dovesse controbilanciare il peso del sedere che, altrimenti, l’avrebbe sbilanciata all’indietro. Passava lentamente guardando diritta avanti a sé senza salutare nessuno, oppure abbassava le palpebre guardando in basso per evitare il saluto.
Viveva con il figlio in quella villetta circondata da un ampio giardino, con le siepi mal curate che, diventate enormi sui tronchi, si riversavano all’esterno nella totale noncuranza del proprietario se potessero o meno creare disturbo od incomodo agli altri condomini.
Non si sa se la vecchietta vi risiedesse stabilmente, perché il figlio a volte aveva strani ospiti alquanto rumorosi. Il professore che abitava ad un centinaio di metri da quella casa, ad esempio, raccontava di essere stato costretto ad avvicinarsi ad essa perché, essendo d’estate ed avendo per ovvi motivi le finestre aperte, era stato invaso da una musica assordante che proveniva da lì, così forte da essere preoccupante. Si era di mattina e neppure una discoteca avrebbe potuto suonare con quei decibel!
L’uomo raccontava di essersi avvicinato al cancello e un uomo alto, dall’aspetto prestante lo aveva apostrofato con rudezza dandogli del tu: “Che vuoi?!”
Sorpreso per la villania e l’aggressività il professore aveva chiesto conto del chiasso e quello gli aveva risposto sempre con il “tu”, nonostante l’età avanzata del distinto professore, e con malgarbo gli aveva detto di “non rompere i coglioni”. Per niente intimorito il professore, abituato a tenere a bada studenti da una vita, gli aveva ribattuto per le rime che la sua musica arrivava a cento metri di distanza e spaccava i timpani pure laggiù, dunque chi stava rompendo agli altri era lui! Si era poi allontanato disgustato rientrando nella sua abitazione e la musica era stata comunque abbassata dall’assatanato.
Un’altra condomina incrociò l’ossesso della musica lungo il viale di accesso del condominio: era a piedi e raccontò che sorrideva fra sé in modo ambiguo ed aveva un aspetto belloccio ma alquanto volgare.
Era un ospite del figlio della vecchietta e di certo lei in quel periodo non c’era. Forse viveva altrove ed ogni tanto veniva a soggiornare dal figlio, che viveva da solo in una casa molto grande per uno scapolo solitario.
L’ultimo dell’anno però faceva grandi feste, addirittura con fuochi d’artificio da far invidia a quelli della festa del patrono. Con i condomini non aveva alcun contatto, si sapeva solo, dall’amministratore del condominio, che era uno psichiatra e che lavorava in un piccolo ospedale di un paese della provincia.
Un consigliere del condominio passando vide che nel giardino dello psichiatra c’era qualcuno intento a fare dei lavori, forse un uomo di fatica, forse un giardiniere, con accanto la vecchietta e colse l’occasione per segnalare il problema della siepe che non era più tale, ma un insieme di alberi in fila i cui rami si piegavano verso la strada di comune passaggio, sfiorando i fili della linea telefonica.
“Mio figlio è un medico, non c’è.” Il consigliere si sorprese pensando che anche se faceva il meccanico non ci sarebbe stato essendo al lavoro, ma cosa ci azzeccasse con la richiesta di provvedere alla cura della siepe pericolosa non si sa. Notò comunque che, nonostante l’aspetto dimesso, la vecchia aveva assunto un’aria di grande superiorità, mettendosi una mano su un fianco nel dire: “Mio figlio è un medico.”
Il consigliere riferì a sua moglie con ironia la incongrua risposta della madre dello psichiatra e la donna rise: “Potevi risponderle che tu hai un figlio Chirurgo in un grande ospedale della metropoli!”
La vecchietta doveva ritenere l’essere madre di un medico un attestato di nobiltà. Curava molto i suoi capelli che portava avvolti sul capo in un’accurata acconciatura. Fece amicizia solo con un’altra condomina che aveva un figlio (non medico) quarantacinquenne, il quale viveva ancora con lei e di cui non si era vista mai nessuna fidanzata.
Le due, se passava qualcuno per la via del condominio, lo ignoravano come se fosse invisibile, intente a parlare fra loro.
Ci fu una grande nevicata e le siepi mal curate dello psichiatra tirarono giù due o tre pali della linea telefonica. Egli non si curò del fatto, mentre alcuni condomini, in attesa che intervenisse la Società dei Telefoni, chiamarono degli operai per sgomberare la strada e metterli in provvisoria sicurezza.
Mentre erano intenti a sistemare la cosa con gli operai pagati dal condominio, uscì in auto lo psichiatra e dovette rallentare perché uno dei pali, tirato giù dai suoi alberi, non si sapeva bene come e dove poggiarlo. Tre condomini più tre operai lo stavano adagiando in diagonale lasciando che poggiasse sulla recinzione della villa di fronte a quella dello psichiatra, in modo da consentire proprio a lui il passaggio, essendo l’unico ad avere l’uscita ostruita da tale palo, ma anche l’unico a non far nulla, mentre gli altri tre si stavano dando da fare…
“No, non poggiatelo così, stendetelo per terra!” Intervenne frettolosamente passando.
I tre lo guardarono stupiti e gli rispose solo il consigliere, padre del Chirurgo, uomo pratico: “Ma sta meglio poggiato, altrimenti il filo del telefono finisce sotto la neve, così almeno rimane a mezz’aria e forse il telefono funzionerà ancora per un po’, prima che gli operai addetti possano intervenire per la riparazione.”
“Ma lo so! Io sono un medico, non me lo deve spiegare! Sono un medico, vuole che non sappia come deve stare il palo?!” E si allontanò con la sua auto lasciando i tre condomini e gli operai attoniti.