"Grazie per tutte le lettere che ci avete inviato e per quelle che ci invierete, preziose per il nostro spirito ".
Il messaggio è stato pubblicato sulla sua bacheca da
Franca Latorre, che lo ha ricevuto dal fratello Massimiliano a nome anche dell' altro marò agli arresti, Salvatore Girone. «Ciao a tutti, voglio ringraziarvi per l'affetto, l'interesse ed il calore con cui sino ad oggi ci avete impreziosito- si può leggere su Facebook- . Un grazie anche a coloro che sono contro di noi, perchè vuol dire che hanno impegnato anche un solo secondo per rivolgerci il loro pensiero ». E ancora Latorre e Girone si chiedono: «Se non ci fosse la sofferenza come potremmo riconoscere la gioia?».
In India si teme che i nostri militari dovranno restarci ancora a lungo, ma si sta aprendo uno spiraglio sulla petroliera «Enrica Lexie», che i fucilieri di Marina difendevano dai pirati, costretta agli ormeggi a Kochi da un mese e mezzo. La nave italiana potrà forse ripartire martedì o mercoledì, ma prima l'armatore napoletano, Fratelli D'Amato, dovrà sborsare altri 586mila dollari di deposito, che si aggiungono ai 650mila di cauzione. Non solo: le autorità indiane vogliono interrogare di nuovo i quattro marò del nucleo di protezione anti pirateria rimasti a bordo.
Di Paola ha fatto visita ieri, nel carcere di Trivandrum, nello Stato del Kerala, a Girone e Latorre. Il ministro ha detto di averli trovati «in buona forma, motivati e fieri del loro comportamento come sanno essere i fucilieri di Marina». L'esponente del governo italiano ha portato «messaggi e regali delle famiglie» e ribadito che «l'Italia non li lascerà mai soli in nessuna circostanza».
Grazie alla visita del ministro della Difesa, il Tg1 è riuscito a riprendere, per la prima volta, i marò in carcere. Davanti alle telecamere hanno detto le solite frasi di circostanza. «Siamo qui, continuiamo ad affrontare questa situazione, finché non arriva la notizia che tutto si è risolto», ha sostenuto Girone.
Di Paola ha fatto visita al primo ministro del Kerala, il furbo Oommen Chandy, perorando la causa della giurisdizione, ovvero il diritto dei marò di venir processati in Italia. Oggi l'Alta corte locale dovrebbe decidere proprio su questo delicato punto, ma le speranze di farli tornare a casa sono scarse. Per questo motivo Di Paola ha puntato sul trasferimento dei fucilieri di Marina dal carcere agli arresti domiciliari.
A New Delhi l'esponente del governo italiano si vedrà con il ministro della Difesa indiano, che ha fatto carriera politica nel Kerala.
Le sue dichiarazioni non sono mai state tenere con i marò.
La novità è che l'Alta corte del Kerala ha autorizzato la partenza della petroliera «Enrica Lexie», ma dopo l'adempimento di ulteriori condizioni capestro. Prima fra tutte il deposito di altre 30 milioni di rupie ( 586mila dollari), come deposito che garantisca il ritorno della nave o dell'equipaggio nel caso la giustizia indiana lo richieda. Peccato che l'armatore, oltre a perdere un sacco di soldi ogni giorno che passa, abbia già versato 650mila dollari come cauzione per le famiglie dei due pescatori, che secondo l'accusa sarebbero stati uccisi dai marò in servizio anti pirateria, e per il proprietario della loro imbarcazione. In totale si tratta di quasi un milione di euro.
Da Napoli fanno sapere che un altro adempimento richiesto è l'ennesimo interrogatorio dei quattro marò superstiti del nucleo anti pirateria, che si trovano a bordo della petroliera. Se non saltano fuori altri ostacoli «la nave potrebbe partire nei prossimi giorni » rivela J. Matthew, l'avvocato indiano dell'armatore. Al largo troverà ad attenderla il «Grecale», la fregata della marina militare italiana.
La Presse
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Mi chiedo a cosa serva spendere tanti miliardi di denaro pubblico per mantenere i nostri contingenti militari in Paesi stranieri, dove i nostri giovani vengono sistematicamente ammazzati, se il ritorno sullo scacchiere internazionale deve essere questo!
I fautori del nostro costoso impegno dicono che "serve per contare" nel panorama internazionale.
Quello che ci sta facendo l'India dimostra il contrario. La cautela diplomatica è necessaria ma sono evidenti il RICATTO e l'umiliazione.
Al posto dei pirati l'armatore viene derubato dallo stato indiano. Con in più l'abuso e l'offesa verso lo Stato Italiano. D'altra parte noi siamo piccoli e non abbiamo neppure la bomba, che loro hanno. Lo scrivo con ironia, ma è così. Questi sono i rapporti di forza. Bisogna essere pragmatici. Questi se ne infischiano anche della palese violazione delle regole internazionali sulle acque dove i poveri pescatori sono morti. Non danno i risultati di una perizia balistica che, credo ai nostri militari, scagionerebbe la loro responsabilità. Hanno dichiarato che l'episodio che li riguarda è avvenuto a cinque ore di distanza dal tragico fatto: dunque i morti non sarebbero addebitabili a loro. Se lo stato indiano stesse comportandosi con giustizia cercherebbe di giungere alla verità nel più breve tempo possibile. Invece sta allungando il brodo in modo da trarne il maggior profitto possibile: sia sul piano economico che su quello di immagine UMILIANDO l'Italia.