giovedì 26 aprile 2012

Elegia di Lerici - Parte finale


François  Cheng

"Élégie de Lerici"
à Shelley
Séjour divin? Séjour humain! Oh oui,
la vrai beauté, s'étant affirmée gloire,
n'aura de cesse que'elle ne resplendisse
et son envol point ne faiblira. Nous seuls,
quêteurs impénitents, nous disparaissons.
Toi, en pleine félicité, tu n'es pas sans voir:
si la mer accorde bienveillance au sol
qui sait l'accueillir en toute humilité,
ailleurs, nullement elle ne renonce
à sa puissance de tempête. À l'homme
d'apprendre la juste mesure; à lui 
de consentir au peu, au bref, à l'unique.
La voie de douleur mène à la voix intérieure, 
les tenailles du regredendo aux cris des entrailles.
Ayant été jadis cause d'une jeune morte,
et venant de pleurer l'Ami, tu as compris
qu'en toi le chant d'Orphée s'était accompli.
Malgré les frissons d'horreur au moment
de l'épreuve, céder soudain au mourir
te paraît, en fin de compte, équitable.

"Me voici étendu sur le bûcher, membres transis,
cheveux trempés, dans la senteur du sable
et des algues. Ô très chers qui m'entourez,
ne vous effrayez pas, ne vous affligez pas,
ne vous laissez plus noyer par les larmes!
Abandonnez ce corps étouffé par les flots et dévoré
à present par le feu. Les désirs que nous portons
ne sont-ils plus grands que nous? Si grands
qu'ils rejoignent le Désir originel par quoi
la lumière fut. Laissez donc ma flamme
monter et déchirer nuit, laquelle, accueillante,
ouvre la Voie lactée de la Transfiguration."



Per chi non conosce il francese tento qui una traduzione per la comprensione del testo:

Elegia di Lerici
a Shelley


Soggiorno divino?  Soggiorno umano! Oh sì,
la vera bellezza, essendosi fatta gloria,
non cesserà di risplendere 
ed il suo volo non fallirà mai. Noi soli,
questuanti impenitenti, noi spariremo.
Tu, in piena felicità, tu non stai senza vedere:
se il mare accorda benevolenza al suolo
che sa accoglierlo in tutta umiltà,
altrove, non rinuncia affatto
alla sua potenza di tempesta. Sta all'uomo
capire la giusta misura; a lui
consentire al poco, al breve, all'unico.
La strada del dolore conduce alla voce interiore,
le tenaglie del rimpianto alle grida delle viscere, 
essendo stato un tempo causa di una giovane morte,
ed avendo appena pianto l'Amico, hai compreso 
che in te il canto di Orfeo si era avverato.
Malgrado i brividi di orrore al momento
della prova, cedere improvviso al morire
ti sembra, in fin dei conti, equo.


"Eccomi disteso sul rogo, membra intirizzite, 
capelli bagnati, nel profumo della sabbia
e delle alghe. Oh carissimi che mi circondate, 
non vi spaventate, non vi affliggete, 
non lasciatevi più annegare dalle lacrime!
Abbandonate questo corpo soffocato dai flutti e divorato 
ora dal fuoco. I desideri che portiamo
non sono essi più grandi di noi? Così grandi
che essi raggiungono il Desiderio originario da cui 
la luce fu. Lasciate dunque la mia fiamma
salire e lacerare la notte che, accogliente, 
apre la Via lattea della Trasfigurazione."



Ricevo e diffondo


COMUNICATO STAMPA
28 aprile: giornata mondiale vittime dell’amianto
“ Fuori l’amianto dal lavoro e dalla vita”

Il 28 aprile di ogni anno vengono ricordate le vittime dell’amianto nel mondo. Nel pianeta ci sono oggi 125 milioni di lavoratori esposti ad amianto (dati O.M.S) e molti milioni di lavoratori sono stati esposti negli anni passati. Si stimano ulteriori 500 mila vittime dell’amianto in Europa entro i prossimi 15 anni. Sono 120.000 i decessi ogni anno ma se si considerano i paesi in via di sviluppo dove non esistono strumenti di protezione sociale e sanitaria e dove non si hanno neppure le conoscenze per correlare i decessi all’amianto, questa cifra appare assai sottostimata.
La Russia è ancora il maggior produttore di amianto, seguito da Cina, Kazakhistan, Brasile, Canada, Zimbabwe e Colombia. L’Asia (Cina, Sri Lanka, Thailandia, Laos, Cambogia, Vietnam, Sud Korea) ha il triste primato nel mondo con la maggiore esposizione della popolazione all’asbesto, seguita da Africa e America Latina. Anche se molti paesi stanno cercando di reagire, nella maggior parte di essi, la popolazione non ha la minima conoscenza dei danni causati dall’amianto.
Dal ’92 in Italia è stato posto il divieto di estrazione, importazione, esportazione, produzione, commercializzazione, ma non il divieto di utilizzazione dell’amianto: questo ha comportato il permanere dei materiali contenenti amianto nei luoghi di lavoro e nell’ambiente di vita con oltre 32 milioni di tonnellate di amianto ancora da smaltire.
Sono più di 4000 i decessi per mesotelioma pleurico ogni anno, senza contare i tumori professionali e i casi di asbestosi.
A vent’anni dalla legge la situazione in alcune regioni (nel Lazio il ritardo maggiore) è al punto di partenza con particolare riguardo ai Piani Regionali Amianto (mappatura, bonifica, sorveglianza sanitaria, incentivi allo smaltimento, ricerca epidemiologica, informazione).
La vasta gamma di aspetti relativi all’amianto (lavoro, salute pubblica, ambiente, ricerca medica) richiedono un coordinamento e finanziamenti adeguati per far fronte all’emergenza.
Riteniamo inoltre che le imprese che hanno causato questa contaminazione umana e ambientale dovrebbero partecipare al finanziamento del Fondo Vittime in misura consistente.
Infine la scelta della dismissione graduale dell’amianto e la mancanza di un preciso divieto all’utilizzo dell’amianto nel nostro paese non aiutano a fuoriuscire dal problema.
Nel mondo, in Europa, in Italia continuano a morire vittime innocenti sia per esposizione professionale che familiare e ambientale.
Le organizzazioni internazionali devono mettere al bando l’amianto in tutto il mondo in tutte le forme possibili.
La presidente
dott.ssa Anna Maria Virgili
Comitato Esposti Amianto Lazio – associazione di volontariato – C.F. 97690600586
Via del Cottanello, 2 A – 00158 Roma- T. 3479612067
e-mail: espostiamiantolazio@email.it ; anna-virgili@virgilio.it

La speranza Monti tramonta definitivamente


Silvia O.  mi invia la sottostante informazione, (già ripresa dal giornale locale "Il Mamilio" e da me letta sul sito facebook dello stesso): 

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/monti-compra-400-auto-blu/2179240
Monti compra 400 auto blu
di Mauro Munafò
Il bando è stato già emesso dal ministero dell'economia: lo Stato vuole acquistare nuove 'berline' per una spesa di dieci milioni di euro. Indispensabili: in giro ce ne sono già 60 mila (e altre 800 giacciono inutilizzate nei garage)

Ecco dove vanno a finire i nostri sacrifici, i soldi rubati dalle nostre tasche  per pagare odiose tasse dirette ed indirette, vanno ad alimentare le loro spese superflue, come sempre. Invece di comprare 400 auto blù non sarebbe più sensato che i   nostri soldi    ritornassero al mittente sotto forma  di servizi ? Ha ragione  Oscar Giannino: “ lo stato è un ladro,  lo Stato è un bandito”. Lo afferma pubblicamente e  dice che se ne assume la piena responsabilità di quanto afferma.

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Nonostante tutto il gran parlare e scrivere, statistiche alla mano, sulle troppe auto blù italiane rispetto a quelle in uso negli altri Stati, nonostante gli esempi di politici con cariche varie che negli altri Stati vanno in bicicletta o in taxi (rimborsato) o con la propria auto, Mario Monti agisce in questo modo!!!

Dal giullare sibarita al sobrio elegante che va a messa la domenica: sempre in pessime mani stanno i soldi degli italiani che pagano le tasse...

Ora la maschera è caduta definitivamente: le liberalizzazioni dei tassì e delle farmacie, ma non quelle di lobby come quella dei commercialisti ad esempio (per svolgere tale professione bisogna accettare di farsi sfruttare gratis per 3 anni, per avere una certificazione che consente di accedere ad un concorso che non è detto che si supererà), tasse sulle pensioni, sulle case, unica sicurezza di pensionati che hanno rinunciato a tutto per tutta la vita per avere la certezza di un rifugio sicuro per la vecchiaia, ma non sui grandi patrimoni, non sulle transazioni finanziarie...
Nessun taglio agli sprechi e ai privilegi di chi si è assiso, grazie alla politica, in poltrone varie...

Ricordo a Napolitano, che parla di ANTIPOLITICA, le parole di Berlinguer:
 ‘Quando si chiedono sacrifici agli operai, ai pensionati ci vuole un grande consenso una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi’ 
Se la POLITICA è rapina l'ANTIPOLITICA è UN DOVERE MORALE.

Grillo però è anche questo...

Da: Il Corriere della Sera.it

L'iniziativa risale a quattro anni fa

Grillo, le sue 350 mila firme
e la dimenticanza del Senato

Depositate a corredo di 3 disegni di legge, mai esaminate - L'iniziativa risale a quattro anni fa


Beppe Grillo (Ansa)
Beppe Grillo (Ansa)
Non gliene importa niente? Aboliscano l'articolo 71 della Costituzione. Almeno i cittadini verranno ufficialmente informati: al Parlamento, dei disegni di legge di iniziativa popolare previsti dalla Carta, non interessa un fico secco. La prova: da quattro anni il Senato evita accuratamente di esaminare le proposte presentate da Beppe Grillo e firmate da oltre 350.000 italiani. Sette volte di più di quelle necessarie.

Riassumiamo? A metà dicembre del 2007, nella scia delle polemiche intorno ai costi della politica e «V-Day», il comico-capopopolo genovese si presenta a Palazzo Madama, pedalando su un risciò (anche lo show vuole la sua parte...) per consegnare una catasta di sottoscrizioni raccolte in un solo giorno su tre disegni di legge. Sintesi: 1) Nessun cittadino può candidarsi in Parlamento se condannato in via definitiva o in primo e secondo grado in attesa di giudizio finale. 2) Nessuno può essere eletto alle Camere per più di due legislature (10 anni). 3) Basta con i deputati e i senatori «nominati» dai capi partito e via alla riforma elettorale perché possano essere votati dai cittadini con la preferenza diretta. Giusto? Sbagliato? Libero ciascuno di pensare che si tratti di proposte ottime o pessime, utili o inutili, virtuose o demagogiche. C'è reato e reato, dirà qualcuno, e un conto è avere nella fedina penale una condanna per tangenti su un reparto di leucemia e un altro per aver violato, facendone una battaglia politica (e non violenta, ovvio) una legge considerata ingiusta e da cambiare. E c'è chi sottolineerà come escludendo automaticamente tutti dopo due legislature ci saremmo risparmiati tantissimi somari ma avremmo perso anche un pò di purosangue. Per non dire dei dissensi sulla legge elettorale... Ma qui sta il nocciolo della questione: i senatori hanno il diritto di prendere uno per uno questi disegni di legge, valutarli, decidere che si tratta di sciocchezze e buttare tutto nel cestino. È nelle loro incontestabili facoltà. Quello che non possono fare è di infischiarsene di quelle proposte facendo finta che non siano mai arrivate. Lo ammise un anno fa, dopo una fiammata di polemiche, lo stesso Renato Schifani: «Sono favorevole affinché i ddl di iniziativa popolare, a prescindere dai loro contenuti, abbiano una risposta da parte del Parlamento. È un diritto e un dovere del Parlamento. Si deve riconoscere ai cittadini che hanno presentato una proposta popolare il diritto assoluto di avere una risposta».
Lo dice la Costituzione all'articolo 71: "L'iniziativa delle leggi appartiene al governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale. Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli". E gli articoli 48 e 49 della Legge 25 maggio 1970, n. 352 precisano tutti i dettagli perché questo strumento di democrazia possa avere piena dignità.
Il guaio è che i nostri padri costituenti non avevano tenuto conto di una sventurata ipotesi. Quella che in Parlamento si affermassero maggioranze prepotenti decise a svuotare questo istituto. Sia chiaro: di destra o sinistra non importa. E lo dimostra il destino dei progetti "grillini", ignorati sia in questa sia nell'altra legislatura. Fatto sta che, come spiega Michele Ainis, la facoltà solennemente riconosciuta dalla Carta Costituzionale alla volontà popolare di proporre delle leggi si è ridotta di più e né meno che al ruolo che avevano un tempo le suppliche al sovrano. Con il Parlamento che si arroga il diritto di occuparsene o meno così, a capriccio. Come quei monarchi annoiati che, mollemente adagiati sul trono, decidevano il destino di questo o quel poveretto condotto al loro cospetto sollevando o abbassando il mignolo inanellato.
Dicono: ma Beppe Grillo è stato uno screanzato. E ricordano che, convocato a Palazzo Madama (audizione obbligatoria: mica una gentile concessione), il comico genovese fondatore del Movimento 5 stelle, ne disse di cotte e di crude contro «questo Parlamento di nominati in cui sono stati scelti amici, avvocati e qualche zoccola». Affermazione che, buttata lì prima dei fuochi d'artificio sul «ciarpame senza pudore» accesi dalle accuse di Veronica Lario, sollevò un'ondata di proteste.
Verissimo: la scelta di Grillo di usare un linguaggio spiccio e ricco di parolacce è una cosa che gli viene rinfacciata anche dagli amici e suona insopportabile alle orecchie di chi in Parlamento dice cose spesso oscene però sventolando educatamente il ventaglio. Ma può bastare per ignorare le proposte di 350 mila cittadini? Vogliamo ricordare, almeno, che per legge i promotori dei Ddl di iniziativa popolare dovrebbero esser convocati entro un mese e il comico «indignato» ebbe l'opportunità di dire la sua dopo un anno e mezzo e solo dopo aver avvertito il presidente della commissione affari costituzionali Carlo Vizzini che gli avrebbe appiccicato addosso migliaia di «pittime», quei petulanti personaggi seicenteschi vestiti di rosso che si attaccavano per mesi ai debitori senza sfiorarli con un dito ma ricordando loro ossessivamente il debito da pagare? Disse quel giorno Grillo ai commissari: «Datemi una data di quando sarà discussa l'iniziativa popolare per l'elezione dei parlamentari, per lasciare fuori i condannati e scegliersi il parlamentare anziché trovarselo nominato, e mi manderete via contento». Macché: vuoto pneumatico. Al punto che se domani mattina la legislatura subisse un infarto, quelle proposte evaporerebbero nel nulla.

C'è poi da stupirsi se il 10 settembre, quattro anni dopo la raccolta delle firme, il comico si presenterà a Roma per chiedere che gli siano restituite quelle carte sottoscritte da 350.000 cittadini perché è ormai chiaro che il Senato non ritiene quelle proposte neppure degne di essere esaminate e cestinate? Una cosa è certa: che Beppe Grillo abbia ragione o torto nel merito dei disegni di legge (e a questo punto la cosa è del tutto indifferente), i senatori hanno perso un'altra occasione per riaprire dalla loro torre d'avorio un dialogo coi cittadini. E con il loro assordante silenzio spingono a ripetere quella domanda fastidiosa: l'articolo 71 è ancora in vigore o è stato abolito?

Gian Antonio Stella - 5 settembre 2011