Un articolo di Mauro Covacich sul Corriere della Sera del 22 maggio 2012 mi offre uno spunto di riflessione.
Scrive nel suo lungo articolo Covacich che l'uomo che si macchia di azioni mostruose nel nostro immaginario aveva "un'aura mistificante" che "era anche garanzia della mia normalità", mentre ora, ripresi dalle telecamere, ci appaiono esseri banalmente normali, uguali a noi , e questo ci destabilizza.
Debbo dire che da molto tempo per me non è così. Abbandonate le teorie lombrosiane, anche se talvolta la bruttura interiore può esprimersi anche in un volto, so che l'orrore interiore, la mostruosità, non si esprime nei lineamenti.
Nel 1981 ero a Parigi e in boulevard Champs Élysées vidi una grande pubblicità di quel film struggente che è The Elephant Man: mi soffermai a guardare il cartellone che lo pubblicizzava e le scritte e mi sentii riempire il cuore di dolorosa pietà. Ho visto poi il film in televisione e mi sono commossa e i mostri veri erano coloro che lo deridevano. Questo per dire che la mostruosità fisica è solo una dolorosa croce per chi la porta e per chi ama chi la porta... mentre la mostruosità interiore, spesso invisibile anche alle persone vicine, nuoce solo agli altri.
Ecco il mostro umano che, ripreso dalle telecamere, fa esplodere una bomba che sa che ucciderà ignari adolescenti che vanno a scuola. Si allontenerà tranquillo ritornando ad una apparente normalità.
Ecco è questo che sconvolge le riflessioni di Covacich: che abbia un aspetto come il nostro, che non abbia tre teste, scrive, o le mani artigliate.
Da bambini, nelle favole, era questo l'immaginario: la strega di Biancaneve, l'Orco.... Immagini inquietanti e paurose per noi bambini... Ma da adulti dobbiamo accettare che il mostro può stare anche dietro un bel volto, può sorridere, fingere sempre.