Marilyn Monroe
Questo triste giudizio attribuito a Marilyn Monroe fa pensare al modo di vedere gli uomini che hanno le prostitute: il loro accettare tutti i contatti, tutte le brutture, giustificato dalla moneta che ne possono ottenere.
Al di là dell'aspetto, dentro la testa la persona che era questa attrice pensava in modo necessariamente cinico ed utilitaristico sugli uomini.
In parte questo era dovuto alla sua storia infantile di abbandono affettivo, di solitudine affettiva, e di brutali tentativi di sopraffazione da parte di esseri umani orribili, come ce ne sono tanti ed ovunque, che cercano di predare le creature che sentono deboli e indifese.
DA: La Repubblica
L' ultima diva nata dal divano fu probabilmente Marilyn Monroe, che non tentò mai di nasconderlo: "Tutte l' hanno fatto. Faceva quasi parte del mestiere. Loro volevano assaggiare la mercanzia e se dicevi di no ce ne erano almeno altre venticinque disposte a dire di sì. Non era un dramma". Cinicamente, gli autori sostengono che se Marilyn non fosse andata a letto, tra un marito e l' altro, con chiunque glielo chiedesse come fosse un suo dovere, un suo atto di cortesia, oggi non sarebbe un mito ma una cameriera troppo in carne in qualche self-service: non tenendo conto che anche per lei sarebbe stato meglio esser viva che morire giovane e disperata, dopo l' ennesimo aborto e l' ennesima orgia organizzata da Peter Lawford, cognato dei Kennedy che di lei non volevano più saperne. Eppure quella specie di macelleria che fu Hollywood, almeno da come la racconta Selwyn Ford, fu anche uno dei luoghi dei massimi sogni, delle speranze più accanite per migliaia di ragazze: una di loro, diventata brava attrice e di cui il libro non fa il nome ha detto agli autori: "Avete un' idea dell' attrazione sessuale che i proprietari di quei sofà esercitavano su di noi? Non pensate a com' erano fisicamente, credetemi, non c' è afrodisiaco più forte al mondo di un uomo che può realizzare un sogno. Non credo che molte di noi siano state trascinate verso il sofà mentre scalciavano e urlavano".
Da: Il Secolo XIX
I peggiori nemici di Marilyn Monroe sono stati i suoi estimatori. Non il
pubblico che si è fatto confondere dalla beatificazione dell’attrice, ma artisti
e intellettuali, uno per tutti Norman Mailer, che si sono intestarditi
nel farne un simbolo. Di cosa non si capisce nemmeno adesso, a mezzo secolo
dalla morte. Non è mai stata una grande attrice, tanto è vero che se ne decanta
solo l’appeal fisico, al massimo la simpatia come in “Quando la moglie è in
vacanza” o”A qualcuno piace caldo”. Parliamoci chiaro: nell’ultimo film della
sua carriera, “Gli spostati” del 1961, afflitto da disgrazie a non finire perché
nel giro di poco sono morti i tre interpreti principali, Clark Gable,
Montgomery Clift e la Monroe, proprio l’attrice non dà il massimo.
Ma non è l’unico caso. Per Marilyn vale la più crudele delle nemesi maschili:
concupita per un corpo voluttuoso, è sempre stata considerata meno di un’oca. Al
massimo una ragazza fragile da consolare. Possibilmente di notte. Alla Monroe,
così irresistibile a parole, non è mai stato risparmiato nulla. Nemmeno di aver
avuto un amore lesbico a sedici anni, come suggerisce, con tempismo sospetto, lo
scrittore newyorkese Tony Jerris nella biografia “Marilyn Monroe: My
little secret told by Jane Lawrence”. Non contento di svelare un rapporto
delicato e lacerante, le due erano minorenni, Jerris batte sul solito tasto
della Sodoma e Gomorra hollywoodiana: sì, la Monroe ha amato Liz Taylor, Marlene
Dietrich, Barbara Stanwyck e pure Joan Crawford. Sai che scoperta.
Promiscuità, leggerezza, depressione, sesso facile con più uomini, al punto
che l’essere stata amante sia di John che di Robert Kennedy è sempre
passato come un’impresa. Qualcosa in linea con la libertà degli anni ’60,
invece, è la relazione che l’ha uccisa emotivamente e, secondo le teorie
cospiratorie ricorrenti in America, probabilmente quella che le è costata la
vita se è stata avvelenata. Se vi sembra un’icona, bisogna capire di cosa. «Ci
sono stati emotivi che Marilyn non può controllare a lungo» dicevano sui suoi
set «quando dice di stare male, è vero. Lei crede di essere malata. Può anche
avere la febbre, ma è un malessere interiore. Tutto di testa».
Dopo la sua morte, nessuno si è preoccupato di ristabilire la verità
artistica. Era o non era una brava attrice, era o non era un sex symbol? Al
contrario, come succede spesso a chi se ne va relativamente giovane, tutto viene
proiettato come un missile verso lo strato più alto e rarefatto della fama.
L’abito che si alza, per il getto di aria calda in “Quando la moglie è in
vacanza”? Un segno di arte pop. Il che è risibile, semmai è un’idiozia della
sceneggiatura. Invece di quella posa oscena, di quel sorriso orgasmico si fanno
statuette per qualsiasi uso. Innocente, sì, ma destinato all’iperuranio
dell’universalità.
I tre matrimoni naufragati? Passi per il primo, quando ha 16 anni, ma quelli
con il campione di baseball Joe Di Maggio e con il drammaturgo Arthur
Miller sono sempre visti dall’orgoglio nazionale, la star erotica che sposa
due eroi: l’atleta e lo scrittore. Peccato che la considerazione per Marilyn sia
più o meno quella che si concede a una sgualdrina. I fans che le scrivono 5 mila
lettere alla settimana, e che le chiedono la mano a dozzine, accettano un
massacro mediatico scambiato per complicità. Un pasticcio simile non si vedrà
mai più.
La Monroe è più oggetto di caricatura che del desiderio. Vi pare che abbia
dettato la moda come scrivono a vanvera oggi? Semmai chiedete un tubino alla
Audrey Hepburn o un tailleur o un abito da cocktail alla Grace Kelly, che
fra l'altro ha dato il suo nome alla più bella delle Hérmès. Non mi pare che sia
mai toccato a un succinto abitino di Marilyn. No. Intorno a questa ragazza
sfortunata ma mediocre, sulla quale hanno fatto soldi e popolarità tutti,
compreso l’Elton John di “Goodbye Norma Jean”, è nato un culto che non porta da
nessuna parte. La diva più mirabile, Greta Garbo, se ne stava zitta. Marilyn
cinguettava a sproposito. Riposi in pace.
Renato Tortarolo
Non condivido tutto quello che scrive Tortarolo, né che per illustrare l'articolo Il Secolo XIX abbia pubblicato una foto di una delle tante sosia della vera Marilyn scrivendone sotto il nome come se fosse lei, dimostrando di non saperla neppure riconoscere, ma ho riportato questo articolo solo perché non è la solita ridicola campana che celebra un mito che non ha motivo di essere.
Dietro il suo sorriso che copriva depressione, sconfitte e rinunce per quel successo accanitamente perseguito, c'erano anche tanti aborti:
"...la stessa Marilyn disse di aver avuto quattordici interruzioni di gravidanza."
Voglio dare su di lei il mio semplice parere di spettatrice dei suoi film: per me era una brava attrice, una brava professionista che sapeva tenere la scena, ed era molto bella. Tutto qui.