Da: Wikipedia - Etimologia
L'origine del termine è incerta; molti dizionari (come lo Zingarelli) la danno per sconosciuta.È però popolare la seguente interpretazione: nell'entroterra del basso Lazio, ai confini con la Campania, intorno al 1400, quando nei comuni del Frusinate o del Casertano arrivavano gli abitanti dei villaggi montani delle zone adiacenti, con delle funi arrotolate intorno alla spalla o alla vita, per acquistare il bestiame nelle fiere, questi venivano identificati dagli abitanti locali come quelli co' 'a fune. Da qui, il termine.
Quest'interpretazione non gode di credito presso gli studiosi di etimologia, che danno come più probabile una derivazione dal latino 'cabònem (da cabo-onis, "cavallo castrato") oppure dal nome di un centurione romano di nome Cafo.
Due anni dopo la morte di Cesare (15 marzo 44 a.C.), venne dedotta in Benevento (42 a.C.) una colonia di veterani che aveva combattuto col dittatore un po' dovunque, dalla Gallia, alla Bretagna, nella Spagna, in Grecia ed in Egitto. La deduzione fu voluta da Antonio collega del consolato di Cesare ed ora rivale del suo erede Ottaviano e fu guidata da Lucio Munazio Planco che si orientò verso Ottaviano quando gli eventi si volsero propizi a quest'ultimo.
Fra gli invitati a distribuire i nuovi lotti nell'agro pubblico del Sannio e della Campania, operò un rozzo centurione di nome Cafo che si insediò con i suoi nel territorio di Capua dove prese a spadroneggiare. E dovettero essi apparire rozzi e villani a quei campani che conservavano la luce di una vetusta civiltà ed il culto per l'eloquenza, la poesia, la musica ed il canto. "Cafones" furono i seguaci di Cafo ed il nome penetrato nell'uso popolare si diffuse nelle altre città del Mezzogiorno dove è adoperato per indicare persone poco use alla vita cittadina, ma soprattutto di modi inurbani e rozzi.
Un tempo era così: per cafone si intendeva persona non molto scoralizzata, dunque incolta, che si esprimeva in un italiano approssimativo... Ma quel tipo di cafone era di sovente pienamente cosciente della propria condizione e dimostrava spesso umiltà nell'ammettere la propria scarsa scolarizzazione, pur non essendone colpevole, bensì vittima di una condizione socio-economica che gli aveva imposto un lavoro precoce, frequentemente in zone rurali.
Da quel tipo di cafone, però, c'erano molte cose da imparare: la semplicità del pensiero che portava ad una immediatezza nell'interpretare le cose della vita in tutta la loro spoglia realtà, senza costruzioni, spesso con invidiabile buonsenso...
Oggi i cafoni lo sono anche se scolarizzati, anche se in possesso del "pezzo di carta", avendo frequentato gli studi solo per ottenerlo e senza essersi fatti minimamente cambiare dalla aborrita cultura!
Anzi, il cafone dei nostri giorni deride la persona colta, trovando questo valore perfettamente inutile e privilegiando un unico valore: quello economico.
In questo è favorito da una Società che paga bene attività che non abbisognano di cultura, spesso neppure di regole e di morale...
Dunque il cafone di ieri era umile e, se pur rozzo, poteva avere dei valori nella sua semplicità...
Quello di oggi è pericoloso perché è arrogante, l'umiltà non sa neppure cosa sia, il dubbio non lo sfiora, conosce e riconosce solo il possesso degli oggetti e solo con "l'Avere" si misura, mentre "dell'Essere" ha un concetto rozzo, egli infatti è rozzo nei modi ma soprattutto nel pensiero.
Egli è ciò che possiede: il SUV, il Fuoristrada, l'inutile enorme Pick-up se vive in città.
Spesso è pieno di tatuaggi, parla a voce altissima, se ha un pezzo di terra con una casa si fa costruire subito una piscina... Egli non capisce nulla di tutto ciò che costituisce cultura ma, visto che la televisione ne parla, se è in vacanza può spingersi ad andare a visitare musei, annoiandosi molto, per poi dire tronfio che "siamo andati a quel museo, a quegli scavi archeologici, a quella mostra...". Anche la cultura è oggettivizzata: non lo cambia perché la consuma soltanto senza capirne l'essenza. Non c'è nel cafone di oggi nessuna riflessione: solo consumo ed ostentazione.
E' pericoloso perché la mancanza assoluta della coscienza di sé lo rende insofferente alle regole. Ritiene un suo diritto evadere le tasse, approfittare del suo posto di lavoro per piccoli o grandi vantaggi personali... L'importante è che siano gli altri a pagare: lui no. Perché lui mica è fesso! Lui è un dritto! Peggio per chi non approfitta se può farlo! Si vede che è scemo! Lui no!
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