Politica - Il fascicolo aperto dalla procura della Repubblica di Roma con l'ipotesi di corruzione a carico dei due deputati passati dal gruppo Idv che era all'opposizione...
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Questo video dà conto della orribile capacità di mentire di certi soggetti e dunque della disperazione di chi sceglie di non votare più per non essere partecipe di questo orrore morale.
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Da: La Repubblica (n.d.r. appena un anno fa) Scicchitano story: cariche, inchieste e Idv
ecco l'avvocato che "creò" Maruccio
Il presidente del Collegio nazionale di garanzia dell'Italia dei valori rischia il rinvio a giudizio per il caso Pambianchi. Guidò Lazioservice
di PAOLO BOCCACCI
È Lui, il potente Sergio Scicchitano, dal suo mega studio, blindato per gli indesiderati cronisti, in un elegante palazzo umbertino di via Emilio Faa di Bruno, nel cuore di Prati, il vero punto di riferimento dell'Idv a Roma, l'uomo del partito che da sempre sceglie i candidati del Lazio. Classe 1955, un ciuffo di capelli neri, un debole per le auto sportive, la sua foto spunta sul sito personale e su Facebook, dove ci sono anche quelle di tanti amici, tra cui lo storico socialista consigliere comunale e assessore delle giunte del Campidoglio ai tempi di Sbardella, prima dell'era Rutelli, Oscar Tortosa, e, naturalmente, l'ex capogruppo dell'Italia dei Valori Vincenzo Maruccio, che ha cominciato a fare pratica di avvocato per poi sbarcare in politica proprio nelle stanze dello studio di via Faa di Bruno. E ieri le agenzie battono la notizia del deposito degli atti per la chiusura dell'inchiesta che vede accusato l'avvocato di riciclaggio e che coinvolge anche l'ex presidente della Confcommercio del Lazio Cesare Pambianchi e l'ex tesoriere dell'Idv della regione Norberto Spinucci. In particolare Scicchitano, presidente del Collegio nazionale di garanzia dell'Idv, deve rispondere di sei fatture da 140mila euro l'una, emesse dalla società Minor nel 2008 tra giugno e novembre. Secondo i pm l'esponente Idv se ne sarebbe avvalso "al fine di evadere le imposte sui
redditi e sul valore aggiunto". Poi nel provvedimento di chiusa indagine è detto che il professionista "indicava nelle prescritte dichiarazioni annuali passivi fittizi per un importo pari ad 1.120mila euro oltre Iva". Non solo. Secondo gli atti depositati dalla Procura l'ex tesoriere dell'Idv, che sarà presto ascoltato dai pm dell'inchiesta su Maruccio, avrebbe versato sul conto corrente della madre di Scicchitano assegni per un importo complessivo di 1 milione e 100mila euro. Successivamente una cifra molto vicina, 1 milione e 52 mila euro, il 12 maggio 2010 è stata versato dalla donna su un altro conto "appositamente acceso" in favore del figlio. Insomma due inchieste che potrebbero avere punti di contatto e terremotare l'Idv del Lazio. L'avvocato tuona: "Apprendo oggi dagli organi di stampa di un mio presunto coinvolgimento in affari, non meglio specificati, di ripulitura di soldi di provenienza illecita o di opache operazioni, anche queste imprecisate, di occultamento di flussi finanziari. Tengo a precisare fermamente: 1) di essere del tutto estraneo a circostanze di tal genere 2) che la vicenda giudiziaria che mi ha riguardato è relativa a fatti inerenti la mia personale e presunta fraudolenta dichiarazione dei redditi e, pertanto, in alcun modo collegata alle vicende giudiziarie che hanno coinvolto l'ex presidente di Confcommercio Roma". E minaccia querele. Ma chi è questo potente e ricco legale personale del segretario dell'Idv Di Pietro, nel cui studio si è fatto le ossa Vincenzo Maruccio, dal 2001 a quando, a soli 31 anni, viene nominato dall'ex governatore Marrazzo assessore regionale con delega alla Tutela dei consumatori e poi, a 32, assessore ai Lavori Pubblici?A Ballarò un siparietto si aperto all'improvviso su di lui, quando l'ex governatrice Renata Polverini attacca stizzita Di Pietro con un perentorio: "Abbiamo denunciato un tuo ex assessore alla Corte dei Conti perché fece prendere un arbitrato sulla RomaLatina ad un socio del suo studio legale". Chi è il socio? Proprio Sergio Scicchitano, da sempre e per sempre nel cuore di Maruccio, che, da assessore della giunta Marrazzo spinge e ottiene per il suo ex datore di lavoro, che Di Pietro nominò anche nel cda dell'Anas quando era ministro dei Lavori Pubblici, la presidenza di una società regionale, la Lazioservice, dalla quale però Scicchitano si dimette dopo il coinvolgimento nell'inchiesta sulle false fatturazioni e sul caso Pambianchi. Calabrese di Isca sullo Ionio, gran cumulatore di arbitrati e di gestioni di fallimenti, dalla Cirio alla Aiazzone, Scicchitano è stato liquidatore della Federconsorzi dal 2003 al 2011 tra tante polemiche. Di che cosa è più orgoglioso? "Tra le altre nomine che ho ricevuto" racconta sul suo blog "c'è quella di presidente della Commissione antiusura della Federazione internazionale dei diritti dell'uomo, nel 2001". Ancora: l'allora sindaco di Roma Walter Veltroni lo nomina nell'agosto 2002 Delegato per la tutela dei Diritti dei Consumatori e degli Utenti. Sempre sul suo blog così commentava le vicende di Batman Fiorito: "Non c'è davvero limite alla vergogna. Dopo lo scandalo alla Regione Lazio, comprovato e sotto gli occhi di tutto il Paese, Franco Fiorito ha annunciato di volersi ricandidare". Quindi: "Lo ha detto bene Maruccio: i soldi spesi dall'Idv, invece che in ostriche e champagne, sono andati, in "incontri con i cittadini per parlare di sanità, di lavoro, di rifiuti e di politica"". Poi la doccia fredda dell'indagine sul suo pupillo. "Ieri" scrive "abbiamo appreso la notizia che Maruccio è indagato, lui si è subito dimesso da ogni carica politica. In questo modo potrà difendersi e dimostrare ai magistrati la propria innocenza". Esattamente le stesse parole che Maruccio aveva speso per l'amato avvocato dopo la vicenda Pambianchi e le sue dimissioni da tutti gli incarichi.
(13 ottobre 2012)
Da: Giornalettismo (n.d.r. una più che esauriente cronaca del presente partito Italia dei Valori
Ignazio Messina, l’Italia dei Valori e il segretario che non risponde
di A. Sofia e S. Carboni - 11/07/2013 - Doveva essere il Congresso della svolta, eppure dopo la vittoria di Ignazio Messina sono ripresi gli scontri interni. Le ombre sull'assise, dopo le denunce di Borghesi. Ma la trasparenza rimane un mito
Doveva essere il Congresso della svolta, il ritorno alle origini per l’Italia dei Valori. L’ultima occasione per poter ripartire, dopo la debacle delle elezioni politiche di febbraio, con il fallimento del progetto di Rivoluzione Civiledell’ex pm Antonio Ingroia. Eppure, dopo l’assise che ha eletto l’ex responsabile nazionale degli enti locali, Ignazio Messina, come successore di Antonio Di Pietro, è partita una lotta quasi fratricida tra le diverse anime del partito. Con in testa Antonio Borghesi, l’ex capogruppo Idv alla Camera dei deputati, inizialmente uno dei cinque candidati che correva per la segreteria. Alla fine a sfidare Messina è rimasto soltanto l’europarlamentareNiccolò Rinaldi, dato che l’ex leghista Borghesi, insieme al giovane Matteo Castellarin, più orientato a sinistra, e a Nicola Scalera (un ingegnere di Capua) hanno deciso di far convergere la proprio mozione con quella dello stesso Rinaldi, vicepresidente del gruppo dell’Alde a Bruxelles. Tutti insieme contro Messina, che è però riuscito a trionfare al Congresso con il 69,11% dei voti, con l’avversario fermo al 30,89% dei consensi, su un totale di 7957 votanti (gli aventi diritto erano 14145, ndr). Un risultato sul quale, però, Borghesi ha lanciato alcune ombre: già prima del congresso straordinario di fine giugno aveva denunciato pubblicamente i propri sospetti sul presuntotesseramento falso e gonfiato, dopo che “gli stessi garanti – ricorda – avevano certificato l’impossibilità di dare autenticità alla platea dei votanti”. A Congresso finito, è tornato a segnalare nuove anomalie, questa volta durante le operazioni di voto.
Il neo segretario di Italia dei Valori Ignazio Messina
ITALIA DEI VALORI E IL PASSATO CHE NON C’È PIÙ – Borghesi non si è limitato a denunciare la scarsa trasparenza della competizione interna. Ha anche attaccato il neo segretario, definito come un simbolo di continuità con la vecchia classe dirigente. Dal proprio blog ha anche svelato come Messina lo avesse minacciato di querela, prima di proporre la suaespulsione. Tutto per “colpa” di un’intervista “sgradita” andata in onda su Ballarò, secondo Borghesi. Scontri che, di fatto, hanno riaperto tensioni che nemmeno il congresso è riuscito a sopire. A rimetterci la stessa Idv, con la svolta auspicata che sembra allontanarsi. Azzoppato dalle domande diReport sul patrimonio immobiliare e dagli scandali interni dell’ultimo anno – compreso il caso del consigliere regionale del Lazio Vincenzo Maruccio,che si giocava alle slot i fondi dei rimborsi elettorali, ndr – il partito diAntonio Di Pietro era già scomparso dal Parlamento. Di quel movimento che aveva fatto le proprie fortune sui tentennamenti del Pd (sia in versione veltroniana, che quello targato Bersani, in perenne corteggiamento del centro e dell’Agenda Monti) né è rimasto ben poco. L’elettorato dell’Italia dei Valoriè trasmigrato verso il Movimento 5 Stelle, con il quale la stessa Idv aveva cercato un dialogo, invano, dopo che la foto di Vasto, con i democratici e Sel di Nichi Vendola, era stata di fatto stracciata. Il motivo? Colpa dei continui attriti con il partito dell’allora segretario Bersani. Ma non solo: il Pd aveva criticato le accuse di Di Pietro al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nella partita sulle intercettazioni con Nicola Mancino, legate alla trattativa Stato-mafia, dopo il conflitto d’attribuzione sollevato dal capo dello Stato nei confronti della Procura di Palermo. Un lontano ricordo sembrano i tempi in cui l’Italia dei Valori era protagonista delle vittorie dei referendum del giugno 2011 su acqua pubblica, nucleare e legittimo impedimento. In poco tempo, il partito che fu il “feudo personale” di Antonio Di Pietro, confermato nel 2010 nel primo Congresso nazionale, è riuscito a passare dall’8 per centodelle elezioni europee del 2009 ai risultati magri di oggi. Quando in pochi scommetterebbero qualche centesimo sulla capacità dell’Idv di raggiungere appena l’1% dei consensi.
LE OMBRE SUL CONGRESSO – Dopo il flop delle politiche in compagnia di Antonio Ingroia, l’ex pm di Mani Pulite Di Pietro aveva rassegnato le propriedimissioni irrevocabili dalla presidenza del partito. Il 26 marzo scorso lo stesso ufficio di presidenza dell’Idv aveva proposto lo scioglimento del partito, con lo scopo di dare vita a una nuovo soggetto politico di carattere liberaldemocratico. Passano soltanto due settimane e tutto cambia: si annuncia il congresso straordinario di fine giugno, l’Idv dichiara di voler riallacciare i rapporti con Pd e Sel, le dimissioni del “padre nobile” vengono “congelate”. Tutto in attesa di quello che doveva essere il Congresso della svolta, con l’eliminazione del nome di Di Pietro (poi nominato durante il Congresso presidente onorario, ndr) dal simbolo. Già un mese prima del congresso, sono state lanciate accuse, con Antonio Borghesi che ha inviato una lettera aperta agli iscritti dell’Italia dei Valori nel quale denunciava: “Siamo stati il partito della legalità. Ma se non riusciamo a farla rispettare neanche dentro casa nostra, allora niente ha più senso”. Un duro attacco che spiega, contattato da Giornalettismo, rievocando le anomalie riscontrate dalComitato dei garanti – dal quale si era intanto dimesso Luigi Li Gotti, ndr – durante le operazioni di tesseramento. Iscrizioni terminate il 25 maggio scorso, termine ultimo per potersi esprimere al Congresso di fine giugno: “Quanto abbiano inciso sul risultato non è possibile dirlo. Quel che è sicuro è che dal 12 al 25 maggio, ultimo giorno utile, si è registrato un aumento considerevole delle tessere, passate da 3700 a 14 mila circa”, spiega. Una crescita, tra l’altro, non uniforme nelle differenti regioni italiane: “In alcune regioni – spiega, indicando Sicilia, Puglia, Calabria, Campania, Umbria, Molise, Piemonte e in misura minore nel Lazio - c’è stato un incremento che ha lasciato non pochi dubbi e sospetti. Il collegio dei Garanti ha fatto alcune verifiche e ha messo a verbale quanto risultava dai test statistici”. In pratica, da un piccolo campione di schede a caso in una delle regioni sospettate di tesseramenti falsi e gonfiati, è stato verificato come “su un pacco di 75/80 schede, 18 fossero indicate come anomale o irregolari”, denuncia Antonio Borghesi. In alcuni casi si parlava di firme cancellate e riscritte, in altre di firme omografe (sospettate di essere state fatte con la stessa mano, ndr). “Io stesso, facendo un numero di telefono collegato a una delle schede contestate, ho constatato come l’interessato nemmeno sapesse cosa fosse l’Italia dei Valori”, ha aggiunto l’ex deputato, dal passato nella Lega Nord, con la quale entrò in rotta nel 1998 dopo alcune divergenze politiche. “Fatte la verifica a campione, i garanti hanno sottolineato l’incapacità di dare autenticità alla platea dei votanti. Hanno invitato il partito a prendere una decisione, che non poteva che essere di carattere politico”, ha ricordato. Eppure, nonostante i rilievi fatti dalla commissione dei garanti, chi doveva assumersi la responsabilità di un eventuale cambio di data o delle regole della competizione interna, ovvero Antonio Di Pietro, decise di andare avanti. Lasciando dubbi sulla trasparenza del corpo elettorale che avrebbe eletto il nuovo segretario.
Antonio Borghesi, ex capogruppo dell’Idv alla Camera
ANOMALIE SUL TESSERAMENTO – Per Borghesi non era possibile quantificare le anomalie, anche se l’indagine a campione, secondo lui, ha comunque mostrato qualcosa di significativo: “Toccava fareun’indagine a tappeto, oppure il Presidente, l’unico legittimato, doveva prendere una decisione politica”. “Rinviare il Congresso? Sì, era un’opzione da prendere in considerazione, ma ripeto, la decisione spettava al Presidente”, insiste. “Bisognava fermare tutto per fare ulteriori verifiche. O quantomeno – come avevano chiesto Rinaldi, Castellarin e lo stesso Borghesi – passare dal voto per teste a quello per delegati, basato sulla popolazione di ogni provincia, in modo da poter attenuare l’effetto di tesseramenti anomali”. Ma Di Pietro “ha detto di no”, così si è preferito andare avanti lo stesso. “Ho letto la stessa lettera di dimissioni Luigi Li Gotti: è rimasta privata, ma denunciava e segnalava le gravi anomalie”. Eppure, alla luce dell’ampio margine con il quale Messina ha battuto il suo sfidante, lo stesso diretto interessato, Li Gotti, adesso sembra minimizzare: “I voti che ha ricevuto il neo segretario sono ampiamente superiori a qualsiasi ipotesi di sospetto su tessere non vere”, spiega, pur lasciando trasparire la propria delusione per il risultato finale dell’europarlamentare Rinaldi: “La scelta di Messina va in perfetta continuità con la vecchia tradizione del partito”. Nonostante questo, al contrario delle accuse di Borghesi, per Li Gotti il caso del tesseramento gonfiato sembrerebbe quasi una questione irrilevante: “Io facevo parte dei garanti: in un campione estremamente limitato, avevo avuto diverse perplessità su alcune schede. Ma alla fine non hanno avuto alcuna incidenza, considerato il 70 per cento di consensi raggiunto da Messina. Non potevamo fermarci per quel motivo”, spiega. “Anche si fosse arrivati alla conclusione di escludere dal voto quelle schede, non sarebbe cambiato nulla”, conclude.
LE SEGNALAZIONI SUI VOTI CONTESTATI – Tre erano le modalità possibili di voto per gli iscritti di Idv: o direttamente al congresso, oppure attraverso ilvoto online, nelle federazioni locali o da casa. Un metodo sperimentale e “innovativo”, in stile M5S, come ha spiegato lo stesso Di Pietro durante il terzo giorno d’assise, cercando di allontanare le polemiche dopo alcune segnalazioni di errori o sospetti: “Si troverà sempre lo spazio per le critiche, qualche errore è normale che venga fatto, dato che abbiamo lanciato qualcosa di innovativo: un giorno gli altri ci imiteranno, allo stesso modo come hanno imitato nel tempo la nostra azione politica, anche se non lo vogliono ammettere”, ha spiegato l’ex pm di Mani Pulite. Presidente per 15 anni, dal lontano 1998, durante i quali non sono mancati i dissidi interni, soprattutto per la gestione delle candidature per le competizioni elettorali, dalle quali sono emersi personaggi come Sergio De Gregorio, Domenico Scilipoti e Antonio Razzi. Di fronte alle accuse sui tesseramenti gonfiati, fatte da Borghesi, Di Pietro aveva minimizzato, limitandosi a parlare di “normale competizione elettorale”. Ma Borghesi ha insistito, dopo il congresso, evidenziando anche casi di votazioni sospette.
Su Facebook riporta un episodio avvenuto a Palermo, dove un iscritto “avrebbe tentato di votare non solo per sé, ma anche per altre persone”. Si spiega, secondo il report fatto da un rappresentante di seggio:
“Sono entrato e ho visto che il XXXXXXXXXX stava votando aiutato dal collaboratore di Ricciardello, avendo davanti a sé 6 lettere dell’IDV. Il XXXXXXXXX, a seguito della mia contestazione, mi dichiara verbalmente di aver votato soltanto per altre 2 persone; tutte le lettere che aveva in mano ha asserito essere riferibili a componenti del suo nucleo familiare che non hanno potuto recarsi al seggio e non sanno usare Internet. È intervenuto il responsabile di seggio che gli ha confermato che non avrebbe potuto votare anche per altri e ha chiesto al XXXXXXXXX una dichiarazione circa il motivo di quanto accaduto. Il XXXXXXXXXX ha interrotto l’operazione, ma non sono in grado di sapere per quante persone abbia effettivamente votato”
Per Borghesi non era l’unico caso: perplessità erano emerse anche sulla votazione on line, nonostante Borghesi avesse sottolineato come i garanti, con l’aiuto dei tecnici, avessero cercato di prevenire e contrastare qualsiasi anomalia. Il sistema – realizzato grazie al contributo del giovane Gianluca Gimigliano, “software developer” al Ministero dell’Interno e da anni iscritto all’Idv, avendo anche fatto parte del coordinamento dell’ Idv 5 Municipio di Roma, ndr – permetteva infatti di votare soltanto se si disponeva di codice Pin (password numerica) per allontanare i timori di voti falsi. “Hanno fatto quanto si poteva fare”, spiega. Eppure Borghesi non allontana i dubbi: “Dove non avevamo dei delegati pronti a controllare nei seggi si può dire che i sospetti rimangono”. Spiega come funzionava il meccanismo: “I computer presenti nelle sedi locali potevano accettare un numero illimitato di voti, in modo che tutti quelli che si presentavano potevano votare. Dai computer di casa, invece, al massimo, era possibile indicare tre voti”. Spiega come in un caso, in un seggio dove un pc non funzionava bene, il responsabile dell’organizzazione avesse messo a disposizione il proprio pc, in teoria valido solo per tre voti. “Ivan Rota (responsabile dell’Organizzazione) ha però spiegato telefonicamente le istruzioni per trasformare il sistema, permettendogli di accettare un numero illimitato di voti. Anche in questo caso, trovo che l’operazione lasci quantomeno perplessi”, attacca. Ma non solo: azzarda come ci siano state “segnalazioni di famiglie peruviane portate al voto in Piemonte”, concludendo di non voler trarre conclusioni, ma soltanto di prendere atto di come ci siano state varie anomalie.
LA DIVISIONE TRA QUEL CHE RESTA DEL PARTITO – In rete, intanto, i militanti si dividono e si lanciano critiche a vicenda: “Borghesi, lei sa soltanto rosicare, le sue accuse sono infondate”, si legge. Altri concordano: “Avete perso il congresso. Adesso da buoni militanti andate ad attaccare manifesti e a raccogliere firme. Basta con le critiche gratuite”. La sezione Idv di Trapani commenta: “Se ne vada, anziché non accettare la sua sconfitta personale e buttar fango al suo concorrente”, mentre altri spiegano come abbiano potuto constatare di persona come il voto fosse stato regolare: “La mia votazione è avvenuta con il codice di riconoscimento inviatomi prima del voto: le accuse mi sembrano campate in aria”. Ci sono poi quei militanti che ritengono gli attacchi di Borghesi strumentali: “Leciti i dubbi di Borghesi, ci mancherebbe altro. Ma come mai non ne aveva quando lo scranno in Parlamento era ben garantito? Ora, dopo anni di militanza si accorge di queste particolarità?”. La replica arriva dal diretto interessato: “Ho gridato in tutte le salse che Di Pietro mi ha estromesso dall’ufficio di presidenza nel 2006 e che negli ultimi 5 anni sono stato in minoranza all’opposizione interna nell’ Idv,criticando in tutti gli esecutivi nazionali la linea politica e l’organizzazione”. Tra i militanti c’è però anche chi chi difende l’ex capogruppo alla Camera, condividendo i dubbi: “Perché su 14 iscritti ha votato solo la metà? Chi si è tesserato dopo le mozioni, l’avrà fatto unicamente per votare per il nuovo Segretario, o no? Che fine hanno fatto quei settemila? L’astensionismo è politico non certo per eleggere un Segretario”, incalza un commentatore. “La democrazia non prevede anche il rispetto di chi non la pensa come la maggioranza? Eppure io leggo chi invita Borghesi a uscire dal partito, a cercarsi altre sponde o a tacere. Dopo le campagne per la libertà di stampa commenti simili stonano”, riflette un altro militante. Sulle accuse di anomalie c’è chi condivide i timori: “Non mi stupisco affatto. D’altronde la crescita di tesseramento in province dove non abbiamo più neppure i coordinatori parla chiaro. Il meridione in questo da ancora una volta un esempio negativo, guardate chi c’eravamo messi in casa al Consiglio Regionale della Campania”. Un chiaro riferimento alla vicenda dei 53 consiglieri regionali ed ex rappresentanti, indagati per peculato, in merito al presunto uso improprio dei fondi corrisposti a gruppi consiliari o a singoli consiglieri, in riferimento alle somme del biennio 2010-2012. Per gli inquirenti Idv e Uder sarebbero in testa, con il 95% di spese, nella classifica poco virtuosa sull’uso personale degli stessi. Positano News riporta l’elenco dei consiglieri coinvolti nell’inchiesta, ai tempi tra le file dell’ Idv, e le somme contestate: “Eduardo Giordano (capogruppo Italia dei Valori/ 37.404,49) Dario Barbirotti (Idv/ 37.484,26) Nicola Marrazzo (ex Idv/ 43.284,26) Anita Sala (Idv/ 40.679,26). Spese non documentate del gruppo Idv: 16.375,00)”, si legge. In attesa che le indagini vadano avanti, un altro caso che ha gettato ombre sul passato recente di quello che fu il “partito della legalità”. Poi sconvolto da casi come quello di Vincenzo Maruccio, che hanno contribuito non poco a far allontanare i militanti.
Antonio Di Pietro al Congresso di Idv
LA QUESTIONE LEGALITA’ E LA VITTORIA DELLA CONTINUITA’ – Anche su questo punto, quella della battaglia per la legalità, Borghesi attacca la nuova segreteria: “Avevamo un codice etico, approvato nel 2010, ma di fatto non è mai stato applicato”, incalza. “Dopo le vicende giudiziarie che hanno interessato il partito, Ignazio Messina doveva rilanciare il partito sulla legalità. E’ sufficiente dire che ha nominato come suo delegato tra i garanti del congresso una persona rinviata a giudizio per peculato, l’europarlamentare Giommaria Uggias”, sottolinea. In un articolo sul Fatto dello scorso settembre, a ricordare il caso è Giorgio Meletti, che spiega come “l’ex sindaco democristiano di Olbia e oggi unico europarlamentare sardo” fosse accusato “di aver pagato con i soldi della Regione le bollette telefoniche del suo studio legale”. Il processo, sul presunto uso improprio dei fondi per i gruppi regionali in Sardegna, è ripreso proprio a luglio. Borghesi incalza: “Uggias in base al codice etico non poteva più stare nel partito, ma è stato premiato da Messina con la nomina come proprio garante per il Congresso. Se un segretario nazionale offre questi segnali, non mi sembra che sia proprio un buon inizio”, attacca Borghesi. “Mi ha fatto sorridere il fatto che, dopo i rinvii a giudizio per peculato per alcuni consiglieri della Campania, Messina abbia dichiarato con un comunicato stampa che l’ Idv si sarebbe costituita parte civile contro i nostri ex consiglieri. Allora perché per Uggias non fa lo stesso?”, si chiede. Sia per queste ambiguità che per aver fatto parte della classe dirigente che aveva gestito il partito negli ultimi 5 anni, Messina per Borghesi non potrà rappresentare quella svolta di cui l’ Idv aveva bisogno. “Rischiamo di fare la fine di partiti come il Psi, Rc, Pdci, relegandoci alla marginalità politica e morendo pian piano, fino a quando finiranno anche i soldi del partito”, insiste. Sul futuro, così, di fronte ai dissidi interni, resta il pericolo di nuove divisioni. Borghesi, sul quale sarebbero piovute minacce di espulsione, preferisce aspettare. “Sono in corso diversi fermenti nel centrosinistra, dopo il Congresso del Pd la situazione sarà più chiara e sono convinto che qualcosa di nuovo nascerà presto. Da segretario avrei cercato di portarci tutta l’ Idv, adesso resto ad osservare da semplice iscritto”, aggiunge. Rinaldi è più cauto: nel discorso post-elezione aveva spiegato: “Faccio un in bocca al lupo a Messina, noi siamo il 30% di questo partito. Lavoreremo insieme, ma ci aspettiamo tanto”, aveva dichiarato. Il neo segretario aveva cercato di ricostruire il rapporto tra le diverse anime di Idv: “Voi non siete il 30%, ma siete il nostro partito. Non intendiamo lavorare in ottica di maggioranze e minoranze, ma collegialmente”, aveva promesso Messina. Poi sono ripartite subito le polemiche.
IGNAZIO MESSINA NON RISPONDE – Sulla vicenda Uggias, così come sulle presunte anomalie denunciate al Congresso, Giornalettismo aspettava una replica dal segretario, che non è arrivata, nonostante i diversi tentativi fatti con l’Ufficio stampa del partito. O meglio, il neo segretario aveva accettato l’intervista – come aveva spiegato lo stesso ufficio, ndr – , ma alla fine, senza offrirci alcuna spiegazione, non ci ha rilasciato alcuna dichiarazione. Né siamo stati più contattati dall’Ufficio Stampa, nonostante le infinite richieste alla segreteria dell’Idv. Nessuna risposta nemmeno alle domande inviate via mail. Messina, ex sindaco di Sciacca e accusato in passato per aver portato nel partito riciclati di Udc e Udeur, ha perso un’occasione utile per chiarire e allontanare le presunte ombre sul Congresso che lo ha eletto segretario. E per spiegare che tipo di Italia dei Valori ha in mente: se alla ricerca di un nuovo rapporto con il centrosinistra o ancora all’inseguimento di Grillo. Se il padre nobile Di Pietro aveva predicato l’esigenza di un ritorno alle origini e difeso il Congresso stesso (“E’ stato vero, non abbiamo letto il nostro Alfano”), nelle prime apparizioni televisive Messina aveva spiegato di essere rimasto deluso del comportamento del M5S in Parlamento, accusandoli i “cittadini” a 5 stelle di fermarsi alla polemica sterile. Aveva poi criticato i rinvii e l’azione del governo Letta. In attesa di conoscere le prime mosse da segretario, quel che sembra palese è che, tra ombre e scontri interni, le prospettive dell’Idv di recuperare il consenso degli elettori rischiano di complicarsi. In vista delle europee del maggio 2014, la soglia del 4% – soltanto la metà di quanto raggiunto nella stessa competizione elettorale del 2009 – sembra soltanto un miraggio. Così come la speranza di rieleggere qualche europarlamentare, dopo aver visto già scomparire i 46 rappresentanti delle elezioni politiche del 2008.
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