Nino Di Matteo, nuove minacce dalla mafia: biografia del magistrato sotto scorta
Nino Di Matteo di nuovo nel mirino della mafia, con nuove minacce che piombano sul Pm della trattativa Stato-mafia da parte di Totò Riina, la rinuncia del magistrato a essere presente in tribunale a Milano per sentire il pentito Giovanni Brusca. Un’accelerazione di violenza che ha messo in allarme gli alti vertici dello Stato: il boss dei Corleonesi ha lanciato la sua sfida al magistrato, tutto era pronto per colpirlo anche durante una trasferta. Davanti al tribunale del capoluogo meneghino c’è un presidio di cittadini con uno striscione “Milano sta con Di Matteo” a esprimere la solidarietà al pm. Per lui però non è stato possibile andare in trasferta a Milano per un’udienza importante del processo: la mafia lo ha messo sotto tiro e non sembra aver intenzione di fermarsi.
Dal sito: Radicali Italiani
Dichiarazione di Maurizio Turco, già deputato radicale:
"Da anni denunciamo che è una inutile misura afflittiva il vetro divisorio nei colloqui tra detenuti in 41bis e famigliari; per cautelarsi dal fatto che i detenuti affidino ai propri famigliari ordini da portare all'esterno è sufficiente registrare i colloqui alla presenza degli agenti, come già accade.
Ma accade anche che due detenuti in 41bis, peraltro in area riservata, ovvero un 41bis nel 41bis, che hanno diritto ad 1 ora d'aria al giorno, senza alcuno sforzo sono in grado di far pervenire messaggi all'esterno peraltro senza che il messaggero sia immediatamente trattato come sono trattati detenuti e parenti accusati di dare e ricevere ordini magari sulla base di articolate e complesse "decodificazioni" di parole, gesti, smorfie, disegni.
In questo caso non c'è nulla da decodificare.
Totò Riina parla ma non minaccia perché lui dovrebbe avere la certezza che quelle parole finiranno al massimo sul tavolo di un magistrato, non su tutti gli organi di stampa, pubblici e privati, cartacei, radiofonici, televisivi e negli orari di massimo ascolto. Che se minaccia concreta fosse stata la si sarebbe tenuta segretissima e si sarebbe fatto di tutto per non farla pervenire a chi avrebbe dovuto o potuto eseguirla, con tutte le varianti più o meno logiche del caso."
Indubbiamente tutto sembra essere stato fatto per impedire che il magistrato Di Matteo potesse recarsi dove la legge lo chiamava a compiere il suo dovere.
Uno Stato impotente di fronte ad un criminale rinchiuso in carcere che dovrebbe essere ristretto nelle sue azioni dal regime 41 bis?
Che garanzie dà un simile Stato ai suoi cittadini?
Che senso di sicurezza?
Ma c'è ancora uno Stato in Italia?
Cioè qualcosa che è organizzato in nome di una Costituzione e delle Leggi e Regolamenti che da essa discendono, le quali vengono fatte rispettare dalle Istituzioni?
Esiste nella realtà oggettiva?
Oppure è una parvenza, un'accozzaglia che a volte funziona, a volte no, dunque la certezza del diritto si è totalmente persa?
Una classe politica che incarna le Istituzioni, staccata dal resto del popolo, vive in una sua realtà ricca e sicura, sorda alle istanze di verità della gente, a cui risponde con parole di accusa come "populismo" e "fascismo" nell'intento di allontanare da sé la comprensione di tali istanze.
Mentre ancora si trattano nei processi le innominabili ma tangibili collusioni di parte di tale classe politica con la criminalità organizzata.
La gente, che il Capo del Governo bolla con "populismo" e "fascismo", intervistata in strada, dichiara ai giornalisti: "Ho votato Lega", "Io sono del Movimento 5 Stelle", "Ho votato Forza Italia", "Io non voto da 4 anni".... Mandato in onda questa mattina su RAI 3 durante la trasmissione Agorà.
Una volta tanto è andata in onda la VERITA': non c'è colore, non c'è partito che accomuni la gente stanca dei soprusi della classe dirigente inetta, incapace di assicurare al popolo il dettato costituzionale.
Sul popolo mangiano i politici e i criminali.
Il popolo fatica e lavora e la criminalità impone con la violenza il suo "pizzo" e la classe politica divora la ricchezza imponendo altre tasse.
Da decenni non c'è denaro per dare agli italiani che crescono scuole dignitose e sicure, ma c'è per dare soldi alla classe politica in innumerevoli forme, di cui è inutile fare qui l'elenco, perché le conosciamo tutti: colti e non.
Stamane parlavo con una dolce, lucida, intelligente moglie di un muratore con semplice partita IVA, madre di tre figli, che si arrangia a lavorare in casa come sarta.
La sua figliola più grande era a casa: fa il primo anno delle scuole superiori. Le ho chiesto perché fosse a casa. Fanno i turni. Le classi non bastano e dunque un giorno a settimana c'è riposo!
L'adolescente silenziosa ed attenta ascoltava i nostri discorsi. L'ho stimolata a parlare vincendo la sua timidezza. Parlavo della scuola media superiore che avevano vissuto i miei figli, oggi tutti e tre ultraquarantenni: studenti e genitori facevamo le manifestazioni per avere un edificio per il Liceo "Bruno Touschek" di Grottaferrata (RM), perché lo Stato non dovesse più pagare un esoso affitto alla Chiesa per dei locali in cui spesso i bagni erano inagibili, la palestra umida e bagnata in terra dove non era possibile svolgere gli esercizi di Educazione Fisica, né pagare l'affitto di una succursale allocata in una villa fatiscente, in cui i miei figli dovevano portare il soprabito seduti nei banchi per non morire di freddo, in cui le prese di corrente pencolavano fuori dal muro con i fili elettrici pericolosamente in mostra... La fanciulla allora ha parlato della sua scuola: si è staccata l'anta di una finestra ed è caduta addosso ad una compagna, ci sono i topi anche se hanno fatto la disinfestazione... La madre è intervenuta dicendo: "Poi l'hanno fatta a scuola iniziata... Un giorno a casa... Scuola chiusa, lezioni perse.. Non capisco perché non si poteva fare prima dell'apertura dell'anno scolastico... Perché dopo che sono iniziate le lezioni... Non capisco."
E' solo uno stralcio di conversazione con persone che, di tutte le età, assistono con lucida intelligenza ad una realtà incomprensibile.
L'incomprensibile, da Di Matteo che non può andare a fare il suo dovere a Milano perché un carcerato lo minaccia, alla quattordicenne e sua madre che denunciano altre cose assurde, è comprensibile se tutto questo si legge come DISONESTA' di chi decide come debbono andare la cose nel nostro Stato.
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