Cliccando sul sottostante link si può leggere la bozza, non corretta, della Relazione che il Sen. Pisanu, Presidente della Commissione parlamentare antimafia, ha letto ed è stata trasmessa anche su RAI GR Parlamento
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http://mailing.antoniodipietro.it/inc/rdr.php?r=34436c534c1015
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In questi giorni, nei telegiornali, è stata data, da parte dei magistrati che si sono occupati dell'inchiesta sulla trattativa Stato-Mafia, una versione leggermente diversa rispetto a quanto riferito da Pisanu.
Da: Il Secolo XIX
Stato-mafia, chiesti 11 rinvii a giudizio
Palermo - Il pubblico ministero Nino Di Matteo ha concluso l’atto di
accusa all’udienza preliminare sulla cosiddetta “trattativa Stato-mafia” con la
richiesta di rinvio a giudizio per tutti gli 11 imputati.
Dunque, di violenza o minaccia a corpo politico dello Stato sono accusati i
boss Luca Bagarella, Totò Riina, Giovanni Brusca e Nino Cinà, gli ex
ufficiali del Ros dei carabinieri Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe
De Donno, il senatore Marcello Dell’Utri e l’ex ministro Calogero
Mannino.
Invece, Massimo Ciancimino è accusato di concorso in associazione
mafiosa, e l’ex ministro Nicola Mancino di falsa testimonianza.
Nel procedimento era imputato anche il boss Bernardo Provenzano, ma la
sua posizione è stata “stralciata”.
L’ex ministro Calogero Mannino ha chiesto di essere giudicato col rito
abbreviato. L’istanza è stata fatta al gup Piergiorgio Morosini. Il giudice
si è riservato la decisione. Mannino è accusato di violenza o minaccia a Corpo
politico dello Stato.
Nell’udienza odierna, svoltasi nell’aula bunker del carcere Ucciardone a
Palermo, anche Mancino ha chiesto di essere giudicato col rito abbreviato ma il
gup, anche in questo caso, si è riservato di decidere.
Ingroia: «Noi spiati da un’agenzia»
«Siamo stati spiati e pedinati
da un’agenzia. È una sensazione condivisa anche con altri colleghi a me vicini.
C’è chi sta indagando. Qualcosa di torbido si è mosso contro di noi». Lo ha
detto Antonio Ingroia all’Ansa a proposito dell’inchiesta sulla trattativa
Stato-Mafia.
Bagarella: «Mai avuto contatti con politici»
Nega di avere mai
avuto contatti con politici di «qualsiasi» colore il boss Leoluca
Bagarella, intervenuto con dichiarazioni spontanee all’udienza preliminare
sulla trattativa Stato-mafia. Il capomafia è imputato, insieme, ad altri
padrini, politici e ufficiali dell’Arma di violenza o minaccia a Corpo politico
dello Stato.
Le dichiarazioni di Bagarella che, secondo i pm, attraverso il boss Vittorio
Mangano e il senatore Marcello Dell’Utri avrebbe cercato contatti con Silvio
Berlusconi, ha seguito l’intervento del pm Nino Di Matteo che ha ricostruito
l’impianto accusatorio a carico degli 11 imputati.
Se ieri è stata la volta del quadro storico in cui sarebbe maturato il patto
tra pezzi delle istituzioni e le cosche, delle prime fasi della trattativa e
delle manifestazioni di disponibilità dello Stato ai clan attraverso il cambio
dei vertici del Dap e del ministro dell’Interno, oggi il magistrato ha
affrontato il capitolo delle attenuazioni del carcere duro e del ruolo
dell’ex numero due del Dipartimento Francesco Di Maggio.
Un gesto che, secondo l’accusa, lo Stato avrebbe messo sul piatto nel dialogo
avviato con Cosa nostra. Nel lungo intervento anche un cenno alla mancata
cattura del boss Nitto Santapaola: il Ros pochi mesi prima del suo arresto da
parte della polizia sapeva dove fosse e lo stava intercettando, ma non lo prese.
Per i magistrati l’ennesima concessione fatta dallo Stato alle cosche.
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In questi giorni, nei telegiornali, è stata data, da parte dei magistrati che si sono occupati dell'inchiesta sulla trattativa Stato-Mafia, una versione leggermente diversa rispetto a quanto riferito da Pisanu.
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In questi giorni, nei telegiornali, è stata data, da parte dei magistrati che si sono occupati dell'inchiesta sulla trattativa Stato-Mafia, una versione leggermente diversa rispetto a quanto riferito da Pisanu.
Stato-mafia, chiesti 11 rinvii a giudizio
Palermo - Il pubblico ministero Nino Di Matteo ha concluso l’atto di
accusa all’udienza preliminare sulla cosiddetta “trattativa Stato-mafia” con la
richiesta di rinvio a giudizio per tutti gli 11 imputati.
Dunque, di violenza o minaccia a corpo politico dello Stato sono accusati i boss Luca Bagarella, Totò Riina, Giovanni Brusca e Nino Cinà, gli ex ufficiali del Ros dei carabinieri Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, il senatore Marcello Dell’Utri e l’ex ministro Calogero Mannino.
Invece, Massimo Ciancimino è accusato di concorso in associazione mafiosa, e l’ex ministro Nicola Mancino di falsa testimonianza.
Nel procedimento era imputato anche il boss Bernardo Provenzano, ma la sua posizione è stata “stralciata”.
L’ex ministro Calogero Mannino ha chiesto di essere giudicato col rito abbreviato. L’istanza è stata fatta al gup Piergiorgio Morosini. Il giudice si è riservato la decisione. Mannino è accusato di violenza o minaccia a Corpo politico dello Stato.
Nell’udienza odierna, svoltasi nell’aula bunker del carcere Ucciardone a Palermo, anche Mancino ha chiesto di essere giudicato col rito abbreviato ma il gup, anche in questo caso, si è riservato di decidere.
Ingroia: «Noi spiati da un’agenzia»
«Siamo stati spiati e pedinati da un’agenzia. È una sensazione condivisa anche con altri colleghi a me vicini. C’è chi sta indagando. Qualcosa di torbido si è mosso contro di noi». Lo ha detto Antonio Ingroia all’Ansa a proposito dell’inchiesta sulla trattativa Stato-Mafia.
Bagarella: «Mai avuto contatti con politici»
Nega di avere mai avuto contatti con politici di «qualsiasi» colore il boss Leoluca Bagarella, intervenuto con dichiarazioni spontanee all’udienza preliminare sulla trattativa Stato-mafia. Il capomafia è imputato, insieme, ad altri padrini, politici e ufficiali dell’Arma di violenza o minaccia a Corpo politico dello Stato.
Le dichiarazioni di Bagarella che, secondo i pm, attraverso il boss Vittorio Mangano e il senatore Marcello Dell’Utri avrebbe cercato contatti con Silvio Berlusconi, ha seguito l’intervento del pm Nino Di Matteo che ha ricostruito l’impianto accusatorio a carico degli 11 imputati.
Se ieri è stata la volta del quadro storico in cui sarebbe maturato il patto tra pezzi delle istituzioni e le cosche, delle prime fasi della trattativa e delle manifestazioni di disponibilità dello Stato ai clan attraverso il cambio dei vertici del Dap e del ministro dell’Interno, oggi il magistrato ha affrontato il capitolo delle attenuazioni del carcere duro e del ruolo dell’ex numero due del Dipartimento Francesco Di Maggio.
Un gesto che, secondo l’accusa, lo Stato avrebbe messo sul piatto nel dialogo avviato con Cosa nostra. Nel lungo intervento anche un cenno alla mancata cattura del boss Nitto Santapaola: il Ros pochi mesi prima del suo arresto da parte della polizia sapeva dove fosse e lo stava intercettando, ma non lo prese. Per i magistrati l’ennesima concessione fatta dallo Stato alle cosche.
Dunque, di violenza o minaccia a corpo politico dello Stato sono accusati i boss Luca Bagarella, Totò Riina, Giovanni Brusca e Nino Cinà, gli ex ufficiali del Ros dei carabinieri Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, il senatore Marcello Dell’Utri e l’ex ministro Calogero Mannino.
Invece, Massimo Ciancimino è accusato di concorso in associazione mafiosa, e l’ex ministro Nicola Mancino di falsa testimonianza.
Nel procedimento era imputato anche il boss Bernardo Provenzano, ma la sua posizione è stata “stralciata”.
L’ex ministro Calogero Mannino ha chiesto di essere giudicato col rito abbreviato. L’istanza è stata fatta al gup Piergiorgio Morosini. Il giudice si è riservato la decisione. Mannino è accusato di violenza o minaccia a Corpo politico dello Stato.
Nell’udienza odierna, svoltasi nell’aula bunker del carcere Ucciardone a Palermo, anche Mancino ha chiesto di essere giudicato col rito abbreviato ma il gup, anche in questo caso, si è riservato di decidere.
Ingroia: «Noi spiati da un’agenzia»
«Siamo stati spiati e pedinati da un’agenzia. È una sensazione condivisa anche con altri colleghi a me vicini. C’è chi sta indagando. Qualcosa di torbido si è mosso contro di noi». Lo ha detto Antonio Ingroia all’Ansa a proposito dell’inchiesta sulla trattativa Stato-Mafia.
Bagarella: «Mai avuto contatti con politici»
Nega di avere mai avuto contatti con politici di «qualsiasi» colore il boss Leoluca Bagarella, intervenuto con dichiarazioni spontanee all’udienza preliminare sulla trattativa Stato-mafia. Il capomafia è imputato, insieme, ad altri padrini, politici e ufficiali dell’Arma di violenza o minaccia a Corpo politico dello Stato.
Le dichiarazioni di Bagarella che, secondo i pm, attraverso il boss Vittorio Mangano e il senatore Marcello Dell’Utri avrebbe cercato contatti con Silvio Berlusconi, ha seguito l’intervento del pm Nino Di Matteo che ha ricostruito l’impianto accusatorio a carico degli 11 imputati.
Se ieri è stata la volta del quadro storico in cui sarebbe maturato il patto tra pezzi delle istituzioni e le cosche, delle prime fasi della trattativa e delle manifestazioni di disponibilità dello Stato ai clan attraverso il cambio dei vertici del Dap e del ministro dell’Interno, oggi il magistrato ha affrontato il capitolo delle attenuazioni del carcere duro e del ruolo dell’ex numero due del Dipartimento Francesco Di Maggio.
Un gesto che, secondo l’accusa, lo Stato avrebbe messo sul piatto nel dialogo avviato con Cosa nostra. Nel lungo intervento anche un cenno alla mancata cattura del boss Nitto Santapaola: il Ros pochi mesi prima del suo arresto da parte della polizia sapeva dove fosse e lo stava intercettando, ma non lo prese. Per i magistrati l’ennesima concessione fatta dallo Stato alle cosche.
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