Sinceramente sbalordita dal successo della ripubblicazione della novella "Cattiva" che totalizza oggi 950 lettori (ho solo i numeri delle statistiche, null'altro), ripubblico questa novella che, a mio avviso, dovrebbe suscitare più di una riflessione sulla follia, incongruenza e molto altro dei comportamenti umani...
Squilli dal passato
Dalla raccolta di novelline "Le verità nascoste"
Squilli dal passato
Il telefono squillò e Renata andò a rispondere. Una voce di donna sconosciuta le disse: “Ciao sono Elisa.” Renata cercò rapidamente nella sua mente un riscontro a quella voce ed a quel nome e non lo trovò. La buona educazione di cui era permeata le creava un senso di ansioso imbarazzo a causa del vuoto totale che quella voce sconosciuta, ma che la salutava con tanta sicura confidenza di essere conosciuta, trovava nella sua mente. Cercò rapidamente un riscontro con il nome, ma le Elise che conosceva, due o tre fra cui una parente, non corrispondevano a quella voce. Alla fine si arrese all’imbarazzo e disse cautamente, come chi ha timore di offendere: “Elisa … chi?”
“Ma Elisa la tua vicina di casa!” Disse la voce con superficiale meraviglia, come di chi si stupisce di non essere immediatamente riconosciuta! Nella mente di Renata finalmente si aprì uno squarcio di luce lontana e subito vi inquadrò una perfetta scema che un anno prima era scomparsa da una casa lì vicino senza salutare e senza farsi più viva. Il sentimento che provò fu sgradevole, perché quella chiamata fatta così, sicura di essere immediatamente riconosciuta, confermava il giudizio che Renata aveva di quella donna. Seccata per l’assurdità della pretesa di essere nei suoi pensieri, fino al punto di venire evocata al pronunciare del solo nome dopo oltre un anno, Renata rispose educatamente ma con intenzione nella voce:
“Scusami, ma sai… Conosco almeno tre persone che si chiamano Elisa… E poi è passato del tempo…”
“Eh, sì, è vero, - ammise la sconsiderata – è passato più di un anno! Non mi sono fatta più viva perché ho avuto varie disavventure… Avrete saputo da Gianna e da Giulia…”
L’irritazione di Renata aumentò, mentre pensava che odiava la gente che non parlava direttamente dei suoi casi, soprattutto se indecenti, e rimandava sempre a qualcun altro la loro esplicita diffusione, come in un discarico di responsabilità di parlare da sé di ciò che la riguardava in prima persona. Dunque disse con aria vaga:
“… Sì, mi sembra che mi accennarono…” Intanto ricordava che anche quelle due erano state reticenti e non si erano più fatte sentire per mesi, lasciando in Renata una brutta impressione, perché avevano fatto passare le Feste di Natale e Fine Anno senza nemmeno farle gli auguri, né lei era riuscita a raggiungerle telefonicamente per darglieli: scomparse anche loro!
“Ho lasciato Pippo perché lui insisteva per farsi intestare metà della casa e ci aveva messo solo dieci milioni di lire.” Spiegò Elisa con voce piatta. “Affaracci vostri!” Pensò con rabbia Renata, sempre più scocciata di dover perdere il suo tempo a stare a sentire quelle tardive spiegazioni su cose che avevano capito tutti già mentre accadevano. Invece, siccome non riteneva di dovere franchezza a chi franco non era mai stato, elusivamente e sottilmente rinfacciando disse:
“E’ per questo che volevate cambiare l’atto notarile dal mio notaio…”
Ora nella voce della sciocca si sentì un lieve imbarazzo: “Beh, sì, era lui che insisteva per cambiare il rogito facendosi intestare metà della casa, ma l’atto era stato fatto giusto: lui era proprietario per un sesto, perché la casa era costata sessanta milioni di lire.”
L’irritazione di Renata al ricordo dei fastidi avuti dai due aumentò:
“Dicevate che il vostro notaio aveva sbagliato l’atto e volevate che il mio lo correggesse, per questo venivate a chiedere il suo indirizzo e numero di telefono… Che poi perdevate e tornavate di nuovo a richiedermelo…” Renata ricordava il suo tempo prezioso perso a far accomodare i due vicini, a sentire quello che volevano e all’ansia che le trasmettevano per la evidente falsità del loro atteggiamento, fra loro e nei suoi confronti. Sentiva che c’era qualcosa che non andava in quelle scene che venivano a fare a casa sua; era come se recitassero ciascuno una parte fingendo per sé stessi, senza dirsi francamente la verità e, allo stesso tempo, coinvolgevano l’ignara vicina usandola: lei per prendere tempo e non dire al suo convivente che non voleva cedere alla sua pretesa, lui stando al gioco di lei e sperando che prima o poi cedesse.
La voce del passato si era fatta più incerta di fronte alla educata ma puntuale ricostruzione dei fatti esposta da Renata. “Sì… poi l’avevamo chiamato il tuo notaio e abbiamo detto che il suo nome ce lo avevi dato tu… Ma lui ci ha detto che l’atto fatto dal mio notaio era giusto così.”
“Come vi dissi allora, trovavo strano quello che dicevate. Il notaio intesta le percentuali di proprietà come gli viene detto da chi acquista. Non è che le decide lui!”
“Eh, sì. Ma Pippo insisteva per rifarlo intestandosi il 50%… Ma io ho un figlio… Non posso togliergli quello che sarà suo per favorire i figli di Pippo!”
“Affaracci vostri!” Ripensò Renata. “Potevate dirlo chiaramente senza coinvolgere il mio notaio, il quale mi telefonò seccatissimo chiedendomi: “Chi sono questi che mi ha mandato? Non si capisce cosa vogliono, vengono solo a farmi perdere tempo, l’atto che ha fatto il loro notaio è a posto”.
“Ho resistito così…” Fece la voce incerta.
“Coinvolgendo gli altri in una stupida finzione reciproca, per non dirvi tra voi e dire chiaramente agli altri: ‘Vogliamo cambiare le percentuali di proprietà. Come si può fare notaio? Finta vendita? Donazione?’. Oppure potevi dire al tuo convivente: ‘Non ho nessuna intenzione di accondiscendere alla tua richiesta.’ E facevamo prima, senza rompere i coglioni a me ed al mio notaio in stupide manfrine.” Ecco cosa pensava disgustata Renata ricordando. Aveva saputo poi dalle due care reciproche amiche che Elisa, giunta alla rottura, se ne era andata, dopo aver inutilmente cercato di mandare via lui, il quale obiettava che quella “era anche casa sua, anche se solo per un sesto, e poi lui ci aveva fatto piccoli lavoretti”.
“Ma cosa vuoi che abbia fatto mai in due soli anni!” Aveva commentato Gianna raccontandoglielo. “I normali lavoretti di manutenzione e aggiustamento che sono deputati di solito agli uomini di casa! Non valgono certo i venti milioni di lire che mancano per arrivare al 50% del prezzo pagato per la casa! E poi Pippo, dopo che si è separato dalla moglie, era ridotto male. Era andato a vivere con un altro separato per dividere le spese e quello era un grande disordinato! Pippo doveva pulire… riordinare… faceva tutto lui! Venire qui a vivere con Elisa per lui è stata una svolta. Lei, invece, per acquistare questa casa per venirci a vivere con Pippo ne ha venduta una che il padre le aveva comperato, senza dire niente al suo povero genitore che abitava al piano di sotto ed aveva fatto fare una scala interna per salire al piano di sopra dalla figlia… Quel poveretto si è ritrovato degli estranei in casa praticamente!”
“Peggio per lui. Ha viziato questa figlia, mi pare. – Sostenne Renata. – Mi avete detto, tu e Giulia che la conoscevate da anni, che il padre è laureato ma lei non è andata oltre il liceo. I soldi per farla studiare non mancavano al padre, mi sembra: figlia unica, avevano o la cameriera in divisa, addirittura con la crestina, o il cameriere in giacca da servitore… Vorrà dire che farà chiudere la scala di comunicazione fra i due appartamenti”.
Sempre Gianna le aveva raccontato che nell’immediato Elisa si era fatta ospitare da Giulia, che dopo poco tempo l’aveva cacciata perché si portava degli uomini in casa. Renata era disgustata e pensava al figlio ancora bambino di quella sciagurata che, a seguito delle corna che le aveva fatto suo marito, non aveva trovato di meglio che rendergli la pariglia addirittura con il suo parrucchiere, che era pure fidanzato! Ora, dopo il fallimento di quella breve convivenza, ricominciava, senza tener conto dello spettacolo di sé che dava a quel bambino.
Dopo un anno che era scomparsa con lei e la sua famiglia, dopo averle chiesto cortesie varie in nome del buon vicinato e delle amicizie in comune, ricicciava dal suo nulla in tal modo. Subito venne fuori il motivo della telefonata:
“Ho messo in vendita la casa. Conosci qualcuno a cui può interessare?”
“No, mi dispiace.”
“Non hai amici che vogliono venire ad abitare vicino a voi… magari?”
“No.”
“Se ti capita… Se conosci qualcuno.”
“Senz’altro.” Le disse per togliersela di torno.
Quando richiuse finalmente il telefono, pensò con disgusto a quanto sia capace di arrivare certa gente. “Sparisce e ricompare dopo un anno ripresentandosi con il solo nome, come se al mondo esistesse solo lei con quel nome, o come se la gente non facesse che ricordarsela e pensare a lei! Egocentrismo infantile, proprio!”
Quando riferì a Gianna l'assurda ed interessata chiamata di Elisa, questa commentò: “Ma io la capisco Elisa…”
“Davvero? Cosa capisci?” Renata aveva notato questo lassismo nei giudizi della sua amica, che per altri versi stimava per una certa saggezza.
“Ma… sai… poverina… Ma lo sai che non ha potuto nemmeno riprendersi i suoi mobili antichi? Quel pazzo di Pippo ha chiamato i Carabinieri quando lei è venuta a prenderseli…”
"Non lo so e sono felice di non aver assistito ad una scena così squallida: roba da gente che viene dalle baracche che, però, almeno è giustificata dal degrado ambientale dovuto alla povertà se agisce in modo da fare scandalo!”
"Non lo so e sono felice di non aver assistito ad una scena così squallida: roba da gente che viene dalle baracche che, però, almeno è giustificata dal degrado ambientale dovuto alla povertà se agisce in modo da fare scandalo!”
*****
In quella stessa casa il telefono squillò e questa volta rispose il marito di Renata, perché lei era al lavoro.
"Pronto."
"C'è Renata?" Chiese una voce femminile leggermente incrinata come da una rattenuta emozione.
"No, è al lavoro. Chi la desidera?" Chiese con cortesia l'uomo.
"Sono Rita Gianni." Disse la voce incrinata. L'uomo ammutolì dalla sorpresa. Anche se, in questo caso, di anni ne erano passati almeno dieci, aveva ben presente chi fosse la persona, anche perché non aveva detto, come la scema Elisa, solo il nome, ma anche il cognome.
Sapeva chi era perché, anche se erano almeno dieci anni che non si faceva viva con loro, era una persona la cui casa frequentava uno dei suoi figli, ormai uomo fatto che sceglieva chi frequentare. E di quella casa, di quella persona e della sua famiglia, ogni tanto arrivavano notizie attraverso quel figlio di Renata e suo, che da tempo non viveva più con loro, essendo sposato, ma che ogni tanto parlava spontaneamente delle vicende di quelle persone. Erano frammenti di notizie a cui non seguivano domande da parte di Renata e di suo marito che, per valide ragioni, ritenevano tali persone infrequentabili.
L'uomo era molto ben educato e seppe dissimulare la sorpresa di quella voce che tornava da un passato in cui c'era stata una breve conoscenza attraverso suo figlio, la quale si era interrotta perché Rita Gianni, suo marito e suo figlio erano letteralmente spariti ed i loro scarsi contatti si erano volatilizzati, né Renata e suo marito li avevano cercati o incentivati.
La ragione di quella improvvisa telefonata dopo dieci anni era alquanto strana giacché, frequentando suo figlio, sia pure sporadicamente, la donna sapeva che egli abitava altrove e raramente era in visita a casa dei genitori. Inoltre aveva un cellulare, dunque volendo lo si poteva rintracciare attraverso quello: comunque aveva chiesto di Renata.
Ma in mancanza di Renata la donna si aggrappò al marito, senza ritegno alcuno, eppure l'uomo era persona riservata, che non invitava certo alla confidenza.
"Sono disperata, - esordì lasciando l'uomo basito e senza parole - a causa dei vostri vicini, i Disegni. Vi dobbiamo delle scuse, voi ci avevate avvertito... ci avevate detto di stare attenti, ma noi...." L'uomo taceva aspettando il resto, mentre pensava che allora l'avviso l'avevano recepito, anche se avevano fatto finta di nulla ed avevano preferito sparire con chi li aveva preavvisati piuttosto che con le conoscenze appena fatte. “Affaracci loro" avrebbe pensato Renata a posto suo, ma l'uomo era più educato di sua moglie o... forse ... più inibito e rimase in ascolto meravigliato ma sulla difensiva. Ricordava che quella donna un poco volgare e superficiale aveva pensato e cercato di sfruttare le profferte della loro vicina, che si metteva a disposizione per elargire favori vantando poteri che non aveva ma, chiedendo ad ometti che corteggiava, a volte riusciva ad ottenere qualcosa. Era, così, paga nel suo malato narcisismo e credeva di dar ad intendere che lei era una donna importante. In realtà era una donnetta ignorante e molto disturbata che, da informazioni che Renata aveva avute casualmente ma inconfutabilmente, allacciava relazioni con uomini a cui poi chiedeva soldi o favori per sé, per i suoi familiari o per terzi, a cui li offriva in cambio di regali che poi quelli le facevano per ringraziarla.
"Da due anni so che mio marito è l'amante di Cristina, la vostra vicina, - disse con voce tesa - lo so con certezza perché me l'ha confessato lui quando ha avuto l'infarto. La cosa dura da dieci anni." L'uomo non sapeva cosa dire a quella esternazione che gli entrava in casa dalla diretta interessata, la quale confessava comunque qualcosa che lui e Renata già sapevano per altre vie, pur rimanendo a distanza da quelle persone che, certo, se l'erano voluta. Cosa poteva mai volere da loro ora quella donna? Addirittura faceva loro delle scuse... Evidentemente per piena coscienza di essersi comportati male con loro, sparendo per far piacere a quel soggetto che tanto bene si era intrufolato nella loro precaria esistenza.
"Io non posso perdere tutto, - stava dicendo intanto la donna - ho fatto tanti sacrifici! Ma il marito di questa Cristina che razza di uomo è?!! E' morale o immorale?!!" Chiese disperata all'esterrefatto interlocutore, il quale non seppe cosa rispondere a quella domanda che già conteneva in sé la risposta. Cosa voleva da lui? Che l'appoggiasse e la sostenesse in un giudizio morale che era nei fatti? Per risponderle qualcosa disse:
"Ma i vostri figli cosa dicono?" Sapeva che uno dei figli era al corrente della situazione ed era quella una delle vie attraverso le quali già conosceva quei fatti, che drammaticamente la donna veniva a riversare su di loro dopo dieci anni di silenzio e di distanza. Lei non si stupì di quel riferimento, dando forse per scontato che la sua situazione fosse nota a molti.
"I miei figli hanno detto che siamo maggiorenni e vaccinati..."
"Ed hanno pure ragione..." Pensò l'uomo. Uomini di trenta anni e più cosa potevano dire o fare, non volevano proprio entrarci in affari così squallidi riguardanti i loro genitori ormai alle soglie della vecchiaia. Un'età che dovrebbe essere della saggezza e del buon esempio... invece.. davano scandalo rendendosi grotteschi più che ridicoli. Ma la donna andò allo scopo della telefonata, che, come quella di Elisa, un fine l'aveva:
"Posso venire da voi?" L'uomo si allarmò.
"Per...?"
"Per parlarne."
"Ma parlare di che?"- Pensò il marito di Renata. Poi: "Cosa c'entriamo noi?" E pensò che sua moglie aveva fatto più che bene ad allontanare gli scomodi vicini che invece Rita Gianni e suo marito avevano scelto di frequentare. Cercò una plausibile scusa:
"In questo periodo stiamo andando spesso nella casa al mare che abbiamo comperato da poco... Siamo un po' occupati perché la stiamo arredando..."
La donna capì che il suo disperato tentativo di coinvolgere i vicini di chi le stava creando tanti problemi era fallito. Ringraziò e salutò, battendo in ritirata.
Il marito di Renata raccontò a sua moglie l'assurda telefonata allibito. Sua moglie fu come al solito cattiva e sarcastica: "Quella voleva venire qui a fare la piazzata alla vicina chiamandola "puttana" dal nostro cortile e chiedere conto "all'immorale" delle loro comuni corna, te lo dico io! Hai fatto benissimo a scaricarla! Li avevamo avvertiti credendoli due persone perbene, lo sanno ed infatti ha chiesto scusa al plurale, quindi anche per lui a cui, sicuramente, sta carpendo soldi con qualche ricatto. Qualcuno l'ha detto: "Lo ricatta, lo ricatta." Non so su cosa, non voglio saperlo, che stiano a distanza.
"Infatti ha detto proprio: "Io non posso perdere tutto, ho fatto tanti sacrifici." "
"Già. - Concluse la moglie asciutta. - Ricordi quello che ci raccontò il nostro figlio più piccolo degli affittuari di Giulia? Sì, quello che spacciava all'ingrosso e si era messo con quella modella fallita da cui aveva avuto una figlia. Nostro figlio era tornato dal liceo, aveva mangiato e si era seduto sul muretto a prendere un po' di sole in attesa che io tornassi dal lavoro: sentì quei rumori pazzeschi che facevano quei due copulando... Probabilmente avevano assunto quello che lui vendeva... Per fare quei versi, così forte... Ricordo ancora la faccia sbalordita di nostro figlio quando me lo raccontò appena rientrata... Poi scoprimmo che in casa c'era la figlia che lui aveva avuto dalla moglie, una ragazzina di tredici anni che era ospite del padre in quei giorni... La ragazzina deve aver telefonato alla madre chiedendole di venirla a riprendere e la madre venne il giorno dopo. Di nuovo nostro figlio mi venne incontro con gli occhi sbalorditi: "Mamma..." mi disse, ed io pensai "L'hanno fatto di nuovo: copula con strilli e versi.." Ma lui mi lesse nel pensiero dall'espressione del viso e mi disse: "No, no! Oggi no! Però è venuta la madre della ragazzina a riprendersela ed è rimasta fuori e, mentre la ragazzina usciva per raggiungerla, la modella è uscita sul balcone e quella ha cominciato ad urlarle: "Puttana, sei una lurida puttana!" E l'altra, per nulla intimorita, le urlava dal balcone le stesse cose. Mamma, una scena da borgatari quali sono: se ne sono dette di tutti i colori! "
"Sapendo chi sono i soggetti abbiamo evitato di essere coinvolti, nostro malgrado, in una scena simile; - disse il marito di Renata - l'unico modo che Rita Gianni aveva per avvicinarsi alla casa di quella lì era dal nostro cortile, è chiaro."