giovedì 10 ottobre 2013

Malattie mentali nella narrativa

Dal sito della Dott.ssa Liliana Matteucci - Psicologa e Psicoterapeuta

La Mitomania 

La pseudologia di cui la mitomania fa parte, è la tendenza abituale ad inventare bugie, a cui spesso crede l'autore stesso allo scopo di destare ammirazione, compassione o comunque interesse negli altri. Rientrano in questo ambito l'esagerazione, la millanteria, il falso ricordo, frequenti in soggetti sicuri e fantasiosi, in realtà bisognosi di rassicurazione e conferme che ottengono riducendo gli altri al ruolo di spettatori incantati.
La pseudologia è stata considerata da K. Jaspers tra le forme di isteria, altri autori l'hanno considerata come un meccanismo di difesa anticonflittuale che consente di respingere, e nello stesso tempo di vivere in modo gratificante, un avvenimento ambivalente, mitomaniacalmente distorto. La mitomania, o mendacità patologica, è indotta dal bisogno che un soggetto ha di valutarsi di fronte agli altri cercando, con storie fittizie o fantasiose, di crearsi una sua notorietà. 
Il mitomane talvolta è cosciente della natura fantastica del suo racconto, talvolta invece finisce con il crederci tanto è viva la sua partecipazione affettiva. Fisiologica nel bambino che ancora confonde fantasia e realtà, la mitomania diventa patologica in soggetti adulti costretti a sostituire una realtà esterna o interna insopportabile con una fittizia.
Il mitomane, esperto nella suggestione e nell’inganno, evita di esporsi al crollo depressivo che può sortire dal deludente impatto con la vita reale. Questa patologia dell’immagine di sé si trova spesso nelle personalità isteriche-istrioniche, caratterizzate da mancanza di autonomia e forte suggestionabilità, tendenza a lasciarsi andare alla propria immaginazione e deboli tendenze alla sublimazione. 
Dal punto di vista diagnostico il DSM IV classifica la mitomania fra i disturbi del cluster B tra i disturbi narcisistici e quelli istrionici, in cui nel primo la preoccupazione per l’immagine è principale, nel secondo nell’interazione sociale l’istrionico vuole apparire unico e positivo
Dal punto di vista psicoanalitico l’essenza di questa patologia dell’immagine del sé è attribuita all’ideale dell’Io, vale a dire quella percezione di se stessi che si vorrebbe avere per sentirsi adeguati sia alla oggettiva realtà sociale, sia al sistema soggettivo dei valori e dei giudizi. L’ideale dell’Io ha origini narcisistiche e indica l’aspetto del Super-io preposto all’idealizzazione, cioè alla formazione e al sostegno di quegli ideali verso cui tende ogni soggetto nelle proprie rappresentazioni mentali e orienta le scelte in modo realistico. Nell’idealizzazione più primitiva, il soggetto si propone di riconquistare lo stato di onnipotenza narcisistica infantile, così l’ideale dell’Io diventa l’Io ideale patologico, perché costruito sul modello di narcisismo infantile.
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Per chi scrive narrativa è importante l'indagine delle psicologie dei personaggi e, in particolare, le psicopatologie.
Il mitomane da manuale, come quello scientificamente descritto nel testo sopra riportato, crea diverse reazioni.
A me è capitato di conoscere un soggetto precisamente aderente alla descrizione scientifica e, passato il primo momento in cui mi ha suscitato umana comprensione e pietà, ho capito che questi soggetti possono essere anche pericolosi e perniciosi, anche a causa delle diverse reazioni che creano nelle persone.
Molti, considerando con superficialità la loro evidente patologia, sono portati a prenderla con leggerezza, a minimizzarla, trovandola solo una bizzarria caratteriale di cui sorridere o deridere. Per questo si sottovaluta il danno che questi soggetti possono fare giacché non tutti hanno intelligenza e cultura sufficienti a sapersene difendere.
Riescono ad ottenere la credulità dei più sprovveduti e là dove sentono di non poter avere credibilità, ("spettatori incantati"), possono diventare ossessivi e violenti usando ogni mezzo per screditare chi non si piega ad accettare le proprie follie fantasiose, primo fra tutti il mezzo della calunnia che, nel mitomane millantatore, è terreno di facile esercizio. 
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 Dal sito di Nicola Ghezzani - Psicoterapeuta

...il mitomane, esperto nella suggestione e nell’inganno, evita di esporsi al crollo depressivo che può sortire dal deludente impatto con la vita reale.
Egli preferisce fasciarsi di fantasie, ingannare sistematicamente gli altri eludendo ogni possibile confronto; ma alla fine la vita reale o comunque quella psicologica gli chiedono un conto che egli non è mai in grado di pagare.

A questo punto il suo destino è in tutto identico a quello del megalomane: l’esaltazione maniacale di sé cede alla più nera depressione...
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I familiari del mitomane non hanno vita facile. Debbono mantenere un difficile equilibrio fra la malattia del familiare e l'ambiente sociale intorno. Spesso scivolano nella patologia cercando di accettare come normali i comportamenti patologici del mitomane: fingendo che tutto sia normale rimuovono la realtà, sempre in fuga dalle situazioni ridicole, ansiogene, in cui l'agire del mitomane-familiare li mette esponendoli a figuracce. A volte ne finiscono a loro volta influenzati, stanchi di cercare di arginare le sue bugie arrivano ad assecondarlo per non vivere in un conflitto continuo, sicuramente stressante, e per evitare che cada in depressione. 
Dal punto di vista narrativo possono essere interessanti da raccontare ma umanamente, come tutti i malati mentali, sono difficili da accettare ed amare.



Reato di clandestinità

Dal blog di Beppe Grillo


"Ieri è passato l'emendamento di due portavoce senatori del MoVimento 5 Stelle sull'abolizione del reato di clandestinità. La loro posizione espressa in Commissione Giustizia è del tutto personale. Non è stata discussa in assemblea con gli altri senatori del M5S, non faceva parte del Programma votato da otto milioni e mezzo di elettori, non è mai stata sottoposta ad alcuna verifica formale all'interno. Non siamo d'accordo sia nel metodo che nel merito. Nel metodo perché un portavoce non può arrogarsi una decisione così importante su un problema molto sentito a livello sociale senza consultarsi con nessuno. Il M5S non è nato per creare dei dottor Stranamore in Parlamento senza controllo. Se durante le elezioni politiche avessimo proposto l'abolizione del reato di clandestinità, presente in Paesi molto più civili del nostro, come la Francia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, il M5S avrebbe ottenuto percentuali da prefisso telefonico. Sostituirsi all'opinione pubblica, alla volontà popolare è la pratica comune dei partiti che vogliono "educare" i cittadini, ma non è la nostra. Il M5S e i cittadini che ne fanno parte e che lo hanno votato sono un'unica entità. Nel merito questo emendamento è un invito agli emigranti dell'Africa e del Medio Oriente a imbarcarsi per l'Italia. Il messaggio che riceveranno sarà da loro interpretato nel modo più semplice "La clandestinità non è più un reato". Lampedusa è al collasso e l'Italia non sta tanto bene. Quanti clandestini siamo in grado di accogliere se un italiano su otto non ha i soldi per mangiare?".
 Beppe Grillo, Gianroberto Casaleggio

Sono d'accordo con Beppe Grillo e Casaleggio su questo argomento ed ero rimasta perplessa e delusa nel sentire che il Movimento 5 Stelle si era pronunciato a favore dell'abolizione del reato di clandestinità.

Le parti politiche che hanno votato a favore di questa decisione hanno fatto la solita scelta "a pelle", non ragionata, non responsabile nei confronti del Paese, bensì sull'onda di una risposta emotiva a quanto accaduto a Lampedusa.

Anch'io ho provato dolore e pena per quegli esseri umani, fino a pensare, prima di prendere sonno la notte, a quella madre che ha espulso il suo bambino proprio mentre il barcone affondava, per morire con lui ancora attaccato a lei dal cordone ombelicale.

Ma non è con l'abolizione del reato di clandestinità che si deve rispondere a questo orrore.
Al contrario, e per le ragioni che firmano Grillo e Casaleggio.

In questi giorni pensavo a quando, molti anni fa, mi sono occupata per dieci anni di un Accordo Culturale fra l'Università in cui lavoravo e la Cecoslovacchia, ancora non divisa in Repubblica Ceca e Slovacchia, ancora non in Unione Europea. Fra le varie cose dovevo assicurarmi che gli studiosi ospiti provenienti dalla  Cecoslovacchia avessero il permesso di soggiorno, subito, appena arrivati per i brevi periodi in cui potevano stare in Italia in base a quell'Accordo per studio e ricerca. Avevo contatti con la questura e dovevo fornire sempre dichiarazioni firmate dal Responsabile italiano dell'Accordo e dimostrare che gli studiosi avevano una copertura finanziaria, e dichiarare quanto si fermavano... Era importante per loro avere quei permessi di soggiorno temporanei, altrimenti non potevano girare tranquilli.
Ora si vuole consentire che ci sia gente che gira senza documenti, senza alcun permesso giustificativo della sua presenza in questo povero Paese..
In questi giorni pensavo: "La polizia, i Carabinieri, non potranno più chiedere i documenti a nessuno... Ingresso libero. Come potranno chiederli a me allora e a quelli come me che in questo Paese ci siamo nati e lo sosteniamo con le nostre tasse..? E' assurdo che possano chiedere i documenti ad un cittadino italiano per un controllo e non chiederli al clandestino perché tanto il reato di clandestinità non c'è più!"

Ripeto quanto ho già scritto: soccorrere sì, con l'aiuto dell'Europa, ma impedire in ogni modo che si alimenti la speranza in un "Eldorado" che non c'è!!
Bisogna intervenire presso i Paesi di provenienza tramite l'ONU, non vendere le armi a quei paesi che trattano così i propri figli, operare sanzioni verso quei governanti che non consentono ai popoli di vivere!

Reagire abolendo il reato di clandestinità è da irresponsabili, da persone che vogliono così sanare un senso di colpa che non ha motivo di essere, perché le colpe sono dei criminali che lucrano sul traffico di esseri umani, non di chi li raccoglie, li salva, li cura e li sfama.

Rispetto per il Referendum sull'Acqua!


Il Comune di Roma non riesce a garantire il diritto all'acqua:
ancora distacchi dell'acqua a chi rispetta il referendum


Per la seconda volta in un mese cittadini e attivisti dell'acqua pubblica hanno chiesto in Aula Giulio Cesare un intervento urgente dell'amministrazione capitolina nei confronti della sua “controllata” Acea Ato2 in merito all'ennesimo distacco idrico.

Da più di due giorni le 12 famiglie di Via d'Aste, tra cui anziani, bambini piccoli, e due inquilini in condizioni di disabilità, si trovano senz'acqua semplicemente per aver pagato il servizio nel rispetto della legge e della volontà popolare, decurtando dalla bolletta la voce "remunerazione del capitale", abrogata dai referendum di giugno 2011. L'azienda idrica “romana”, unica in Italia, ha evidentemente deciso di rispondere con i distacchi alla campagna di "obbedienza civile" lanciata dal Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua dopo la vittoria referendaria.
Per il governo capitolino però né il possesso del 51% delle quote di Acea, né il ruolo di amministratore della città sembrano essere sufficienti per garantire il rispetto di due fondamentali diritti: il diritto all'acqua e il rispetto della democrazia, nonostante la mozione (n. 25) approvata lo scorso 12 settembre in cui si legge testualmente “l'Assemblea di Roma Capitale impegna il Sindaco e la sua Giunta ad intervenire con un atto politico ed efficace sulla questione dei distacchi idrici per morosità, affinché Acea Ato2 cessi una pratica lesiva di un diritto umano;”.


La necessità di un atto politico forte è stata messa in evidenza nei giorni scorsi dalle stesse dichiarazioni della dirigenza di Acea proprio in risposta ad una lettera del Sindaco: «Se la società è quotata in Borsa, è obbligo di legge degli amministratori perseguire l’interesse degli azionisti», concetto più o meno ripreso da Suez SpA, secondo socio privato di Acea. E i cittadini? Evidentemente vengono molto dopo nella scala di priorità di Acea SpA, e le centinaia di distacchi in atto nella città lo dimostrano.
Cos'altro serve al Sindaco Marino e a tutta l'amministrazione capitolina per comprendere che la scelta di campo che li attende è sempre più netta e necessaria? Devono decidere se stare dalla parte dei cittadini e dei diritti o dei privati e dei loro profitti!
Da parte nostra ricordiamo che la strada per il rispetto dei diritti e della volontà dei cittadini romani è già stata indicata con la proposta di ripubblicizzazione di Acea, unica strada per rimettere al centro dell'attività di Acea l'interesse dei cittadini.

Nel frattempo, al condominio di Via d'Aste, continua la privazione di un diritto fondamentale.
Fino a quando? E' la domanda che lasciamo aperta per il Sindaco, e per tutta la città.

Roma, 09 Ottobre 2013


Coordinamento Romano Acqua Pubblica

Coordinamento Romano Acqua Pubblica
Simona Savini 3494136733
Cinzia Di Napoli 3333612517

Eccessiva burocrazia = paralisi e oppressione del cittadino

Latina, 21 mag. 2012 - (Adnkronos) - 

Lazio: audizione alla Pisana su tutela fasce frangivento

Fabio Armeni, Assessore alle Risorse Umane, Demanio e Patrimonio della Regione Lazio, era oggi presente a un'audizione nella commissione Risorse umane, demanio, patrimonio, affari istituzionali, enti locali, tutela dei consumatori e semplificazione amministrativa del Consiglio regionale del Lazio in cui si discuteva delle condizioni critiche in cui versano le 'fasce frangivento' nell'Agro Pontino, centinaia di chilometri quadrati con piantagioni di eucaliptus, pini marittimi e pioppi a fare da argine contro le raffiche di vento per proteggere le colture.
Stefano Galetto, presidente della commissione, ha spiegato i motivi dell'incontro:
"Le fasce frangivento costituiscono un limite, un argine agli eventi climatici calamitosi che si abbattono sulla costa laziale. In particolare, nella provincia di Latina si trova circa il 95% delle fasce frangivento della Regione, costituendo oramai anche un simbolo distintivo per quel territorio. Il problema attuale riguarda la gestione e la manutenzione di questi terreni vitali per l'equilibrio del sistema ambientale. La Regione non ha le risorse economiche per provvedere a tutti gli interventi necessari alla tutela e alla cura di migliaia e migliaia di alberi. Occorre pensare a un coinvolgimento dei privati, attraverso un meccanismo di alienazioni vincolate ad azioni di manutenzione e gestione delle fasce frangivento".
Galetto ha annunciato che presentera' una proposta di legge di modifica alla legge regionale n. 22 del 1995, "per rendere - ha spiegato - piu' snelle e meno burocratiche le procedure di alienazione gia' previste dalla legge,

Ad oggi tali procedure sono le seguenti:
Domanda da presentare a:
Regione Lazio - Dip. Programmazione Economica e Sociale - Dir. Reg. Programmazione Economica, Bilancio, Demanio e Patrimonio - Area Politiche di Ottimizzazione Beni Demaniali DB 21-10.

Passiamo ad un esempio concreto di cui siamo venuti a conoscenza: 
Oggetto: Richiesta di concessione di servitù di passaggio per attraversamento fascia frangivento di proprietà regionale per la realizzazione di n. 1 accesso carrabile in Comune di.........(LT) Via ........
In pratica si tratta di una richiesta per entrare in casa propria, casa con tutti i documenti di concessione edilizia in regola DOCUMENTABILI.
Dovrebbe essere ovvio che, se io cittadino ho una casa in regola, costruita più di dieci anni fa e recentemente acquistata con regolare rogito notarile (se non fosse stata in regola le recenti normative ne impedirebbero il passaggio di proprietà), debba anche poterci entrare.
La richiesta di poter costruire l'accesso alla  casa è stata presentata dalla precedente proprietaria il 23/10/2012: quasi un anno fa!!! 
L'acquirente e nuovo proprietario ha presentato tramite un tecnico, come richiesto dalla Legge, la richiesta di voltura della pratica a suo nome.
L'ufficio preposto per "l'alienazione delle fasce frangivento" ha chiesto quasi un anno fa la seguente documentazione:
1) Copia N.O. relativo alla tutela del vincolo idrogeologico rilasciato dalla Provincia di Latina (documento ottenuto e presentato)  
2) Copia parere favorevole del Consorzio Bonifica dell'Agro Pontino (documento ottenuto e presentato)
3) Copia del certificato di destinazione urbanistica del terreno con allegata dichiarazione del tecnico incaricato che non sono cambiate le prescrizioni riportate nel certificato (documento ottenuto e presentato)
4) Relazione sullo stato dei luoghi, con asseverazioni richieste (documento ottenuto e presentato)
5) N. 3 planimetrie con la rappresentazione dell'area da asservire e del fondo retrostante (documento ottenuto e presentato)
6) Copia Atti di Compravendita (documento ottenuto e presentato) 

QUESTA DOCUMENTAZIONE OTTENUTA FATICOSAMENTE DAI VARI ENTI E' STATA PRESENTATA DAL TECNICO IL 23 LUGLIO 2013 ALL'UFFICIO SOPRA RIPORTATO DELLA REGIONE LAZIO PER IL RILASCIO DEL DOVUTO NULLA OSTA.
IL FUNZIONARIO RINVIAVA DI UN MESE TALE RILASCIO.
TRASCORSO IL MESE, INVECE DEL PERMESSO CHIEDEVA UN NUOVO DOCUMENTO (PERCHE' NON E' STATO RICHIESTO PRIMA? MISTERO!): CHIEDEVA L'INTEGRAZIONE DELLA DOCUMENTAZIONE RICHIESTA UN ANNO FA DI "AUTOCERTIFICAZIONE DI NON ESSERE INTERDETTO DAI PUBBLICI UFFICI, DI NON ESSERE PREGIUDICATO, DI NON AVERE CARICHI PENALI PENDENTI". 
Per fortuna il richiedente ha tutti i requisiti richiesti e firma l'autocertificazione che il tecnico tornando in Regione presenta: ma questo sposta il rilascio del permesso di quasi 2 mesi nel futuro!

Mi chiedo, qualora questo signore non avesse avuto i requisiti tardivamente richiesti con autocertificazione, egli non poteva entrare a casa sua?
Spiego: la fascia frangivento altro non è che la cunetta per lo scolo delle acque di impluvio della via e un filare degli eucalipti che fece piantare Mussolini.
Informo: molti cittadini, da me interrogati, hanno detto di aver costruito i loro "passetti di entrata" alle loro case senza alcun permesso!! E stanno lì da decine di anni!!


Follia burocratica che consente l'abuso e forse lo incentiva?

Aggiungo a codeste informazioni che la precedente proprietaria della casa dell'esempio concreto qui riportato ha dovuto pagare circa euro 1000 al momento della richiesta di poter costruire l'accesso alla  casa medesima.
Il nuovo proprietario ha dovuto comperare euro 200 di Marche da bollo (ANCORA CON QUESTO SISTEMA BORBONICO DELLE MARCHE DA BOLLO!!!) e firmare finalmente il contratto nell'ufficio, coperto di carte e di pratiche, della Regione!
Il contratto in tre copie, ogni copia composta di 10 fogli, ha richiesto circa 30 firme che il cittadino ha dovuto apporre.
Ma non è finita qui!!
Tale contratto deve andare alla firma di 2 Direttori, infine il contratto (immagino una copia) deve andare all'interessato che lo presenterà al Comune dove ha la casa e potrà presentare la DIA per costruire il passetto di entrata a casa sua dalla strada comunale al suo cancello! Ma non subito! Deve aspettare 30 giorni!

Ora credo che qualsiasi cittadino europeo o investitore straniero fuggirebbe orripilato da tanta follia!
A fronte di un mare di scartoffie che opprimono il cittadino e ne ritardano gli scopi, che producono lavoro per altrettanti burocrati, anch'essi oppressi dai vari passaggi imposti da leggi e regolamenti farraginosi fino alla follia, la gente per sfuggire non sta in regola!
E' tutto un abuso e gli Enti preposti non controllano nulla!

Avevo segnalato questo problema a Davide Barillari, anche mio rappresentante in Consiglio Regionale Lazio, Presidente Gruppo consiliare MoVimento 5 Stelle Regione Lazio, ma forse oppresso da tanti problemi ha letto superficialmente quanto gli documentavo e mi ha risposto che era un problema "di competenza del municipio", quando è evidente che di Regione si parla. Gli invio questo post quale ulteriore documentazione di una burocrazia che va cambiata.

La Giunta Marrazzo aveva varato il seguente regolamento nel 2008:
http://www.regione.lazio.it/http://www.regione.lazio.it/

Regolamento regionale 3 settembre 2008, n. 15
BUR 13 settembre 2008, n. 34
Disposizioni attuative e integrative della legge regionale 2 maggio 1995, n. 22 (Definitiva sistemazione delle fasce frangivento in Agro Pontino) e successive modifiche.
CAPO I
Disposizioni generali
ART. 1
(Oggetto e ambito di applicazione)
1. Il presente regolamento detta norme attuative ed integrative della legge regionale 2 maggio 1995, n. 22 (Definitiva sistemazione delle fasce frangivento in Agro Pontino) e successive modifiche relative alle cessioni e alle alienazioni delle fasce frangivento, ivi comprese le modalità per la stima del valore del suolo e del soprassuolo, nonché alle concessioni di servitù di passaggio sulle fasce stesse.
2. I beni oggetto del presente regolamento sono costituiti dai terreni destinati a fasce frangivento in Agro Pontino ubicati sia all’interno dei perimetri urbani come definiti dagli strumenti urbanistici vigenti nei singoli comuni, sia in zone agricole o, comunque, all’esterno degli stessi perimetri urbani.
3. I terreni già destinati a fasce frangivento ubicati in zone agricole o, comunque, all’esterno dei perimetri urbani dei singoli comuni, possono essere alienati soltanto qualora abbiano perso la specifica funzione per carenza di alberature di eucaliptus e/o conifere radicate sui terreni stessi, ovvero per la loro irreversibile trasformazione conseguente ad occupazione senza titolo o per l’eccessiva onerosità del ripristino dell’originaria funzione del bene. 
ART. 2
(Vincoli di tutela e norme relative alla gestione e all’utilizzazione delle fasce frangivento )
1. Sui terreni destinati a fasce frangivento che non abbiano perso la loro specifica funzione, ancorché utilizzati, a qualsiasi titolo da altri soggetti pubblici o privati, gravano i vincoli idrogeologico, forestale nonché paesaggistico e ambientale ai sensi delle disposizioni vigenti in materia.
2. La gestione delle fasce frangivento è disciplinata dall’articolo 59 del regolamento regionale 18 aprile 2005 n. 7 (Regolamento di attuazione dell’articolo 36 della legge regionale 28 ottobre 2002, n. 39 “Norme in materia di gestione delle risorse forestali”).
3. Le fasce frangivento che restano di proprietà della Regione sono gestite dal Consorzio di bonifica dell’Agro Pontino, di seguito denominato ente gestore, ai sensi dell’articolo 7 quater della l.r. 22/1995 e successive modifiche.
4. Nelle fasce frangivento di proprietà regionale, la ceduazione e la manutenzione straordinaria sono eseguite dall’ente gestore sulla base del piano di manutenzione adottato ai sensi dell’articolo 59, comma 3, del regolamento regionale 18 aprile 2005, n. 7 (Regolamento di attuazione dell’articolo 36 della legge regionale 28 ottobre 2002, n. 39 “Norme in materia di gestione delle risorse forestali”).
5. L’utilizzazione da parte di terzi delle fasce frangivento deve garantire la migliore conservazione e funzionalità del sistema frangivento impiantato a difesa del territorio nel rispetto di quanto contenuto nel piano di manutenzione di cui al comma 4.
6. Le funzioni di controllo e di vigilanza sull’esecuzione degli interventi di taglio e sul rispetto del piano di manutenzione sono svolte dal Corpo forestale dello Stato, competente per territorio. 
7. In caso di opposizione, il taglio è eseguito dall’ente gestore in danno del soggetto inadempiente, detratto il valore del legnatico. 
8. Al fine della tutela delle fasce frangivento, in presenza di abusi o violazioni alle vigenti disposizioni in materia, il direttore della direzione regionale competente in materia di demanio e patrimonio, di seguito denominato direttore competente, con proprio provvedimento da notificare agli interessati, intima il ripristino della legittima utilizzazione indicando i successivi adempimenti dell’amministrazione regionale in caso di inosservanza del provvedimento di intimazione.
CAPO II
Cessioni e alienazioni
ART. 3
(Cessioni e alienazioni di fasce frangivento)
1. I terreni destinati a fasce frangivento rientranti, comunque, all’interno dei perimetri urbani come definiti dagli strumenti urbanistici vigenti sono, prioritariamente, ceduti a titolo gratuito ai comuni, qualora gli stessi abbiano già inoltrato richiesta alla Regione ai sensi dell’articolo 541, comma 3, del regolamento regionale 6 settembre 2002, n.1 (Regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi della Giunta regionale), nel termine perentorio ivi previsto, ovvero alienati a titolo oneroso secondo il seguente ordine di priorità:
a) ai comuni che non abbiano già inoltrato richiesta con le suddette modalità;
b) ai frontisti;
c) ai confinanti.
2. I terreni relativamente ai quali ricorrono le condizioni di cui all’articolo 1, comma 3, possono essere alienati ai soggetti di cui al comma 1 secondo l’ordine di priorità ivi previsto.
ART. 4
(Modalità di presentazione delle richieste)
1. Le richieste di alienazione devono essere presentate alla direzione regionale competente in materia di demanio e patrimonio, di seguito denominata direzione competente, nonché all’ente gestore.
2. Alle richieste dei frontisti e dei confinanti, contenenti le generalità del richiedente nonché, relativamente alle persone giuridiche, del legale rappresentante con i relativi poteri contrattuali, è allegata la dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa) e successive modifiche, che attesti:
a) relativamente alle persone fisiche, la data e il luogo di nascita, la cittadinanza, il codice fiscale, il luogo di residenza e l’ attività esercitata;
b) relativamente alle persone giuridiche :
1) la denominazione dell’impresa, la sede legale, l’iscrizione nel registro delle imprese presso le competenti camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ovvero presso i registri professionali dello stato di provenienza, con l’indicazione della specifica attività d’impresa e della forma giuridica , nonché, limitatamente alle cooperative o ai consorzi di cooperative, la regolare iscrizione nel registro prefettizio- schedario generale della cooperazione- con l’indicazione dei relativi dati;
2) la data e il luogo di nascita nonché la residenza dei legali rappresentanti.
3. La dichiarazione sostitutiva di cui al comma 2 deve, altresì, attestare che il soggetto richiedente:
a) non versi nelle condizioni che comportano l’applicazione della sanzione interdittiva di cui all’articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo11 della L. 29 settembre 2000, n. 300) o altra sanzione cui è connesso il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione;
b) non abbia riportato sentenze di condanna passate in giudicato, o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale;
c) non abbia riportato condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un’organizzazione criminale, di corruzione, di frode o riciclaggio;
d) non abbia alcun procedimento pendente per l’applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all’articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e la pubblicamoralità) e successive modifiche o di una delle cause ostative previste dall’articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro la mafia) e successive modifiche.
4. Le richieste di cessione o di alienazione devono essere, altresì, corredate:
a) dell’esatta individuazione del terreno interessato con allegata una planimetria (C.T.R.) nella quale sono riportati i vincoli di cui all’articolo 2, comma 1;
b) dei dati identificativi catastali ( foglio/i, particella/e, subalterno/i);
c) della relazione sullo stato dei luoghi;
d) della relazione tecnica illustrativa sulla destinazione d’uso del terreno interessato;
e) del certificato di destinazione urbanistica;
f) dell’attestazione dell’avvenuto pagamento delle spese di istruttoria determinato in modo forfettario nella misura di euro 150,00, da versare sull’apposito conto corrente intestato alla Regione Lazio.
5. Le richieste presentate alla Regione anteriormente alla data di entrata in vigore del presente regolamento devono essere integrate con la documentazione di cui al presente articolo, qualora non risulti già acquisita agli atti, e copia delle stesse è trasmessa all’ente gestore.
ART. 5
(Istruttoria e definizione del procedimento )
1. Le richieste di cessione o alienazione sono istruite dalla direzione competente, previa verifica e relazione formale in ordine allo stato dei luoghi, con particolare riferimento all’accertamento delle condizioni di cui all’articolo 1, comma 3, da parte dell’ente gestore. Il responsabile del procedimento verifica la completezza della documentazione e assegna un termine non inferiore a quindici giorni e non superiore a quarantacinque giorni per la eventuale regolarizzazione della stessa, pena la non ammissibilità della richiesta.
2. Entro centoventi giorni dalla data di acquisizione della relazione formale di cui al comma 1, il direttore competente dispone la cessione o l’alienazione, che avvengono nello stato di fatto e di diritto in cui si trova il terreno stesso, ivi comprese le alberature, nonché nel rispetto dei vincoli di cui all’articolo 2, comma 1, ove esistenti. Il suddetto termine è sospeso in caso di richiesta di integrazione della documentazione ai sensi del comma 1.
ART. 6
(Stima del valore del suolo e del soprassuolo)
1. Ai fini dell’alienazione, la stima del valore del suolo e dell’eventuale soprassuolo del terreno è effettuata, mediante apposita perizia, dall’ente gestore con riferimento ai valori correnti di mercato dei beni con caratteristiche analoghe.
2. Il prezzo di stima, determinato ai sensi del comma 1, si intende al netto degli oneri fiscali, che sono comunque a carico dell’acquirente analogamente alle spese tecniche e alle spese contrattuali.
3. Il prezzo di stima è indicato nelle entrate del bilancio regionale di previsione relativo all’esercizio nel quale si prevede di realizzare l’alienazione.
CAPO III
Concessioni di servitù di passaggio
ART. 7
(Rilascio delle concessioni di servitù di passaggio)
1. Le concessioni di servitù di passaggio sono rilasciate a favore dei richiedenti sui terreni relativamente ai quali ricorrono le condizioni di fatto previste negli articoli 1051, 1052, 1054, 1056 e 1057 del codice civile. L’ampiezza della servitù da concedere è valutata, di volta in volta, in funzione della tipologia della strada da cui si accede e, comunque, nel rispetto di quanto previsto dal codice della strada.
2. La costituzione della servitù deve tener conto di eventuali diritti di terzi e di vincoli di qualsiasi natura e non può, in alcun caso, confliggere con il perseguimento dell’interesse pubblico primario per cui il bene è destinato e il rilascio della concessione è subordinato alla salvaguardia della barriera frangivento nonché al rispetto del codice della strada relativamente agli attraversamenti.
3. Le istanze dei privati, persone fisiche o giuridiche, sono presentate alla struttura competente nonché all’ente gestore.
4. Alla domanda sono allegati:
a) la dichiarazione sostitutiva ai sensi del d.p.r. 445/2000 e successive modifiche con le attestazione di cui all’articolo 4, commi 2 e 3;
b) il nulla osta relativo alla tutela del vincolo idrogeologico rilasciato dalla provincia di Latina;
c) il parere favorevole rilasciato dall’autorità competente nel caso di aree soggette a rischio idraulico;
d) il parere favorevole dei soggetti competenti relativamente agli altri eventuali vincoli di cui all’articolo 2, comma 1;
e) il certificato di destinazione urbanistica;
f) la relazione sullo stato dei luoghi corredata da planimetria in opportuna scala con l’individuazione del terreno interessato, percorso della servitù e della superficie da asservire nonché dei vincoli gravanti sul terreno;
g) i dati identificativi catastali ( foglio/i, particella/e, subalterno/i);
h) la relazione tecnica illustrativa della destinazione d’uso del terreno richiesto, corredata da elaborati grafici in opportuna scala delle opere da realizzare;
i) la quietanza comprovante l’avvenuto pagamento dell’importo forfetario ai sensi dell’articolo 9.
5. Le istanze già presentate alla data di entrata in vigore del presente regolamento devono essere integrate con la documentazione di cui al comma 4, ove la stessa non sia stata già acquisita agli atti.
6. L’atto di concessione è adottato dal direttore competente entro novanta giorni dalla data di presentazione della richiesta e stabilisce:
a) la durata della concessione che non può, comunque, superare i venticinque anni;
b) l’uso per il quale il bene viene concesso;
c) le condizioni per la conservazione in buono stato del bene concesso e per l’esercizio delle attività cui è destinato;
7. E’ in facoltà dell’amministrazione regionale e dell’ente gestore effettuare controlli, verifiche e sopralluoghi in qualunque momento.
8. Il trasferimento della titolarità della concessione è subordinato ad autorizzazione del direttore competente rilasciata su richiesta del subentrante, corredata della dichiarazione sostitutiva, ai sensi del d.p.r. 445/2000 e successive modifiche, con le attestazione di cui all’articolo 4, commi 2 e 3 nonché della relazione tecnica di cui al comma 4, lettera h), del presente articolo nel caso di mutamento della destinazione d’uso del terreno.
ART. 8
(Rilascio delle concessioni di servitù di passaggio in sanatoria)
1. I soggetti di cui all’articolo 7 ter, comma 1, della l.r. 2/1995 e successive modifiche sono tenuti a regolarizzare la propria posizione presentando domanda di concessione a sanatoria alla direzione competente nonché all’ente gestore entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento.
2. Al procedimento di rilascio delle concessioni in sanatoria di cui al presente articolo si applicano le disposizioni di cui all’articolo 7.
3. In caso di mancata presentazione dei pareri favorevoli relativi ai vincoli idrogeologico nonché paesaggistico e ambientale, la Regione incamera le somme versate a titolo di risarcimento dei danni, con riserva di conguaglio in aumento, per l’utilizzo senza titolo ed espleta l’azione di rivendica del tratto di fascia frangivento occupata abusivamente con ripristino dello stato dei luoghi a cura e spese dell’occupante.
ART. 9
(Importi forfettari)
1. Ai fini del rilascio della concessione ai sensi dell’articolo 7, il richiedente è tenuto a versare alla Regione un importo forfettario, comprensivo dei diritti di istruttoria, pari a euro 35,00 per mq.
2. Ai fini del rilascio della concessione in sanatoria ai sensi dell’articolo 8, il richiedente e tenuto a versare alla Regione un importo forfettario, comprensivo dei diritti d’istruttoria, pari a:
a) euro 100,00 per mq, qualora l’utilizzo senza titolo del terreno abbia avuto inizio anteriormente al 31 dicembre 1994;
b) euro 75,00 per mq, qualora l’utilizzo senza titolo del terreno abbia avuto inizio nel periodo ricompreso tra il 1° gennaio 1995 e il 31 dicembre 2000;
c) euro 50,00 per mq, qualora l’utilizzo senza titolo del terreno abbia avuto inizio nel periodo ricompreso tra il 1° gennaio 2001 e il 31 dicembre 2007.
3. Gli importi dovuti ai sensi dei commi precedenti possono essere ripartiti in:
a) due rate annuali per importi fino a euro1.500,00;
b) tre rate annuali per importi superiori a euro 1.500,00.
4. Nel caso di versamento rateizzato ai sensi del comma 3, le rate successive alla prima sono maggiorate di un tasso d’interesse pari al prime rate vigente alla data del versamento stesso.
5. Relativamente alle servitù di passaggio di cui all’articolo 1056 del codice civile e alla normativa di settore ad esso collegata, si applicano i canoni o le indennità previsti dalla normativa stessa.
ART. 10
(Decadenza e revoca della concessione)
1. Costituiscono causa di decadenza della concessione:
a) la destinazione d’uso del bene diversa da quella concessa;
b) il mancato rispetto, grave e reiterato, delle condizioni o prescrizioni contenute in disposizioni legislative, regolamentari o nell’atto di concessione della servitù;
c) il subentro non autorizzato nella titolarità della concessione.
2. Il responsabile del procedimento comunica all’interessato l’avvio del procedimento preordinato al provvedimento di decadenza, assegnando un termine, non inferiore a trenta giorni per le eventuali controdeduzioni.
3. Qualora sia perpetrato dal concessionario della servitù un danno nei confronti della fascia frangivento o delle alberature ivi esistenti, il concessionario stesso è tenuto al risarcimento dei danni nei confronti dell’amministrazione regionale.
4. La concessione può essere revocata, con provvedimento del direttore competente, in qualunque momento per sopravvenute ragioni di pubblico interesse o, comunque, al verificarsi degli eventi che ne avrebbero determinato il diniego.
CAPO IV
Disposizioni finali
ART. 11
(Disposizione transitoria relativa alla gestione delle fasce frangivento)
1. Nelle more dell’adozione del piano di manutenzione di cui all’articolo 2, comma 4, in tutte le fasce di proprietà pubblica e privata, gli interventi di taglio, quali ceduazioni o manutenzione straordinaria, sono eseguiti nel rispetto dell’articolo 59, comma 2, del r.r. 7/2005 e la relativa autorizzazione è rilasciata dai comuni interessati, per superfici d’intervento fino a 3 ettari, e dalla provincia di Latina per superfici d’intervento superiori a 3 ettari, previa acquisizione dei pareri relativi ai vincoli gravanti sul terreno.
ART. 12
(Entrata in vigore)
1. Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione Lazio.
Strada con fascia frangivento

  




Ha ragione Grillo a non fidarsi?

Dal blog di Beppe Grillo
Ieri il presidente dei partiti (in quanto eletto dai loro nominati) Giorgio Napolitanoha detto che il M5S ha un chiodo fisso e se ne frega dei problemi della gente e del Paese in merito alla sua proposta di indulto e amnistia per liberare le carceri. Il sospetto che questo appello avvenga per salvare Berlusconi e una miriade di colletti bianchi è lecito. Le lacrime napulitane versate per coloro che sono detenuti sono sospette da parte di chi è parte fondante di questa classe politica dal 1953 ed è ora nel suo ottavo anno di presidenza. Le carceri sono piene perché molte sono inutilizzate, perché leggi inutili e dannose come la Fini-Giovanardi sono in vigore, perché i cittadini extracomunitari e comunitari detenuti non vengono mandati nel loro Paese a scontare la pena. Cosa ha fatto su questi punti, signor Presidente? Con quale urgenza si è mosso in questi anni? Si è svegliato ora con una soluzione che non risolve nulla perché la maggior parte di chi verrà scarcerato in pochi mesi tornerà in galera, ruberà ancora, minaccerà ancora, si macchierà degli stessi reati. E il richiamo per i delinquenti degli altri Paesi diventerà una sirena irresistibile: "In Italia si può fare ciò che si vuole: passaparola!". Il M5S ha presentato a luglio una proposta per la riforma delle carceri. Nessuna risposta. C'erano le vacanze in Alto Adige, signor Presidente? Il blog ha denunciato con filmati, inchieste, interviste le morti in carcere in questi anni. Lei dov'era, signor Presidente? Il blog ha prodotto un libro sugli orrori delle carceri italiane, "La pena di morte italiana", violenze e crimini senza colpevoli nel buio delle carceri, lei lo ha letto, signor Presidente? Sa per caso chi è Niki Gatti, ilragazzo morto in carcere, signor Presidente? Il M5S ha chiesto più voltel'introduzione del reato di tortura non previsto nel codice penale, unico caso tra le nazioni occidentali, ne era a conoscenza, signor Presidente? Lei sa meglio di chiunque che l'amnistia e l'indulto non risolvono il problema delle carceri e aggraveranno i conflitti sociali come è successo con l'indulto del 2006 del mancato carcerato Mastella. Perché lo fa allora, signor Presidente? Lei dovrebbe essere super partes e non lo è quando attacca il M5S, che rappresenta otto milioni e mezzo di italiani, che ha restituito i finanziamenti elettorali, che si è tagliato gli stipendi, che sta ogni giorno nel Paese e tra la gente al contrario del Palazzo che lei rappresenta, signor Presidente. Si è vero, abbiamo un chiodo fisso, quello dell'onestà, e non lo baratteremo con nessuno. Su questo lei ha ragione, signor Presidente. Noi non molleremo, si metta l'animo in pace. Ccà nisciuno è fesso.

Da questo blog ripubblico il mio post dell' 8 gennaio 2013

Le nostre tasse pagano i detenuti


Da: La Stampa.it 08/01/2013 

Sovraffollamento delle carceri - Strasburgo condanna l’Italia


La Corte europea dei diritti umani dà ragione a sette detenuti di Busto Arsizio e Piacenza: «Diritti violati,
a disposizione meno di tre metri quadrati». Lo Stato dovrà pagare 100 mila euro per danni morali
STRASBURGO
L’Italia condannata dalla Corte Europea dei diritti umani per lo stato delle proprie strutture carcerarie. I giudici di Strasburgo hanno stabilito, all’unanimità, che sette detenuti - tre nel carcere di Piacenza e quattro in quello di Busto Arsizio - costretti in celle troppo anguste (3 metri quadri) e in una generale situazione di sovraffollamento, dovranno essere risarciti per danni morali, per un ammontare complessivo di 100 mila euro, perché vittime di trattamento inumano e degradante. Ma la decisione va oltre i casi singoli esaminati. Quella di oggi, infatti, è una sentenza-pilota. In sostanza Strasburgo riconosce che negli istituti di pena italiani c’è ormai un problema strutturale di sovraffollamento e per questo chiede alle autorità italiane di mettere in campo entro un anno soluzioni adeguate per invertire la tendenza e garantire che le violazioni non si ripetano. In quest’arco di tempo la trattazione dei ricorsi pendenti su questo fronte - che sono centinaia e in continuo aumento - resterà sospesa. Poi - avverte Strasburgo - scatteranno procedure analoghe a quella decisa oggi. Un impegno, quindi, anche per il governo e il parlamento che usciranno dalle prossime elezioni. 

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Avevo sentito la notizia dalla mia autoradio mentre tornavo a casa dalla spesa.
Mi spiace per i garantisti, ma trovo ingiusto che, spremuti dalle tasse come siamo, dobbiamo dare tanti bei soldi a chi, se sta in carcere, si suppone che tanto bene non si è comportato.
Ho l'impressione che questa nostra società europea garantisca di più chi vive in modo scorretto e disonesto che chi lavora (quando lavora) con sacrificio e paga le tasse, senza nuocere a nessuno.
Ho smesso di vedere trasmissioni come "Report" o "Striscia la notizia" perché era un continuo documentarci come i nostri soldi sono stati buttati per opere lasciate a metà ed in rovina...
Fra queste ricordo edifici che erano carceri, mai completate...
Potrebbe la magistratura iniziare ad indagare su chi, pubblico amministratore, politico, ha buttato i nostri soldi per lasciare poi incompiuto ed in rovina questo e quel carcere? Si potrebbe chiedere a costoro un risarcimento per danno erariale o altra imputazione? Nel nostro ordinamento giudiziario c'è il modo per fargliela pagare con i loro beni personali? Perché dobbiamo pagare sempre noi che siamo i danneggiati?

Finché la soluzione di ogni sciattume nella conduzione dello Stato sarà farlo pagare ai contribuenti... non avremo mai uno Stato democratico, ma uno stato irresponsabile che fa pagare la propria dissennatezza ai soliti senza diritti, ma con il dovere di pagare sempre e comunque per gli errori altrui. 

Storie di carceri e dintorni...
Sprechi Il commissario: sto per dimettermi. 
Il sindaco: aspettiamo i fondi 
Calabria, il carcere fantasma chiuso perché manca la strada 
Per costruirlo è costato 90 milioni €. 
Per custodirlo vuoto altri 2,5 milioni € l’anno. 


 Una veduta del nuovo carcere di Reggio Calabria, ancora non aperto perché manca una strada d'accesso.

(A. Sapone)


REGGIO CALABRIA — Mentre la maggior parte delle carceri italiane è sul punto di esplodere a causa del sovraffollamento, a Reggio Calabria c’è un penitenziario nuovo e completamente vuotose si esclude il custode. Fatto e finito, pronto ad ospitare fino a 300 reclusi, ma mai utilizzato. Terminato nel 2005 è costato, «più di 90 milioni di euro». 

Ci sono i muri di cinta e le torrette di sorveglianza con l'impianto di aria condizionata;
i blocchi detentivi a tre piani con le celle, da 2 a 6 detenuti, larghe «anche 30 metri quadri» dotate di tv a colori.
Ci sono le telecamere a circuito chiuso dell'impianto di sorveglianza,
le scrivanie e i computer negli uffici amministrativi. 

E allora, proprio quando il vecchio penitenziario reggino di San Pietro strabocca di esseri umani, perché non apre il nuovo carcere di contrada Arghillà?
Manca la strada.


La strada di accesso al carcere di Arghillà, periferia Nord di Reggio, non esiste.
Meglio, esiste un tortuoso sentiero asfaltato che passa tra i vigneti della zona, un percorso ritenuto «non idoneo per il trasporto dei detenuti» dall’amministrazione penitenziaria. E per fare la strada vera e propria, l’allacciamento che dovrebbe collegare la struttura carceraria alla tangenziale e dunque allo svincolo della Salerno-Reggio Calabria, non ci sono i soldi.


 Il cancello di ingresso del carcere (A. Sapone)

In più, manca l’impianto di raccolta acque..
«Una telenovela che non si sa quando finirà », commenta Paolo Quattrone Provveditore regionale della amministrazione penitenziaria; «Quest’opera è come un bambino non voluto», dice sconsolato Mario Nasone direttore dell’Ufficio esecuzione penale esterna di Reggio Calabria. «Sono demoralizzato dalla miopia della classe politica locale.
Arghillà non è solo un carcere necessario, ma, con i circa 200 posti di lavoro che creerebbe una volta in funzione, per Reggio rappresenterebbe una sorta di piccola Fiat», dice Nasone. La storia del penitenziario fantasma inizia nel 1988 quando l’allora sindaco Italo Falcomatà individuò l’area dove realizzare l’opera. Nel 1993 fu indetta la gara d'appalto vinta da un consorzio (CMC di Ravenna e Pizzarotti di Parma).

Lavori iniziati, fermati, proseguiti, rifermati da intoppi burocratici ma, faticosamente, il carcere di Arghillà ha preso forma e inghiottito finanziamenti. Per tentare di sbloccare la situazione il 1 dicembre 2006 è stato nominato Commissario straordinario per il completamento dei lavori il presidente dell’Autorità portuale di Gioia Tauro, Giovanni Grimaldi. Che ora minaccia le dimissioni: «Mancano ancora 20 milioni di euro per completare l’opera, il 30 ottobre ho scritto la quarta protesta. Sono pronto a dimettermi». Il sindaco di Reggio Calabria Giovanni Scopelliti (An) constata che il carcere è «una delle tante incompiute, ma la competenza è dei ministeri, Infrastrutture e Giustizia. So che il presidente Berlusconi è informato».
Roberto Rizzo
11 novembre 2008
Corriere della Sera
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giovedì 13 novembre 2008 11:23
CARCERI: OCCHIUTO (UDC), GOVERNO CHIARISCA SU PENITENZIARIO DI ARGHILLA'

(ASCA) - Cosenza, 11 nov - ''Giusto costruire nuove carceri, ma il Governo chiarisca,
innanzitutto, se e quando entreranno in funzione quelle gia' realizzate, ma ancora inspiegabilmente chiuse. 


Pur essendo terminati i lavori dal 2005, con una spesa di 90 milioni di euro, l'istituto penitenziario di Arghilla' di Reggio Calabria non e', infatti, ancora operativo, mentre nel resto d'Italia le carceri sono sul punto di esplodere per il sovraffollamento''.
Lo ha detto l'on. Roberto Occhiuto (Udc).

''La mancata apertura della struttura - dice Occhiuto - e' anche causa di pesanti ricadute sul piano occupazionale.

Nonostante la nomina di un commissario straordinariomancano i fondi per realizzare il collegamento del penitenziario alla tangenziale e allo svincolo della Salerno - Reggio Calabria''.
Occhiuto, in proposito, ha presentato un'interrogazione ai ministri della Giustizia e delle Infrastrutture e Trasporti, sottoscritta anche dai deputati Mario Tassone, Michele Vietti e Roberto Rao.

red/res/ss (Asca) 



 Il carcere incompiuto di arghillà

Nel cuore di Arghillà c’è una storia dimenticata. Quella del carcere compiuto solo sulla carta, in abbandono da circa tre anni, da quando tutto si è inspiegabilmente fermato.
Una storia lunga, che inizia nel 1989, quando il penitenziario ottiene i primi finanziamenti ma i lavori iniziano nel 1993. Costano 16 milioni di euro. 

Perché non si va avanti con i lavori necessari per l’attivazione della casa di detenzione? 
Nel primo governo Berlusconi erano stati trovati i fondi per la sua ultimazione tramite l’allora sottosegretario alla giustizia Giuseppe Valentino. In quell’occasione, il centro destra al potere aveva accusato il centro sinistra di non aver fatto niente negli anni precedenti. 
Ma ora tutte le buone intenzioni e tutti gli stanziamenti per il collegamento viario dove sono andati a finire?
Tra i muri del penitenziario è ormai cresciuta una folta vegetazione. 
E così mentre in Italia le carceri scoppiano, qui è tutto fermo.
I 300 posti per i reclusi sono rimasti sulla carta. 

Alessia Luccisano
Sabato 01 novembre 2008
www.reggiotv.it/news.php?categoria=1&id=4920 

300 posti costati, senza essere operativi, molto più di 300 posti in un Hotel di lusso!
Quale schifo! Ma avete intenzione di votarli questi...?