I telegiornali debbono dare le notizie in un tempo ristretto, breve, ma questa non è né può costituire una scusante a come vengono date. Si può, anche in un minuto, dire le cose in modo corretto e non necessariamente elusivo, superficiale, oppure fuorviante.
Mi ha colpito, fra mille brutte notizie, quella del suicidio di un ragazzino di quattordici anni dovuto, così hanno ripetuto i telegiornalisti, alla sua omosessualità e, subito, hanno legato tale triste evento all’urgenza della legge contro l’omofobia.
La superficialità nel dare le motivazioni di una omosessualità certa, usandola poi come precipitoso pretesto per spingere su una legge che sottolineerebbe ancora di più la condizione della persona omosessuale come “particolare”, fa parte di quel giornalismo diseducativo volto a formare un pensiero di massa rozzo e dunque scorretto.
Come si fa a dire con assoluta certezza che il quattordicenne che si è gettato dalla terrazza di un condominio “era omosessuale”. Non basta certo il fatto che egli l’abbia scritto, che egli lo temesse, anzi, ne fosse certo.
A quella età non si può essere certi di nulla, dunque il modo corretto di dare la notizia è: “Si è ucciso lasciando un biglietto in cui ha scritto di essere omosessuale”. Per poi commentare brevemente: “Timore che poteva essere legato alle incertezze tipiche della pubertà che si affaccia all’adolescenza.”
Ma come si fa a bollare questo sventurato giovanissimo suicida dando per certa la sua temuta e presunta condizione sessuale? Come si fa ad utilizzarla con rozzo realismo per una legge inutile di cui tanto si parla per le solite ragioni demagogiche?
Lui era convinto di esserlo omosessuale, ma chi può dire che lo fosse veramente? Chi può dire che non fosse influenzato dal gran parlare che di questa condizione si fa? Chi può dire che semplicemente si sia smarrito in una crisi adolescenziale che nessuno ha capito? Chi può non riflettere che egli poteva essere soltanto un ragazzino insicuro di sé, che doveva ancora trovarsi, e che gli stimoli sciocchi e superficiali di coetanei, che si affacciano anche loro sul mondo della sessualità senza capirci molto, possono averlo spinto ancora di più in un vicolo cieco di insicurezza?
Sta a chi pretende di svolgere un mestiere come quello dell’informazione, della comunicazione, la capacità di dire le cose in modo corretto, non fuorviante e soprattutto, ma l’asservimento a questa o a quella corrente politica rende questo aspetto più difficile, non utilizzando le notizie per spingere su cose che certa politica vuole imporre al pensiero collettivo.
In questo caso una legge fatta apposta per l’omofobia, quando esistono già leggi che puniscono ogni tipo di discriminazione e basta, volendo, solo aggiungere a quel reato una specifica in più!
Tante leggi e, nell’eccesso, nessuna giustizia.
Non c'è dunque certo da meravigliarsi se spesso leggiamo errori che danno conto della superficialità di chi dovrebbe informarci; ciascuno di noi, leggendo qualcosa di persone o ambienti che conosce da vicino, ride leggendo errori marchiani del giornalista penoso di turno: capita, ad esempio, che attribuiscano a persone, che sappiamo bene chi sono, titoli e ruoli che non sono i loro, scrivendo di fatto il falso. Ma che razza di informazione è dare un dato che è falso?
E' una non notizia.