‘giorni della
Memoria 2014’
tre Donne a
Ravensbrück
- a cura di ivano
ciccarelli -
“allenare la memoria e il
cervello è un mezzo per resistere”
(Lidia Beccaria
Rolfi)
“i macellai nazisti non
hanno la ‘grandezza’ dei demoni:
sono dei tecnici, si
somigliano e ci somigliano”
(Hannah
Arendt)
Quello che segue è un
collage dedicato alla memoria delle Donne tedesche, polacche,
cecoslovacche, rumene, greche, francesi, belghe, olandesi ed italiane deportate,
schiavizzate, torturate ed uccise nel primo campo di sterminio per sole donne
realizzato dai nazisti a Ravensbrück. Donne accusate di essere ebree, comuniste,
socialiste, religiose, zingare, lesbiche. Tutte, a modo loro, si opposero o non
collaborarono alla barbarie nazista del secolo
scorso.
Un collage
composto da brani tratti dalle testimonianze di tre
Donne:
Olga Benàrio
in Prestes.
Ebrea, comunista, già attiva nella Resistenza a Berlino; catturata in Brasile
sul finire del 1936, fu consegnata dal regime di Vargas alle SS; arrivò a
Berlino incinta di cinque mesi, così che nella prigione femminile della Gestapo
nacque Anita; allattata per i primi sei mesi, gli fu poi tolta ed affidata alla
nonna paterna; internata nel lager di Lichtenburg, poi è tra le prime a
Ravensbrück dove restò per 6anni, morì che ne aveva 34, nel febbraio 1942 in una
camera collettiva a gas di Bernburg.
Lidia
Beccaria in Rolfi. (Mondovì, 08.04.1925 - 17.01.1996),
figlia di contadini, a 18anni contribuì alla Resistenza, l’anno dopo, nel 1944,
fu arrestata e deportata a Ravensbrück assieme ad altre tredici donne. Rimase
nel Lager sino al 26 aprile 1945. Da donna libera, in Italia, insegnò nelle
scuole e divenne scrittrice. Testimone contro ogni negazionismo e critica contro
chi identificava la Resistenza nella sola esperienza della lotta
armata.
Maria Arata
in Massariello.
(Massa Carrara 14.12.1912 - Milano 12.02.1975) da giovane collaborò alla
Resistenza raccogliendo fondi per i partigiani del milanese e procurando
documenti falsi per ebrei e antifascisti. Nel luglio del 1944 viene arrestata ed
inviata dalle SS a Ravensbrück, liberata nell’aprile del 1945 dalle truppe
sovietiche. Da donna libera insegna nei licei. Poco prima di morire terminò il
suo libro di ricordi, tradotto nel 2005 anche in tedesco.
I
luoghi:
Ravensbrück, primo
Frauenkonzentrationslager. Situato sulla riva di un lago a nord di Berlino.
Aperto nel 1938, nel 1939 furono attivati 4 laboratori per la ‘vivisezione
umana’; - solo qui - furono internate ed immatricolate 130mila Donne - solo
qui - 92mila furono sterminate. Fu chiuso dall’esercito russo nel
1945.
Bernburg, villaggio a sud
di Berlino e sede di un nosocomio psichiatrico. Himmler nel 1939 lo trasformò in
laboratori per la vivisezione umana e sperimentazione delle prime ‘…camere a gas
per morte collettiva collegate ad altoforni per l’incenerimento dei corpi…’; in
quattro anni di attività - solo qui - sparirono più di 30mila deportati, in
prevalenza ebree, comuniste, religiose e bambini Rom provenienti da Ravensbrück.
Fu chiuso dalle truppe Alleate nel 1945.
Olga, Lidia e
Maria a Ravensbrück
Olga …l’ingresso del
campo è stretto tra un bosco di pioppi e un lembo del lago che sembra voler
invadere l’area edificata. A sinistra, su uno spiazzo sopraelevato, ci sono case
e alloggi in muratura per ufficiali della Gestapo, medici e infermiere delle SS.
Allineati ai lati, 6 blocchi nei quali abitano 600 soldati delle SS. Sullo
stesso lato, altri 12 capannoni ospitano il canile, l’arsenale e i magazzini. A
cinquecento metri da lì, a destra dell’entrata, sulla parte pianeggiante
dell’area, c’è il campo di concentramento: 60 enormi padiglioni in legno
costruiti simmetricamente uno dopo l’altro; 5 baracche molto più piccole, sempre
di legno e costruite più tardi per i deportati maschi; 20 baracconi in muratura
dove la Siemens gestisce i laboratori destinati ai beni per la guerra nazista
prodotti da manodopera reclutata tra noi deportate. Il Frauenkonzentrationslager termina con 13 camerate
in legno dove le SS tengono isolati i bambini divisi dalle madri,
prevalentemente Rom deportati o catturati durante i rastrellamenti. Sul sentiero
tra l’entrata principale e i padiglioni delle donne c’è il ‘bunker’, unico
edificio in muratura a due piani, dove ci interrogano, ci isolano e ci
torturano…
Lidia
…nessuna persona normale può immaginare l’aspetto
del campo di concentramento di Ravensbrück, un luogo concepito, studiato e
strutturato apposta per violentare la persona, per umiliarla, per distruggerla,
per renderla bestia…
Olga
…arrivai a Ravensbrück con le
prime 900 prigioniere; ci fecero allineare nel cortile; ci raparono tutte a
zero; un ufficiale ci chiamò una ad una consegnandoci divise a strisce grigie e
blu e fasce con triangoli numerati. Siamo classificate dal colore del triangolo:
azzurro per straniere, immigrate e apolidi; viola per le testimoni di Geova;
verdi per le comuni; neri per zingare, lesbiche e malate di mente; io e le altre
ebree, ne ricevemmo uno in più di color giallo in modo che, dalla
sovrapposizione capovolta di uno dei triangoli, si otteneva la stella di
David…
Maria
...il 30 giugno 1944
arrivarono le prime deportate italiane: 14 donne, tra i sedici e i
cinquant’anni, provenienti dalle Carceri Nuove di Torino. Tra loro Lidia
Beccaria Rolfi che aveva matricola 44140 e Anna Cherchi matricola
44145…
Olga
…molte di noi, a scaglioni, cominciarono a
partire su dei grossi pullman blu. Dopo un po’ tornavano indietro solo gli
indumenti pesanti, giacche gonne e cappotti che ci ordinavano di
redistribuire alle nuove arrivate. Tutte ci chiedevamo: dove sparivano queste
donne? Ci organizzammo e quelle che erano d’accordo, portarono con se pezzetti
di matita e foglietti di carta su cui scrivere i luoghi riconosciuti durante il
tragitto e che avrebbero poi infilato in un buchetto praticato negli orli di
gonne o cappotti. Dopo mesi riuscimmo ad intercettare qualche foglietto,
portavano tutti lo stesso nome:
Bernburg…
Lidia
…il
lavoro nel campo inizia nel momento in cui le deportate vengono svegliate dalla
sirena del campo e dura per tutto il giorno, interrotto soltanto dalla lunga
cerimonia dell’appello e dalle brevi pause per i pasti. La situazione è ancora
piu difficile per chi, come me, è una ‘verfügbar’, cioè una operaia disponibile.
Sono stata verfügbar per i primi cinque mesi di prigionia, in pratica una
verfügbar è un corpo reclutabile per lavori massacranti e inutili; scavare
fosse, scaricare battelli sul lago, affrescare vagoni, tagliar legna, pulire le
fogne ecc. ecc…
Olga
…per non impazzire nei pensieri ho trovato il
modo di scolpire degli scacchi nella mollica che, col tempo, racimolai nella
mensa della Siemenslager dove ci danno il pane di segale (…) con la fibbia
dei sandali ho graffiato una scacchiera sulle tavole del dormitorio e, giocando,
inganno il tempo, non penso. Fui scoperta e
punita…
Lidia
…per poter sopravvivere a Ravensbrück, occorreva
salire di almeno un gradino la scala sociale, occorreva affrancarsi dalla
condizione di sottoproletarie e diventare operaie; sopravvivere significa
lavorare nel Siemenslager, dentro una fabbrica, con orari di lavoro anche di 14
ore, un tetto sopra la testa e pasti migliori. Per questo un giorno ho rubato
una divisa a righe indispensabile per lavorare in
fabbrica…
Olga
…nel gennaio 1940 in un solo giorno la
popolazione raddoppiò. Da Polonia, Austria e Cecoslovacchia sono arrivate 2940
donne. Qualche mese dopo venne Himmler per passare in rassegna il campo, il
ricevimento fu allestito col massimo rigore. Mentre Himmler passava in rassegna
le truppe, da una baracca mai identificata e in perfetta lingua tedesca,
echeggiò: Heinricch Himmler non sei altro che un pederasta assassino!! Himmler
finì la rassegna, salì sull’enorme Daimler-benz nera e andò via col suo seguito.
Quando sparì le SS andarono in completa isteria, assalirono le baracche, ci
fecero uscire nude sulla neve ma nessuno confessò. Io, perché oltre che tedesca
e comunista, anche ‘jüdin’, ed altre, fummo punite per un mese intero nei
sotterranei del bunker…
Maria
…dopo di loro altre
deportate arrivarono a Ravensbruck. Un trasporto di 45 donne il 5 agosto, da
Verona, con prigioniere provenienti anche da Fossoli di Carpi. Tra queste
deportate, Nella Baroncini matricola 49553, con le sorelle Angelina, Iole e la
madre Teresa. Un altro trasporto arrivò l’11 ottobre da Bolzano. Il numero delle
deportate italiane è stimato in 110. Tra loro Mirella Stanzione matricola 77415
con la madre e Bianca Paganini matricola 77399 con la madre Amelia e la
sorella…
Olga
…dalla mensa della Siemenslager io e Kate,
un’olandese, rubavamo fette di pane e margarina che incartavamo in fogli dove
scrivevamo messaggi o poesie, i pacchettini li portavamo di notte alle donne
trattenute in infermeria per gli ‘esperimenti’, ci scoprirono e fummo
punite…
Lidia
…una mattina all’appello mi sono intrufolata
nelle colonne delle operaie stabili ma venni immediatamente scoperta dalle SS e
fui salvata da una deportata cecoslovacca che mi raccomandò al capo del
personale della Siemens e non fui neanche punita. Il giorno dopo all’appello fui
chiamata tra le operaie della ‘KolonneSiemens’, lo ero diventata a tutti gli
effetti e lo devo ad una cecoslovacca che neanche
conoscevo…
Olga
…le
uniche notizie dall’esterno giungevano con le nuove deportate che di volta in
volta arrivano a Ravensbrück (…) per fissarle, così da avere un minimo di
cognizione su come avanzava l’occupazione nazista e come si organizzavano
Resistenza e Alleati, con altre donne ci riunivamo di notte, ognuna portava
notizie che raccoglieva ovunque nel campo, poi con la matita si trascrivevano su
dei cartoncini rubati negli uffici della Siemenslager ritagliati e ricollocati
su di un ‘atlante’ composto a memoria (…) una spiata riportò alle SS
delle nostre riunioni e mi indicarono come responsabile, cercarono l’atlante che
Kate salvò sotto le vesti. Fui di nuovo punita in isolamento per tre
settimane…
Maria
…la prima vittima
italiana fu la madre di Marianna Murri – anch’essa deportatata a Ravensbruck da
Roma - morta nell’inverno 1944 di
polmonite…
Olga
…gli ‘esperimenti’ li conducono su donne
selezionate a caso per ‘seguire lo sviluppo del bacillo del tetano’, degli
stafilococchi e delle malattie veneree delle donne. Le iniezioni vengono
praticate sulle gambe per provocare infezioni, poi, nelle piaghe, introducono
schegge di legno e ferro. Senza anestesia per non ‘compromettere il carattere
scientifico degli esperimenti’. Ad altre scambiano e trapiantano gli arti.
Quando arrivarono gli uomini, cominciarono anche con loro, esponendo i testicoli
ai raggi X, poi asportati per esaminarli. Qualche ‘cavia’ sopravvive, la maggior
parte no…
Maria
…altri cinque trasporti
arrivarono dall’Italia, da Trieste e da Bolzano. Le deportate italiane
arrivarono in un momento particolare, proprio quando il campo era nel caos più
totale e estremamente popolato. Vennero destinate a lavori saltuari nei
‘kommand’ esterni, alla costruzione del nuovo lager destinato alle operaie della
Siemens, a tagliare legna, a costruire terrazzamenti, a spalare carbone, a
tirare il rullo spianatore…
Olga
…le
punizioni consistono in soste più e meno prolungate, nelle celle del bunker
dove, durante gli interrogatori o nelle celle le SS ci bastonano, oppure ci
frustano sul ‘prügelbock’, una sorta di sgabello di legno con piano superiore
concavo e lacci di cuoio sulle quattro gambe dove, immobilizzate nude, ci
frustano fino allo svenimento…
Lidia
…un
giorno vidi spalancarsi i cancelli di Ravensbrück, le SS gridavano ‘fünf zu
fünf’ un ordine al quale tutte capivamo di allinearci cinque per cinque, così
incolonnate e a suon di spinte e frustate ci spinsero fuori dal campo. Varcato
il grande cancello d’ingresso, camminai prima in riva al lago poi nella pineta
dove mi resi conto che forse avevo lasciato Ravensbrück definitivamente ma che
questo non voleva dire ancora: libertà! Le truppe alleate erano nei pressi del
campo. Le SS ci facevano marciare fünf zu fünf per usarci come scudi umani alla
loro fuga. Poi vidi arrivare l’esercito russo a cavallo e mi salvarono, ci
salvarono tutte…
Le nostre Maria, Lidia
e tante altre uscirono vive dall’inferno di Ravensbrück.
Purtroppo Olga morì in una camera a gas e poi bruciata nei forni. Una
vita sfortunatamente breve. Ci ha lasciato con la sua ultima lettera
scritta in fretta a sua figlia dopo aver appreso dell’imminente trasferimento a
Bernburg. Consegnata ad una amica di camerata che, liberata, riuscì a farla
arrivare ad Anita. Stralci dell’ultima lettera di Olga, chiudono questo
semplice contributo alla Memoria. L’esempio consegnato da queste Donne
all’intera umanità, è ben altra cosa!
Nella convinzione che
anche Maria, Lidia e le sopravvissute di Ravensbrück potrebbero sottoscriverla
per Tutte e Tutti noi…
…domani avrò bisogno di
tutta la mia forza e di tutta la mia volontà. Per questo, non posso pensare alle
cose che mi torturano il cuore, che mi sono più care della mia stessa vita. E
per questo mi accomiato ora da voi.
Mi è totalmente
impossibile immaginare, amata figlia, che non ti rivedrò, che non ti stringerò
mai più tra le mie braccia anelanti. Vorrei poterti pettinare, farti le trecce…
ma no, quelle te le hanno tagliate. Ma ti stanno meglio i capelli sciolti, un
po’ spettinati.
Prima di tutto devi
diventare forte. Devi camminare scalza o con i sandali, correre all’aria aperta
con me. Tua nonna all’inizio non sarà d’accordo, ma poi ci capiremo molto bene.
Devi rispettarla e volergli bene per tutta la vita, come facciamo io e tuo
padre. Tutte le mattine faremo ginnastica… vedi? Ho ricominciato a sognare, come
tante notti, e dimentico che questo è il mio addio. E ora, quando ci penso di
nuovo, l’idea che non potrò più stringere il tuo corpicino tiepido è per me come
morire (…)
cara Anita, caro amore
mio, piango sotto le coperte perché nessuno mi senta, poiché oggi sembra che non
avrò la forza di sopportare una cosa così terribile. Ed è per questo che mi
sforzo di dirvi addio adesso, per non farlo nelle ultime e difficili ore. Dopo
questa notte voglio vivere per il breve futuro che mi resta
(…)
Ho lottato per ciò che
c’è di più giusto e di più buono al mondo.
Ti prometto adesso che
fino all’ultimo istante non dovrai vergognarti di me. Spero che mi capiate:
prepararmi alla morte non vuol dire che mi arrendo, ma che saprò affrontarla
quando arriverà. Ma nel frattempo possono ancora succedere tante cose…
Conserverò fino all’ultimo momento la voglia di vivere. Adesso vado a dormire
per essere più forte domani.
Vi bacio per l’ultima
volta. Olga
riferimenti:
Tillion Germaine,
Ravensbrück, Fazi - Campo dei Fiori 2012;
Fernando Morais, Olga.
Vita di un’ebrea comunista***, il Saggiatore 2005;
Valentina Greco, La
costruzione di una biografia nel passaggio dalla memoria alla testimonianza di
Lidia Beccaria Rolfi. DEP n.2/2005 (DEP: deportate - esuli - profughe) rivista
telematica di analisi sulla memoria femminile;
Maria Arata Massariello,
Il ponte dei corvi. Diario di una deportata a Ravensbrück, Mursia
2005;
Lidia Beccaria Rolfi e
Anna Maria Bruzzone, Le donne di Ravensbrück,Einaudi
2003;
Bruno Maida, Etica della
testimonianza: la memoria della deportazione femminile e Lidia Beccaria Rolfi,
FrancoAngeli 1997;
Lidia Beccaria Rolfi,
L’esile filo della memoria, Einaudi 1995;
Hannah Arendt, la
banalità del male,Feltrinelli 1963.
*** il libro di Morais
viene pubblicato in Brasile nel 1984, poi in tutto il mondo (in Italia nel
2005). Le testimonianze raccolte da Ravensbrück trovano ampio riscontro anche
nelle memorie delle nostre Arata e Beccaria, Nel 2004 il regista brasiliano
Jayme Monjardim, ne fa un film giudicato ‘eccellente’ per ambientazione e
ricostruzione storica. Olga è interpretata da una giovanissima e sorprendente
Camila Morgado. Il film, proiettato in tutte le sale del mondo, riceverà molti
ed importanti premi internazionali; nonostante ciò, mai doppiato quindi mai
proiettato nelle sale italiane. Tuttavia la sua versione originale in lingua
portoghese è rintracciabile on-line o presso il sottoscritto che, qualora lo
vogliate, sarà lieto di fornirvene copia (eventuali contatti presso:
ivano.ciccarelli@libero.it).
NB: il particolare di
immagine a pag.1 è tratto da una scena del film di
Monjardim,
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