L’acqua fa gola, torna l’assedio
— Andrea
Palladino, ROMA, 17.4.2014
Acea. Il Messaggero
(Caltagirone): per risanare i conti di Roma vendere il 21% di azioni.
All'assemblea del 5 giugno andrà in scena lo scontro sulla natura sociale del
gruppo: il sindaco Marino aveva chiesto il ricambio del
management
La curva delle azioni della multinazionale
romana Acea è il vero termometro delle intenzioni politiche sulle
privatizzazioni. Nel giugno del 2011 — dopo i referendum sull’acqua — le
azioni iniziano una repentina discesa verso i minimi storici. Il management
nominato dai soci privati era nel panico, il progetto di allargare
a dismisura la gestione dei beni comuni rischiava di saltare
definitivamente. La prima reazione fu dura: bloccare tutti gli
investimenti, creando una pressione, discreta ma soffocante, per correre
ai ripari.
La prima mossa fu la richiesta di un parere legale a un avvocato di eccezione, il figlio del presidente Napolitano, Giulio, che presentò una relazione su come recuperare almeno una parte di quel profitto garantito abrogato dai referendum. La preoccupazione degli investitori d’altra parte era evidente. Nei mesi precedenti il voto dell’articolo 23 bis della legge Ronchi — poi abrogato — che avrebbe obbligato il comune di Roma a cedere buona parte di quel pacchetto del 51% delle azioni ancora in mano pubblica, aveva risvegliato l’interesse dei grandi gruppi finanziari. Con Caltagirone in prima fila. Erano gli anni della gestione Alemanno, il sindaco che aveva in tasca il progetto di cessione di quel poco di sovranità sui servizi pubblici ai suoi grandi elettori. Poi, per i soci privati del colosso dell’acqua, primo operatore del settore idrico in Italia, iniziarono mesi difficili. Con il cambio della guardia al comune di Roma.
La prima mossa fu la richiesta di un parere legale a un avvocato di eccezione, il figlio del presidente Napolitano, Giulio, che presentò una relazione su come recuperare almeno una parte di quel profitto garantito abrogato dai referendum. La preoccupazione degli investitori d’altra parte era evidente. Nei mesi precedenti il voto dell’articolo 23 bis della legge Ronchi — poi abrogato — che avrebbe obbligato il comune di Roma a cedere buona parte di quel pacchetto del 51% delle azioni ancora in mano pubblica, aveva risvegliato l’interesse dei grandi gruppi finanziari. Con Caltagirone in prima fila. Erano gli anni della gestione Alemanno, il sindaco che aveva in tasca il progetto di cessione di quel poco di sovranità sui servizi pubblici ai suoi grandi elettori. Poi, per i soci privati del colosso dell’acqua, primo operatore del settore idrico in Italia, iniziarono mesi difficili. Con il cambio della guardia al comune di Roma.
Oggi — a tre anni dal voto popolare del giugno
2011 — Acea torna a scalare le vette della Borsa di Milano, con un nuovo record
storico. La curva delle azioni ha ripreso a salire spinta da due asset:
l’arrivo di Matteo Renzi e la discussione sui conti romani, appesi al decreto
che dovrebbe salvare il sindaco Marino dal crack. Qualcosa si muove per gli
ideologi della gestione privata a tutti i costi, partiti alla riconquista
delle posizioni perdute. Partendo proprio da Roma. Ovvero dalla madre di
tutte le privatizzazioni.
La porta d’ingresso oggi si chiama bilancio
comunale, e il suggerimento-diktat per Ignazio Marino è arrivato puntuale
dal giornale romano il Messaggero, controllato da Francesco
Gaetano Caltagirone, il principale socio della holding romana, con in
mano il 16% delle quote. «Vendere il 21% delle azioni di Acea» è la soluzione
per sanare i conti, spiegava ieri il quotidiano, dedicando ampio spazio
alle dimissioni dell’assessora capitolina al bilancio Daniela Morgante. Nei
mesi scorsi Marino aveva provato a imporre il suo peso di principale
azionista ad Acea, scontrandosi con un muro. E l’impressione è che Renzi non
stia proprio dalla sua parte. L’ex sindaco Acea la conosce bene: da anni
Firenze è il socio di riferimento di Publiacque, il gestore degli acquedotti
di buona parte della Toscana e l’attuale presidente Erasmo D’Angelis —
vicinissimo al premier — è un fervido sostenitore della presenza dei
privati nella gestione del sistema idrico integrato. Una tempesta perfetta,
preannunciata da un emendamento — poi caduto — di Linda Lanzillotta
(assessora all’epoca Rutelli, quando il Campidoglio firmò la prima
privatizzazione alla fine degli anni ’90) che tentava di imporre la
cessione delle quote di Acea sul mercato.
Poche ore dopo la moral suasion del
Messaggero, sono arrivate le parole del presidente della holding
romana Giancarlo Cremonesi, uomo del cerchio magico di Caltagirone: «Io
temo che una partecipazione pubblica importante nelle società erogatrici
dei servizi pubblici locali — ha commentato durante un incontro alla Camera
di commercio — faccia diminuire il grado di attenzione e di verifica sulla
qualità dei servizi: è come se il concedente verificasse se stesso. Quanta
voglia ha il concedente di decidere se la società in questione dev’essere
sanzionata o meno?». Parole che anticipano quale sarà la strategia del
gruppo Caltagirone nei prossimi giorni, che si annunciano di fuoco. Il
5 giugno l’assemblea dei soci si dovrà confrontare con la posizione di
Marino, che nei mesi scorsi aveva chiesto un ricambio deciso del
management.
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08/04/2014 - BOLLETTINO UFFICIALE DELLA REGIONE LAZIO - N. 28 Pag. 16 di 696
Leggi Regionali
Legge Regionale 4 aprile 2014, n. 5
Tutela, governo e gestione pubblica delle acque.
IL CONSIGLIO REGIONALE
ha approvato
IL PRESIDENTE DELLA REGIONE
p r o m u l g a
la seguente legge:
Art. 1(Finalità)
1. La presente legge in conformità ai principi costituzionali e comunitari ed in ossequio alla volontà popolare espressa nel referendum del 2011 detta, nel rispetto dei principi di cui alla legislazione statale in materia, le disposizioni con cui deve essere governato il patrimonio idrico della Regione.
2. A tale scopo, la presente legge si prefigge l’obiettivo di favorire le condizioni per la definizione e lo sviluppo di un governo pubblico e partecipativo dell’intero ciclo integrato dell’acqua, in grado di garantirne un uso sostenibile e solidale.
Art. 2(Principi generali)
1. L’acqua è un bene comune naturale e un diritto umano universale. La disponibilitàe l’accesso individuale e collettivo all’acqua potabile, in attuazione dei principi costituzionali, sono garantiti in quanto diritti inalienabili e inviolabili della persona.
2. L’acqua è un bene finito, indispensabile e necessario all’esistenza di tutti gli esseri viventi e devono essere rispettati i parametri fisici, chimici e microbiologici delle acque comunque destinate al consumo umano secondo le norme vigenti. Ai sensi dell’articolo 144, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), tutte le acque superficiali e sotterranee sono pubbliche e non mercificabili e costituiscono una risorsa che è salvaguardata e utilizzata secondo criteri di solidarietà.
Qualsiasi uso delle acque è effettuato salvaguardando le aspettative e i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale. Gli usi delle acque sono indirizzati al risparmio e al rinnovo delle risorse per non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell’ambiente, l’agricoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici.
3. L’uso dell’acqua per l’alimentazione, l’igiene e la cura umana è prioritario
rispetto agli altri usi del medesimo corpo idrico superficiale o sotterraneo. Come tale, deve essere sempre garantito, secondo le disposizioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), anche attraverso politiche di pianificazione degli interventi che consentano reciprocità e mutuo aiuto tra bacini idrografici con disparità di disponibilità della risorsa. Ai sensi dell’articolo 144, comma 4 del d.lgs. 152/2006, gli altri usi sono
ammessi quando la risorsa risulta sufficiente e a condizione che non ledano la qualità dell’acqua per il consumo umano.
4. L’uso dell’acqua per l’agricoltura e l’alimentazione animale è prioritario rispetto agli altri usi, ad eccezione di quello di cui al comma 3.
5. Tutti i prelievi di acqua devono essere misurati a mezzo di un contatore in
conformità all’articolo 146, comma 1, lettera f) del d.lgs. 152/2006.
6. Attraverso le misurazioni dei prelievi di acqua ai sensi del comma 5, viene altresì redatto dall’Autorità degli ambiti di bacino definiti ai sensi dell’articolo 5, con cadenza annuale, un report sulle perdite idriche delle reti di distribuzione e sprechi effettivi presenti nel bacino idrografico. Tali report dovranno essere pubblicati sui siti istituzionali delle Autorità degli ambiti di bacino.
7. Al fine di garantire, in linea di fatto e di diritto, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 106, paragrafo 2 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), il conseguimento dei principi e delle finalità enunciate e il raggiungimento della missione affidata, ciascuna Autorità, sentite le comunità di riferimento ed i comuni interessati, all’interno degli ambiti di bacino idrografico, decide, nell’ambito delle funzioni di organizzazione del servizio idrico integrato e di scelta della forma di gestione, in merito all’applicazione delle regole della concorrenza.
Art. 3
(Principi relativi alla tutela e alla pianificazione)
1. Per ogni bacino idrografico di cui all’articolo 5 è predisposto, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un bilancio idrico partecipato di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 8 gennaio 1997, n. 99 (Regolamento sui criteri e sul metodo in base ai quali valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature) e successive modifiche, da valutarsi anche secondo i criteri dell’international water association. Il bilancio idrico partecipato è recepito negli atti e negli strumenti di pianificazione e programmazione concernenti la gestione dell’acqua e del territorio e deve essere aggiornato periodicamente, con cadenza almeno quinquennale. Al bilancio idrico è allegato il Piano di destinazione d’uso delle risorse idriche.
2. I bilanci idrici partecipati di bacino e i criteri per la loro redazione si basano sui principi contenuti nella direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000 relativa all’istituzione di un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, al fine di assicurare:
a) il diritto all’acqua;
b) l’equilibrio tra prelievi e capacità naturale di ricostituzione del patrimonio idrico;
c) la presenza di una quantità minima di acqua, in relazione anche alla naturale dinamica idrogeologica ed ecologica, necessaria a permettere il mantenimento di biocenosi autoctone e il conseguimento degli obiettivi di qualità ambientale, per garantire la tutela e la funzionalità degli ecosistemi acquatici naturali.
3. Al fine di favorire la partecipazione democratica, la Regione e gli enti locali applicano nella redazione degli strumenti di pianificazione quanto previsto dall’articolo 14 della direttiva 2000/60/CE in materia di informazione e consultazione pubblica ed i principi della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico al processo decisionale e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, approvata dalla Comunità europea con decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005.
4. Il rilascio o il rinnovo di concessioni di prelievo di acque deve essere vincolato al rispetto delle priorità di cui all’articolo 2, commi 3 e 4 ed alla definizione del bilancio idrico partecipato di bacino, corredato da una pianificazione delle destinazioni d’uso delle risorse idriche e di quanto previsto dall’articolo 12 bis, comma 1 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici) e successive modifiche.
5. Fatti salvi i prelievi destinati al consumo umano per il soddisfacimento del dirittoall’acqua, il rilascio o il rinnovo di concessioni di prelievo di acque deve considerare il principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse, soddisfacendo in particolare il principio “chi inquina paga”, così come previsto dall’articolo 9 della direttiva 2000/60/CE. Per esigenze ambientali o sociali, la Regione e gli enti preposti alla pianificazione della gestione dell’acqua possono comunque disporre limiti al rilascio o al rinnovo delle concessioni di prelievo dell’acqua anche in presenza di remunerazione dell’intero costo.
6. In assenza di quanto previsto dai commi 1, 2, 3 e 4 non possono essere rilasciate nuove concessioni e quelle esistenti devono essere sottoposte a revisione annuale.
7. Le acque che, per le loro caratteristiche qualitative, sono definite “destinabili all’uso umano” non devono di norma essere utilizzate per usi diversi. Possono essere destinate ad usi diversi solo se non siano presenti altre risorse idriche, nel qual caso l’ammontare del relativo canone di concessione è decuplicato.
8. Per tutti i corpi idrici deve essere garantita la conservazione o il raggiungimento di uno stato di qualità vicino a quello naturale entro l’anno 2015, come previsto dalla direttiva 2000/60/CE, attraverso:
a) il controllo e la regolazione degli scarichi idrici;
b) l’uso corretto e razionale delle acque;
c) l’uso corretto e razionale del territorio.
9. Le concessioni al prelievo e le autorizzazioni allo scarico per gli usi differenti da quello potabile possono essere revocate dall’autorità competente, anche prima della loro scadenza amministrativa, se è verificata l’esistenza di gravi problemi qualitativi e quantitativi al corpo idrico interessato. In tali casi non sono dovuti risarcimenti di alcun genere, salvo il rimborso degli oneri per il canone di concessione delle acque non prelevate.
10. I piani d’ambito di cui all’articolo 149 del d.lgs. 152/2006 devono essere
aggiornati adeguandoli ai principi della presente legge e alle indicazioni degli specifici strumenti pianificatori di cui ai commi precedenti.
11. Dalla data di entrata in vigore della presente legge, nessuna nuova concessione per sfruttamento, imbottigliamento e utilizzazione di sorgenti, fonti, acque minerali o corpi idrici idonei all’uso potabile può essere rilasciata se in contrasto con quanto previsto nel presente articolo.
Art. 4
(Principi relativi alla gestione del servizio idrico)
1. Il servizio idrico integrato è da considerarsi servizio di interesse generale.
2. Al fine di garantire, in linea di fatto e di diritto, l’affermazione dei principi
enunciati, la gestione del servizio idrico integrato deve essere svolta nel rispetto dei principi costituzionali, degli esiti referendari e della legislazione statale vigente, nonchésecondo quanto disposto dall’articolo 106, paragrafo 2 del TFUE. Inoltre la medesima gestione deve essere svolta senza finalità lucrative e ha come obiettivo il pareggio di bilancio, persegue finalità di carattere sociale e ambientale ed è finanziata attraverso risorse regionali e meccanismi tariffari.
Art. 5
(Ambiti di bacino idrografico)
1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Regione individua con apposita legge gli ambiti di bacino idrografico e, al fine di costituire formalmente le Autorità di detti ambiti, disciplina le forme e i modi della cooperazionefra gli enti locali e le modalità per l’organizzazione e la gestione del servizio idrico integrato, costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua, di fognatura e di depurazione delle acque reflue.
2. Le Autorità degli ambiti di bacino idrografico concorrono, in coordinamento tra loro e con la Regione, al conseguimento dei principi di cui agli articoli 2 e 3. A tal fine, la Regione deve rilasciare alle Autorità di ambito di bacino idrografico le concessioni per le grandi derivazioni di acque sotterranee e superficiali affioranti nei rispettivi bacini idrografici. Tali concessioni possono eventualmente essere rilasciate anche in modalità cointestata con altre Autorità di bacino idrografico interferenti che, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbiano in uso prevalente la risorsa idrica captata a scopi idropotabili.
3. Le interferenze relative ai servizi idrici integrati intercorrenti tra i diversi Ambiti di bacino idrografico all’interno della Regione sono disciplinate dalla Giunta regionale che, nel rispetto di quanto stabilito al comma 2, definisce con propria deliberazione gli schemi delle convenzioni obbligatorie che debbono essere stipulate tra le Autorità d’ambito interessate. Nella regolazione delle interferenze che prevedono il trasferimento di risorse e l’uso comune di infrastrutture, in modo particolare quelle connesse agli schemi acquedottistici del Peschiera e del Simbrivio nonché quelli intercorrenti tra gli ambiti numero 4 e 5, rispettivamente di Latina e Frosinone, deve essere assicurato il mantenimento dell’unitarietà gestionale degli schemi medesimi senza tuttavia violare i principi di cui agli articoli 2 e 3 che sono sempre assicurati di concerto con tutte le Autorità di bacino concessionarie delle derivazioni.
4. Ad ogni ambito di bacino idrografico partecipano gli enti locali il cui territorio ricade, anche parzialmente, all’interno del bacino idrografico.
5. Gli ambiti di bacino idrografico si organizzano sulla base di una convenzione di cooperazione tipo da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di cui al comma 1 e che contiene comunque i seguenti principi:
a) alle assemblee decisionali dell’ambito di bacino idrografico, per quanto attiene la determinazione e la revisione dei piani d’ambito, la determinazione e la revisione delle tariffe e l’esame a consuntivo della gestione del servizio idrico integrato, i delegati degli enti partecipano col vincolo di mandato delle assemblee elettive del proprio ente di appartenenza;
b) ogni determinazione delle assemblee decisionali dell’ambito di bacino
idrografico, diversa da quelle di cui alla lettera a), è soggetta a ratifica da parte delle assemblee elettive dei singoli enti facenti parte dell’ambito di bacino idrografico;
c) in attuazione di quanto stabilito all’articolo 8, vengono individuate le forme e le modalità di partecipazione dei cittadini e dei lavoratori del servizio idrico integrato alla pianificazione, alla programmazione, alla gestione e al controllo della gestione del servizio idrico integrato;
d) fermi restando il diritto alla disponibilità e all’accesso individuale e collettivo all’acqua potabile, la salvaguardia della risorsa e la sua utilizzazione secondo criteri di solidarietà, pur nell’ambito di una gestione coordinata della risorsa a livello di bacino idrografico, resta in capo ad ogni singolo ente il diritto a provvedere direttamente alla gestione del servizio idrico integrato sul proprio territorio.
Art. 6
(Principi di governo pubblico del ciclo integrato dell’acqua)
1. Al fine di salvaguardare l’unitarietà e la qualità del servizio, fermo restando quanto stabilito all’articolo 5, comma 5, lettera d), la gestione delle acque avviene mediante servizio idrico integrato, così come definito dalla parte terza del d.lgs. 152/2006 e successive modifiche.
2. Le opere di captazione, gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture e dotazioni patrimoniali afferenti al servizio idrico integrato costituiscono il capitale tecnico necessario e indispensabile per lo svolgimento di un pubblico servizio e sono proprietà degli enti locali, i quali non possono cederla. Tali beni sono assoggettati al regime proprio del demanio pubblico ai sensi dell’articolo 822 del codice civile e a essi si applica la disposizione dell’articolo 824 del codice civile.
Essi, pertanto, sono inalienabili e gravati dal vincolo perpetuo di destinazione a uso pubblico.
3. La gestione e l’erogazione del servizio idrico integrato non possono essere
separate e sono affidate sulla base della normativa europea. Il controllo sul servizio idrico integrato viene svolto dalle Autorità degli ambiti di bacino idrografico.
Art. 7
(Fondo regionale per la ripubblicizzazione)
1. Al fine di favorire, nel rispetto del diritto comunitario, segnatamente in presenza delle condizioni di cui all’articolo 106, paragrafo 2 del TFUE, della legislazione statale vigente e dell’autonoma scelta delle istituende Autorità amministrative di bacino, la gestione del servizio idrico integrato tramite soggetti di diritto pubblico, è istituito, nell’ambito del programma 04 “Servizio idrico integrato” della missione 09 “Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente”, un “Fondo regionale per la ripubblicizzazione”.
2. Possono beneficiare delle risorse del Fondo di cui al comma 1, in presenza delle condizioni di cui al medesimo comma, le aziende speciali e i consorzi tra comuni che subentrano alle precedenti gestioni del servizio idrico integrato effettuate tramite società di capitale.
3. I criteri e le modalità di assegnazione delle risorse di cui al comma 2 sono definite con regolamento della Giunta regionale, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
4. Agli oneri derivanti dall’attuazione della presente legge si provvede mediante le risorse iscritte in bilancio, disponibili a legislazione vigente a valere sul triennio 2014-2016, nell’ambito del programma 04 “Servizio idrico integrato” della missione 09 “Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente”. A decorrere dall’anno 2015, si provvede mediante le risorse preordinate nell’ambito della legge di stabilità regionale, ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera c), della legge regionale 20 novembre 2001, n. 25 (Norme in materia di programmazione, bilancio e contabilità
della Regione).
Art. 8
(Governo partecipativo del servizio idrico integrato)
1. Al fine di assicurare un governo democratico della gestione del servizio idrico integrato, anche in attuazione dei principi di cui alla convenzione di Aarhus, gli enti locali adottano forme di democrazia partecipativa che conferiscano strumenti di partecipazione attiva alle decisioni sugli atti fondamentali di pianificazione, programmazione, gestione e controllo ai lavoratori del servizio idrico integrato e agli abitanti del territorio. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Regione definisce, attraverso una normativa di indirizzo, le forme e le modalità più idonee ad assicurare l’esercizio di questo diritto.
2. Ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), gli strumenti di democrazia partecipativadi cui al comma 1 devono essere disciplinati negli statuti e regolamenti dei comuni.
3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, previo parere obbligatorio e vincolante della commissione consiliare permanente competente in materia di ambiente, definisce la Carta regionale del servizio idrico integrato, al fine di riconoscere il diritto all’acqua e fissare i livelli e gli standard minimi di qualità del servizio idrico integrato. La Carta regionale del servizio idrico integrato disciplina, altresì, le modalità di vigilanza sulla corretta applicazione della stessa, definendo le eventuali sanzioni applicabili.
Art. 9
(Fondo regionale di solidarietà internazionale)
1. Al fine di concorrere ad assicurare l’accesso all’acqua potabile a tutti gli abitanti del pianeta e di contribuire alla costituzione di una fiscalità generale universale che lo garantisca, è istituito il Fondo regionale di solidarietà internazionale da destinare a progetti di sostegno all’accesso all’acqua, gestiti attraverso forme di cooperazione decentrata e partecipata dalle comunità locali dei paesi di erogazione e dei paesi di destinazione, con l’esclusione di qualsivoglia profitto o interesse privatistico.
2. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la
Regione emana un apposito regolamento per disciplinare le modalità di accesso al Fondo di cui al comma 1.
Art. 10
(Disposizione transitoria)
1. Ferma restando l’operatività delle convenzioni di cooperazione in essere di cuiall’articolo 4 della legge regionale 22 gennaio 1996, n. 6 (Individuazione degli ambiti territoriali ottimali e organizzazione del servizio idrico integrato in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36) e successive modifiche, le gestioni provvisorie non rientranti nelle convenzioni di cooperazione operano fino all’individuazione degli ambiti di bacino idrografico di cui all’articolo 5, comma 1.
Art. 11
(Abrogazioni)
1. Sono abrogate tutte le disposizioni incompatibili con la presente legge.
Art. 12
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione.
La presente legge regionale sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione.
E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Lazio.
Roma, lì 4 Aprile 2014
Il Presidente
Nicola Zingaretti
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