Ruby, perché sette anni sono troppi
di Marco Lillo | 16 luglio 2014
Per una volta i legali di Berlusconi non hanno tutti i torti: la condanna di primo grado nel caso Ruby non sta in piedi. Se la pena fosse ridotta in appello non sarebbe uno scandalo. La condanna a sei anni (più l’anno per prostituzione minorile) per la telefonata del 27 maggio 2010 con il dottor Piero Ostuni, punisce troppo severamente Berlusconi e assegna alla Questura la patente immeritata divittima. Secondo i giudici, Berlusconi ha posto in essere una concussione per costrizione contro Piero Ostuni, il capo gabinetto della Questura di Milano, raggiunto nel cuore della notte per chiedergli di far consegnare Ruby a Nicole Minetti.
Quando c’è costrizione, dopo la riforma Severino del 2012, il minimo di pena è di 6 anni. La vecchia concussione (compresa quella per induzione) prevedeva pene da 4 a 12 anni mentre la nuova induzione indebita introdotta dalla legge Severino va da 3 a 8 anni. Per evitare il mezzo colpo di spugna per l’induzione contestata dal pm a Berlusconi, il Tribunale ha ricondotto la telefonata di Berlusconi alla costrizione e gli ha affibbiato 4 anni più 2 per l’aggravante. In tal modo la Questura resta una vittima e la legge Severino non produce alcun effetto in favore dell’ex premier, come invece è stato per il Pd Filippo Penati.
Il pm Ilda Boccassini aveva usato il verbo “indurre” nel capo di imputazione, ma con una forzatura argomentativa il Tribunale di Milano ha sostenuto che semanticamente la parola induzione usata dall’accusa non esclude la condotta di costrizione. Nel caso concreto però la verità sembra un’altra.
Il governo Monti ha fatto un bel favore a Berlusconi come al Pd Filippo Penati, che l’ha fatta franca grazie alla stessa legge Severino. La concussione per induzione è stata assorbita da un nuovo reato: l’induzione indebita a dare o promettere, che però punisce anche chi fa non solo chi riceve il favore. Nello schema iniziale dell’accusa, la liberazione di Ruby era l’utilità concessa al pubblico ufficiale Berlusconi che aveva indotto la Questura, vittima del reato, a fargli il favore.
La legge Severino ha fatto saltare questo schema e ha lasciato al giudice un’alternativa secca: o il pubblico ufficiale Berlusconi ha realizzato una costrizione e allora va punito severamente con la pena della vecchia concussione e in questo caso Ostuni è una vittima. Oppure c’è stata solo ‘un’induzione indebita a liberare Ruby e allora la pena scende a un minimo di 3 anni (massimo 8) ma è colpevole non solo Berlusconi ma anche chi gli ha fatto il favore.
In altri termini: se Berlusconi non ha costretto nessuno, il capo di gabinetto della Questura passa da vittima a complice, comunque non punibile perché nel 2010 la legge vigente non puniva quel comportamento. La sentenza invece opta per la costrizione e lascia sullo sfondo il ruolo della questura che comunque ha consegnato una minorenne a Nicole Minetti, poi condannata in primo grado per favoreggiamento della prostituzione, e a Michelle Conceicao, una 32enne che arrotondava facendosi pagare dagli uomini. La scelta di contestare la costrizione è figlia della posizione assunta dal Procuratore Edmondo Bruti Liberati, che il 2 novembre 2010, dichiarò: “La Questura ha operato correttamente con Ruby”. Anche per il Procuratore della Corte d’Appello Piero De Petris, la “concussione è per costrizione” perché nelle parole di Berlusconi quella notte c’era “una minaccia implicita, un intento intimidatorio che emerge lampante”. La prova? Secondo De Petris, i funzionari della Questura si accorsero subito che Ruby non era la nipote di Mubarak ma non dissero nulla al premier proprio per il loro stato di costrizione.
La tesi è debole. In mancanza della registrazione vale il resoconto di Ostuni che non fa mai riferimento a ordini o toni imperiosi. La sensazione è che la Questura si sia messa a tappetino appena ha sentito la voce del presidente. La concussione è un reato basato sul metus publicae potestatis e presuppone lo stato di soggezione derivante dall’abuso della qualità o funzione. In questo caso già c’è una vittima atipica: un funzionario pubblico e non un privato. Inoltre la Cassazione ha stabilito che per esserci costrizione la condotta del concussore deve “limitare radicalmente la libertà di autodeterminazione del destinatario”. E a Ostuni un margine di libertà restava eccome. Poteva benissimo richiamare Berlusconi e dire: “Scusi presidente ho verificato: Ruby è marocchina, non è egiziana e non è nipote di Mubarak. Viste le disposizioni ricevute dal pm, se non le dispiace, noi aspettiamo domani mattina per parlarne con il magistrato”. Se non l’ha fatto non è stato per una costrizione di Berlusconi ma per una sua scelta. Con tutta probabilità Berlusconi avrebbe battuto in ritirata e, se fosse andato avanti con le sue richieste, allora sì che si sarebbe potuta ipotizzare una costrizione degna di sei anni di galera. La condanna magari venerdì sarà confermata in Appello, ma più difficilmente reggerà in Cassazione.
Sarebbe meglio forse dichiarare subito l’amara verità: la legge Severino ha sostituito il reato contestato all’ex premier con uno diverso, punito con pena più blanda. La motivazione potrebbe suonare così: “Berlusconi non deve essere condannato a 6 anni ma a 4 anni perché il reato è stato abolito dallo stesso imputato con la complicità di Monti, Severino, Alfano e Bersani. Non c’è stata costrizione ma semplice induzione e la Questura non è una vittima perché era libera di reagire con la forza della legge. A malincuore, diamo atto a Berlusconi e soci di essere riusciti nel capolavoro di ridursi la pena con una legge denominata dai giornali senza sprezzo del ridicolo ‘anticorruzione’”. Una sentenza così motivata sarebbe più equa e avrebbe anche il pregio di ricordare a tutti un’amara verità: se l’Italia si trova in queste condizioni non è solo per colpa di un premier che faceva il bunga bunga e poi telefonava alla Questura. Ma anche perché c’erano e ci sono tanti funzionari che invece di resistere alle pressioni preferivano assecondare la sua volontà. Oltre a una sinistra che preferiva l’inciucio all’opposizione pur di approvare leggi utili sia a Berlusconi che ai compagni, come Penati.
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Grandi verità contiene l'articolo di Marco Lillo che, con competenza giuridica, chiarisce i fatti approfondendoli negli aspetti delle Leggi scritte ad hoc, nelle interpretazioni che ne fanno avvocati e magistrati ciascuno per la propria parte, nelle scappatoie che tali leggi offrono a chi sottilmente sa usarle a proprio beneficio.
Il volgo superficiale e poco propenso ad approfondire capisce poco, preso dagli affanni quotidiani, ed il Carrozzone Italia va avanti così... Come la canzone di Renato Zero.
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