Da: LEGGO
MEREDITH, LA VERITÀ DI GUEDE IN UN LIBRO.
MASTRONARDI: "RUDY TESTIMONI IN APPELLO"
di Isabella Pascucci
ROMA - Il criminologo Vincenzo Maria Mastronardi, autore del volume Meredith. Luci e ombre a Perugia e del fascicolo aggiornato Meredith. Le ultime verità dagli atti del processo (Armando Editore), scritto con il giornalista Giuseppe Castellini, parla del caso Meredith anche alla luce della decisione della Corte di Cassazione che ha disposto l'annullamento della sentenza d'appello, con cui Amanda Knox e Raffaele Sollecito erano stati assolti. Qual è la fisionomia di questo studio, dedicato ad un caso giudiziario che ha fatto versare fiumi di inchiostro?«Con Mieluzzi fummo incaricati della consulenza tecnica per conto di Rydy Guede, così da esaminare se la fuga in Germania poteva costituire implicitamente ambizione di colpevolezza. Così, abbiamo esaminato il soggetto e abbiamo rilevato una struttura borderline di personalità, pronta a tremare per un nonnulla, come lo stesso Guede ha manifestato in tribunale: “Mi sento veramente colpevole e neanche Dio potrà togliermi questa colpa. Perché mi sono intimorito, ma se fossi rimasto ancora un po’ lì, avrei salvato Meredith. Sono stato io a tamponare tutte le ferite di quella povera ragazza che stava per morire, e quando l’ho lasciata era ancora viva”. Ecco, questo libro riflette la verità di Rudy che è la verità dei fatti accaduti quella notte».
La Cassazione ha rigettato la sentenza del secondo grado di giudizio. Cosa accadrà adesso?«Mentre prima si sperava che Rudy Guede chiarisse meglio la situazione, adesso potrebbe essere finalmente chiamato a testimoniare nel processo contro Amanda Knox e Raffaele Sollecito per puntualizzare la verità. Perché Guede, come è stato detto da più fonti, è l’unico testimone che possa dire come sono andate effettivamente le cose. Inoltre, a suo carico, si potrebbe ipotizzare un nuovo reato e, pertanto, ridimensionarne la pena».
L’appendice pubblicata di recente racconta nei dettagli proprio la notte dell’omicidio, così come è stata raccontata da Guede, anche per mezzo di immagini. «Esattamente: i bozzetti presenti nel libro rappresentano un addendumrealizzato sulla base della testimonianza del giornalista Giuseppe Castellini, direttore del Giornale dell'Umbria, che ha seguito il caso come cronista. Guede racconta che mentre stava facendo petting con Meredith in camera sua – motivo per cui sul corpo della vittima è stato trovato il Dna di Rudy – i due ragazzi si sono ricomposti e hanno iniziato a parlare. Meredith gli parlò del furto dei 300 euro, accusando Amanda di fumare, di portare strane persone in casa e di essere la sola a non pulire l’appartamento».
Dunque una Meredith indispettita nei confronti della coinquilina. «Sì, al punto che Guede dice di aver abbassato un po’ i toni e di averla confortata. Dopodiché dice di essere corso in bagno: aveva mangiato un kebab e, mentre è in bagno, si mette le cuffiette come faceva di solito. E allora, sente qualcuno bussare alla porta. È Amanda e bussa non perché non abbia le chiavi ma perché la serratura di casa aveva un difetto e, quindi, perché restasse chiusa, era necessario che fosse serrata dall’interno. Si tratta di piccoli dettagli, ma è utile conoscerli per entrare nella storia con il microscopio e comprendere meglio la criminodinamica. Insomma, Meredith aveva dimenticato la chiave nella toppa, impedendo agli altri di entrare con la propria chiave dall’esterno».
Che cosa colpì Rudy, in quel momento?«Rudy sente bussare alla porta, ascolta la voce di Amanda parlare in inglese con Meredith e questa intimarle “Dobbiamo parlare”. Ma a questo punto Rudy si rimette le cuffie, capendo che le ragazze avevano da parlare di fatti propri. Ascolta due brani e mezzo, della durata totale di 9 minuti».
Un dettaglio importante?«Sì. Vuol dire che l’omicidio è avvenuto in 9 quei minuti».
Nel libro viene sottolineato ed indagato da una nuova prospettiva anche il particolare dell’urlo. «Esattamente: ad un certo punto Rudy dice di aver udito urlare, ma un urlo veramente disumano. Lo stesso avvertito dalla signora che era nelle vicinanze dell’abitazione e che testimonierà. Ma i medici legali sanno bene che nessuno può urlare quando gli si taglia la gola. E quello che non è mai emerso a sufficienza è che Meredith era esperta di difesa personale e praticava il karatè. Quindi quello udito da Guede era l’urlo dell’aikido, che si emette quando una persona viene minacciata. È un urlo di difesa e di attacco».
Un omicidio che nasce da una lite, senza alcuna premeditazione da parte di Amanda?«Lo escludo: è solo una prova della banalità del male. In questo caso, le circostanze hanno portato al superamento della soglia di tolleranza. Nel momento della lite tra Meredith ed Amanda, tra aggressioni verbali per i famosi soldi che Amanda avrebbe sottratto alla ragazza inglese, spintoni e la tensione che sale. Del resto, ritengo che anche l’omicidio di Avetrana derivi da un fatto banale, sfuggito di mano, senza alcuna premeditazione».
Quindi, cosa accadde tra Meredith ed Amanda?«Come spieghiamo nel libro e come testimoniato da Rudy, Meredith in quel frangente era molto arrabbiata. Un attimo dopo, arriva Amanda, tutta fatta di canne, come deduco dagli atti di causa. In questo frangente la soglia di tolleranza di Amanda era bassissima, per cui è bastato poco, una spinta, un urlo di difesa-offesa, perché Meredith venisse immobilizzata: la situazione è sfuggita di mano».
Immobilizzata. Ecco il terzo uomo?«Sì, Raffaele Sollecito era al fianco di Amanda, sebbene Rudy non l’avesse sentito entrare. Perché quando Rudy sente questo urlo disumano, esce dal bagno senza neanche tirare la catena, ma non vede Amanda, come se questa fosse scappata via, come se non fosse più all’interno dell’appartamento. Si avvia verso la stanza di Meredith e vede un tizio di spalle, con la mano sinistra tocca la spalla destra di questo soggetto che non ha mai visto prima. Solo in seguito riconoscerà quel ragazzo come Raffaele Sollecito. E Sollecito, strafatto anche lui, e brandendo un coltello – sempre secondo la testimonianza di Rudy - si volta e gli dice: “Negro trovato, negro accusato!”».
L’uomo di colore è al centro anche dell’accusa infondata di Amanda. Perché?«Rudy è certo di aver udito i passi di due persone, sulla ghiaia del giardino, quando Sollecito corre via e si allontana con la ragazza E sente Sollecito dire alla persona che è con lui: “C’era un negro dentro”. Ecco perché Amanda accusa Lumumba; perché quando Amanda sente la parola “negro” e non avendo visto Rudy in faccia, pensa immediatamente all’uomo di colore che lavora nel pub e lo accusa».
E Rudy resta solo: è il momento della verità?«Già: Rudy torna in camera e vede Meredith a terra, sanguinante e boccheggiante, tanto che prova a tamponare come meglio può il sangue. Ecco perché la scientifica ha rilevato le impronte di Rudy sulla scena del crimine. E proprio in quel momento, Guede realizza che possano accusarlo che quando è accaduto può essere attribuito a lui. Quindi, preso dal panico, lascia tutto e scappa. Già un soggetto con una psiche normale, rimarrebbe annichilito di fronte ad un evento del genere. figuriamoci una persona, come Guede, non affetta da sindrome, ma con una struttura borderline, al limite della psicosi».
Però nel libro si parla anche di un clamoroso depistaggio. «Sì, un camuffamento della scena del crimine: Guede dice di aver lasciato Meredith vestita. Invece, il cadavere viene ritrovato parzialmente denudato. Quindi, a questo punto, qualcuno è ritornato e ha strutturato una messa in scena, spogliando Meredith e imbastendo la falsa effrazione. Nella stanza accanto a quella di Meredith, un vetro viene rotto con una grossa pietra di 3,8 chili. L’ipotesi è che siano entrati dei malviventi: ma lo spazio era piccolissimo e la pietra non poteva entrare, mirando da sette metri di distanza dal basso».
Una finzione?«Sì, perché il vetro viene rotto dall’interno, non dall’esterno: è solo per simulare un furto finito male. Se fosse stato rotto dall’esterno, la maggior parte dei vetri rotti sarebbero rimasti all’interno della stanza e non all’esterno. Inoltre, i frammenti di vetro erano sopra e non sotto i vestiti che vengono tirati fuori dall’armadio, per simulare che si sia rovistato alla ricerca di oggetti preziosi o di denaro».
E poi, il dettaglio del piumone. Criminologicamente, ne date una lettura molto precisa. «Chi copre un corpo? Una madre quando uccide il figlio o il coniuge, un parente o un amico, insomma qualcuno che ha avuto familiarità con quel corpo e con quell’individuo quando era in vita. Se fossero stati dei balordi, avrebbero ucciso e se ne sarebbero andati, senza preoccuparsi di coprire il cadavere. Copre il corpo chi ha una necessità profonda di non guardarlo». .
Speriamo sappiano fare chiarezza i giudici: ma non ci spero molto.
Intanto la calunniatrice di Lumumba, dell'interprete che l'ha aiutata durante l'interrogatorio e dei poliziotti che l'hanno interrogata, grazie alla debolezza dell'Italia davanti ai cittadini USA, se ne è potuta tornare nel suo Paese, anche grazie all'appoggio della Associazione Italia - USA, senza attendere il terzo grado di giudizio.
Come il Cermis: i cittadini statunitensi sono dei privilegiati nel nostro Paese, possono fare quel che vogliono.