ARICCIA
Madre e figlio giù dal "ponte dei suicidi"
Lui, autistico, scavalca la balconata e si lancia. Lei, choccata, lo segue nel vuoto
Il primo a fare l’estremo gesto sarebbe stato il figlio, affetto da autismo, che gattonando sulla rete dopo il parapetto, si sarebbe alzato in piedi alcuni istanti per poi lanciarsi in un volo di 70 metri dal ponte di Ariccia. Sua madre, vedendolo precipitare, si sarebbe lasciata cadere appresso a lui. Si è conclusa così intorno alle 22.30 di venerdì, la vita di una madre e un figlio di Centocelle che avevano un dolore troppo grande da sopportare a tal punto da decidere di togliersi la vita. A nulla sono valse le suppliche di testimoni e agenti della polizia di Albano intervenuti dopo la segnalazione al 118: «Fermatevi, per favore non lo fate!». Ma poi è successo e dei due non è rimasto altro che l’immagine di lenzuola sui resti dei corpi, ormai irriconoscibili, sparsi nel piazzale sottostante in mezzo al bosco. Le salme, sono state trasferite al policlinico di Tor Vergata dove verrà eseguita l’autopsia. Recuperarle è stato difficile: i vigili del fuoco hanno lavorato fino a tarda notte. Il marito della donna sotto choc, rimasto a guardare il via vai delle forze dell’ordine non ha detto una parola: ha perso sua moglie e suo figlio come mai avrebbe pensato di perdere. Hanno scelto loro di andarsene. Quelle reti erano state messe dall’Anas su sollecito dell’Amministrazione comunale nel ’97. Da allora, spiega il sindaco Emilio Cianfanelli, la percentuale di suicidi su quel ponte è diminuita almeno del 90 per cento.«Dovremmo chiedere all’Anas – dice il primo cittadino – di rafforzare ancora di più le misure di protezione»”. Madre e figlio hanno dunque fatto una manovra non semplice. Forse lei avrebbe voluto dissuaderlo. M.F. le sue iniziali, una donna di media statura, moretta di 56 anni e suo figlio, L.L. di 34 anni, alto e snello un po’ stempiato, con tutta probabilità, hanno trascorso il pomeriggio insieme nella cittadina castellana, a pochi passi dal ponte monumentale di Ariccia ribattezzato dalle cronache «ponte dei suicidi». Tra le 18 e le 19 i due, avrebbero consumato due caffè e poi ancora due orzi presso l’ «Antico Caffè» in via dell’Uccelliera. Non sembravano affatto tesi, erano seduti nel gazebo del bar:«Erano tranquilli - dice Paolo, proprietario – chiacchieravano serenamente. Poi sono andati in bagno e dopodiché sono usciti». Un orzo per dirsi ancora chissà cosa, Paolo non ha ascoltato le loro parole e si dice a disagio nel raccontare di aver visto due persone poche ore prima di uccidersi. Il marito della donna, un sottoufficiale dell’aeronautica, era a casa a Roma e in sua compagnia c’era l’altra figlia, sposata. Lui, insieme alla moglie e il figlio vivevano negli alloggi degli ex militari dell’aeroporto dell’Urbe. Sembrerebbe che il ragazzo a causa dell’autismo fosse seguito da una struttura neuropsichiatrica. La madre avrebbe vissuto in simbiosi con il figlio, assorbendo i problemi del ragazzo, senza molte amicizie a causa della sua malattia, a cui sembrava non ci fosse soluzione. E sempre insieme, hanno deciso di farla finita.
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