Da: Il Messaggero Veneto
Lite fra docenti all'Università di Udine, arrivano i carabinieri
Al dipartimento di Ingegneria civile. Il consiglio non delibera la candidatura a ordinario di Sandro Fabbrodi Margherita Terasso
UDINE. I docenti litigano, arrivano i carabinieri. La “zuffa” è scoppiata al dipartimento di Ingegneria civile e Architettura dell’Università di Udine.
Una nuova diatriba tra docenti che questa volta si conclusa con tanto di chiamata alle forze dell’ordine.
Dopo la polemica della professoressa di Progettazione, Paola Gennaro (la docente che non è stata confermata all’ateneo udinese), ad alzare la voce ci ha pensato il collega Sandro Fabbro, alla guida del corso di Urbanistica.
Cosa è avvenuto di così grave per richiedere l'intervento delle forze dell'ordine?
Il consiglio di dipartimento, con una delibera, ha ritirato, dopo un anno, la candidatura a professore ordinario – quindi una promozione – di Fabbro, per spostare le risorse a disposizione su un bando per ricercatori.
La delibera è «letta, approvata e sottoscritta seduta stante», e per questo la professoressa Gennaro, presente alla discussione, chiede che le sia consegnata. «Mi hanno risposto – spiega Gennaro – che l’atto non me lo potevano dare perché non era pronto –. Ma come è possibile? Decido di aspettare finché non ho la delibera nelle mie mani: voglio leggere con i miei occhi quanto annunciato».
La resistenza passiva della professoressa – racconta – «è una dimostrazione di solidarietà nei confronti del collega Fabbro, vittima, come me, del sistema».
Il direttore del dipartimento, Gaetano Russo («Non ho intenzione di parlare fino al termine della procedura», queste le sue parole), ritenendo la situazione inaccettabile, chiama i carabinieri.
Sandro Fabbro, unico a Udine con l'abilitazione nazionale a professore ordinario nell’area culturale dell'Ingegneria Civile e Architettura, commenta con un filo di amarezza: «Chiamare i carabinieri è stato un colpo di teatro inutile. Il passaggio di carriera non è una questione economica, è più un gesto onorifico, per quello che ho fatto per l'Università e per il territorio di tutta la regione».
Il professore considera la delibera di ieri «un modo per impedire lo sviluppo di un'area culturale di fondamentale importanza e per rendere più manovrabile il Dipartimento». E definisce «inconsistenti» le motivazioni portate a supporto del ritiro della sua candidatura: «In termini di punti in organico, un ricercatore pesa sull’ateneo due volte di più (0,7) di quanto costo io (0,3)».
Infine, non nasconde il suo stato d’animo: «Mi sento umiliato. Questo è l'ultimo atto di un piano di sottomissione del “Dica”, che punta a fagocitarlo e omologarlo all'interno delle strutture gestite dal rettore».
Gennaro, la cui convenzione con l'ateneo friulano è stata recentemente risolta, e Fabbro, si autodefiniscono «persone scomode, che altri vogliono far fuori».
Sulla strategia futura sono perfettamente d'accordo: «Vedremo con gli avvocati se impugnare la delibera». A quanto pare quello di ieri non è stato l’ultimo atto.
Nulla cambia nelle italiche Università, dove il merito conta poco e niente, dipendendo tutto e soltanto "se ti vogliono o non ti vogliono".
Questo vuol dire interessi sottaciuti vestiti di ipocrite motivazioni, accordi fra professori ordinari che misurano il loro potere, favori scambiati fra loro con contrattazioni che, se ascoltate, non sono diverse da quelle fra mercanti, con la differenza che i mercanti sono migliori avendo come scopo precipuo la compravendita e il guadagno, dunque tutto pulito e trasparente, e non già la vita e l'ingegno umano che, con codesto inamovibile sistema, viene sempre umiliato.
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