Quando non ho niente da leggere vado nella mia libreria e tiro fuori un libro letto in gioventù, sperando di non ricordarmelo troppo.
Ho tirato fuori Il cappotto di Astrakan in una edizione di Mondadori stampata nel gennaio 1978.
Non lo ricordavo perché dal momento dell'acquisto non lo avevo più riletto.
Mi è piaciuto. Ho subito notato i segni autobiografici dell'ambientazione nei luoghi dove lui ha vissuto le sue esperienze di vita. Probabilmente anche il materiale umano che usa per animare i suoi personaggi è fatto di gente da lui conosciuta.
Alla faccia di mio marito, unico critico del mio modo di scrivere, che disprezza l'autobiografismo, che pure è di tanti scrittori di narrativa, anche grandissimi.
Ho voluto rileggermi la sua vita e vi ho trovato dei punti insospettati, come i suoi insuccessi scolastici che fanno sorridere al pensiero di quanto una intelligenza possa essere sorprendente e svilupparsi attraverso canali ad essa congeniali.
Infatti gli era congeniale lo scrivere e citava con civetteria "...unico successo pieno fu un tema su Luino, che mi valse un bel dieci" .
Mi si perdoni l'accostamento ma, pur andando a scuola senza infamia e senza lode, non ero molto amata dalla maestra Lelli che però il giorno che dette un tema, "Storia di una sciarpa di lana", arrivata a leggere il mio tema dopo quelli dei miei compagni, tutti abbastanza piatti nel descrivere come si lavorava ai ferri la sciarpa che portavano e se gliela aveva lavorata la nonna o la mamma, saltò in piedi letteralmente dalla sedia, dove pigramente sedeva dietro la cattedra, con il mio quaderno in mano (e non dimenticherò mai il mio spavento, temendo di aver commesso chissà quale errore) dicendo che avevo scritto un piccolo capolavoro che disse: "Deve leggerlo il Direttore!" E da lui portò il mio quaderno, ed i miei genitori ed io (tutta felice) fummo informati che "il Direttore voleva tenersi quel quaderno per tenerlo fra le glorie della Scuola Luigi Pianciani di Roma". Praticamente avevo iniziato parlando in prima persona come se io fossi la lana e ricordo che più o meno iniziava così: "Ero il vello di una pecora..." E terminavo "ora sono una sciarpa intorno al collo di un bambino".
Non tutti diventiamo grandi scrittori ma certo le stimmate dello Scrivere le ho avute fin da bambina.
Tornando a Piero Chiara mi ha fatto sorridere leggere l'ironia allusiva con cui si definiva un “libertino”... perché ricordo una sua intervista letta tanto tempo fa su un giornale in cui faceva capire che non era molto fedele alla compagna che aveva in quel momento... Sincero perché proprio in quel periodo lo incontrai casualmente in Via Veneto, dove passavo in fretta per qualche commissione in zona, che passeggiava vestito con un cappotto color cammello dando il braccio a una ragazza molto bella con una costosa e vistosa pelliccia dai colori rossicci sfumati: lei era molto più giovane di lui e truccata sapientemente. Capii subito dall'atteggiamento che rapporto c'era fra i due.
Qualche tempo dopo vidi la ragazza in televisione: faceva la giornalista...
Così scrivevo 2 anni fa e, piuttosto che ripeterlo ora che sto leggendo le Novelle di Chiara della Raccolta dal titolo "Il Capostazione di Casalino", lo ripubblico risposando ogni parola.
In quel post riportavo, copiata, la Vita di Piero Chiara perché sempre, quando leggo un Autore, cerco di conoscere la sua vita e sempre vi scopro il segreto della sua scrittura: che sia essa molto o poco autobiografica ci si ritrovano i motivi del suo scrivere.
Se Pirandello, ad esempio, colloca i suoi personaggi sempre nei luoghi dove ha vissuto, la sua "Girgenti" o Roma, Piero Chiara non solo scrive assolutamente dei luoghi che ha attraversato nel corso della sua vita ma, nelle novelle che sto leggendo, nemmeno maschera sé stesso in questo o quel personaggio, ma parla in prima persona raccontando frammenti, episodi della sua vita.
Pur non arrivando a tanto debbo dire che anch'io traggo la linfa dei miei racconti dalla realtà e leggere grandi Autori come Chiara, che va anche oltre, arrivando ad una biografia frammentata da cui trae spunto per riflessioni utili a chi vuol pensare, mi conforta in questa mia scrittura. Il successo poi è dovuto non soltanto alla qualità della produzione letteraria, ma a tanti fattori quali, primo fra tutti, la promozione pubblicitaria di un Autore.
Alcune brevi parti di questa Raccolta di Novelle:
dal racconto "Tutto si accomoda, volendo"
"Chissà quante storie sono rimaste sepolte dentro le case, dietro i muri e nell'ombra dei giardini, nelle città di provincia!"
e più avanti:
"Non solo aveva, forse per pudore, tenuto nascosto il suo vero luogo di nascita, ma per chissà quale disegno di prudenza, si era anche attribuito il nome longobardo di Ermengarda, mentre in verità, come si seppe a suo tempo, si chiamava Ermelinda. Che fosse sposata e che vivesse col marito, dovettero saperlo, per ragioni di sicurezza, tutti quelli che si erano succeduti nella sua confidenza o meglio nella sua intimità."
dal racconto "L'italiano Pettoruto"
"In fondo una bella gita, funestata dall'incontro con un italiano, unico vivente con cui finii con l'imbattermi, ma a ben guardare, proprio quello che mi occorreva per una storia da raccontare".
Ecco la differenza fra uno scrittore (scrittore a mio avviso si nasce) e una persona che non ha in sé questa costruzione mentale: chi ha in sé questa inclinazione osserva la realtà cogliendone aspetti che sugli altri scivolano via superficialmente, mentre nello scrittore nato rimangono e vengono analizzati ed amplificati per rimetterli sulla carta come cosa viva che fa pensare.
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