di Francesco Loiacono
Quattro mesi fa moriva Domenico Maurantonio: un mistero ancora irrisolto
Quattro mesi fa veniva trovato morto il 19enne Domenico Maurantonio, studente padovano in gita a Milano. Da allora la sua vicenda è avvolta dal mistero. Il legale di famiglia, Eraldo Stefani, preannuncia novità a giorni: il rischio è che sulla vicenda cali l'oblìo.
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Esattamente quattro mesi fa, il 10 maggio, il corpo senza vita di Domenico Maurantonio, studente padovano al quinto anno delle superiori, veniva trovato ai piedi di una scala antincendio di un hotel di Bruzzano, a nord di Milano. Da allora, tanto si è detto e scritto sulle cause della sua morte: si sono chiamati in causa i compagni, i clienti dell'hotel, si sono ipotizzati scherzi finiti tragicamente, malesseri e volontà suicide mai confermate. La realtà è che, a quattro mesi dalla tragedia, la morte di Domenico continua a essere avvolta dal mistero. E, complice le ferie estive che hanno rallentato il lavoro dei magistrati, la vicenda del ragazzo, che ha emozionato l'opinione pubblica, rischia di perdersi nell'oblìo e di andare a posizionarsi accanto ai tanti misteri all'italiana di cui la storia del nostro Paese è piena.
A opporsi a questo destino restano i familiari di Domenico, papà Bruno e mamma Antonia, e l'avvocato che segue la famiglia, Eraldo Stefani. Proprio quest'ultimo, contattato da Fanpage, ha fatto il punto sulle indagini: "Siamo in attesa degli esiti delle consulenze disposte dal tribunale e di quelle di parte", ha spiegato, preannunciando a giorni qualche novità. La lunga pausa estiva non ha certo aiutato. Sul destino di Domenico sembra essere calata una cortina che, in qualche modo, lo uccide una seconda volta. I genitori del ragazzo d'altronde hanno già detto di essere stati in qualche modo abbandonati da amici e compagni di scuola del 19enne. Hanno affrontato gli esami di maturità, gli stessi ai quali anche Domenico era stato ammesso, e ora saranno impegnati nei loro percorsi universitari. Chissà lui, Domenico, quale Facoltà avrebbe scelto.
Quanto è difficile avere Giustizia, guardate il caso di Roberta Ragusa... Tutto fa capire come sono andate le cose, ma senza prove certe, senza una confessione, il tempo passa senza che chi è morto in modo anomalo, palesemente anomalo, possa avere Giustizia.
Domenico doveva tornare all'Expo anche il giorno dopo e invece è precipitato dal quinto piano, lontano dalla camera dove si era trasferito per stare con i compagni, ma vicino a quella che gli era stata assegnata... Senza mutande, con evidenti segni di bisogno urgente di un bagno che forse stava disperatamente cercando, tenendo in mano calzoncini e mutandine...
Perché se li era tolti? Non era meglio farsi sotto le feci piuttosto che spargerle in giro? Perché era lì e non nel bagno della stanza dove aveva scelto di stare pur di stare in compagnia? Perché nessuno ha sentito il tonfo del suo corpo caduto da 5 piani? E' un giallo e non un suicidio.
Gli esami tossicologici, che usciranno a breve, non potranno chiarire molto di più. Fino ad ora si sa che l'alcool bevuto insieme con i compagni l'aveva ancora in gran parte nello stomaco: quindi aveva finito di bere da poco. Subito dopo i suoi compagni dicono di essere caduti in un sonno così profondo, tutti e tre, che non gli ha consentito di sapere più nulla di Domenico...
Alle 7 del mattino un operaio, aprendo la porta del chiostrino perché doveva eseguire dei lavori, si è trovato davanti il corpo esanime del giovane in una pozza di sangue... e... un poco discosti... i suoi indumenti. E' l'immagine di un giallo.
Da: Corriere del Veneto 18 agosto 2015
di Andrea Priante
Cento giorni senza Domenico
Il dolore del padre: «Ora la verità»
Bruno Maurantonio: «Io so che mio figlio non si è suicidato, la dinamica di quella notte presenta ancora troppi punti oscuri»
PADOVA Il letto è stato rifatto e i mobili spolverati. I libri, sugli scaffali, impilati con ordine, quelli scolastici e non solo. Ci sono i quaderni, a raccontare di un esame di Maturità che, in realtà, non c’è mai stato. Potrebbe essere la cameretta di un qualsiasi adolescente, anche se tra quelle lenzuola nessuno dorme più da ormai quattordici settimane. È la stanza di Domenico Maurantonio, il diciannovenne padovano morto il 10 maggio precipitando da una finestra dell’hotel di Milano in cui alloggiava con i suoi compagni del liceo «Ippolito Nievo». Per le due classi quinte, doveva essere una visita d’istruzione all’Expo, l’ultima prima degli esami. E invece si è trasformata in un giallo che per settimane ha tenuto l’intera scuola sotto i riflettori, tra sospetti e veleni. Poi, come capita spesso, il circo mediatico si è spostato in altre città, a caccia di nuove storie. E a Padova, a fare i conti con un dolore immenso, sono rimasti Bruno Maurantonio e sua moglie Antonia. «Nella camera di Domenico è rimasto tutto com’era» confida il papà. «A dire il vero l’ho dovuta un po’ rassettare, mio figlio ogni tanto era un po’ disordinato... ».
Oggi sono cento giorni esatti da quel 10 maggio. «Ah sì? Non ci ho pensato, ma che siano cento o mille non cambia molto e di certo non sono sufficienti a cancellare il dolore. Non basterebbe una vita... ».
Non sono bastati neppure per conoscere la verità.«Non ci sono novità sotto il profilo investigativo, per quanto ne sappiamo l’inchiesta va avanti. I giorni passano, ci hanno detto che è normale che d’estate l’attività delle procure rallenti. E quindi non ci resta che aspettare con fiducia: gli inquirenti hanno promesso a me e a mia moglie che avrebbero indagato a fondo per scoprire in che modo è morto nostro figlio. E non ho motivo per dubitarne. Spero soltanto che si arrivi alla verità».
A distanza di mesi ha qualche certezza in più su quella notte? «Io so che Domenico non si è suicidato. Ho voluto affrontare l’argomento anche con i suoi amici, ho deciso di confrontarmi con loro perché ci sono aspetti della vita di un adolescente che i genitori non possono conoscere. Ma anche loro trovano ridicola l’ipotesi che possa essersi ucciso. Domenico era sereno: non si è ammazzato. E questa è la nostra principale certezza».
Resta l’ipotesi che qualcuno abbia assistito all’incidente, magari con un «ruolo attivo » nella caduta. All’inizio i sospetti convergevano sui compagni... «Io e mia moglie non li abbiamo mai accusati, ci siamo limitati a osservare come non siano emerse circostanze che lascino pensare alla presenza di estranei nel corridoio. E la dinamica di quella notte presenta ancora troppi punti oscuri. Domenico non poteva essere da solo: se stava male avrebbe chiesto aiuto, avrebbe cercato di tornare nella sua stanza…».
La polizia ha interrogato decine di persone, studenti compresi. Crede che qualcuno nasconda la verità? «I compagni di stanza di Domenico mi hanno detto di non sapere cosa sia accaduto a mio figlio e non ho elementi per dire che mentano. Penso solo che se qualcuno sta tacendo ciò che sa, da cento giorni si ritrova a fare i conti con un peso immenso sulla coscienza».
Poveri genitori che hanno perso l'unico bene, l'unico figlio. Non sapere uccide ancora di più, aumenta il buio dello smarrimento. |
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