Marino, lo sfogo velenoso: «Ora questa città si merita i grillini»
di Simone Canettieri
È solo nel suo studio, mai così grande, con vista sui Fori. Il tapis roulant è smontato. Scruta le agenzie di stampa, come se fossero bollettini medici. Mancano pochi minuti alle 18. Ignazio Marino sta per non essere più sindaco di Roma. La notizia gliela dà Roberto Tricarico, il torinese, braccio ambidestro: «E' finita, Ignazio, sono entrati dal segretario generale».
E qui c'è il Marino che un po' tutti conoscono. La prima reazione è asettica, marzianeggiante: «Bene, mi faccio una doccia e vado in conferenza stampa». La seconda è uno sfogo. Forse un testamento. Chissà, una profezia: «Il Pd si è suicidato, questa città finirà nelle mani dei Cinque Stelle, gli unici a non essere coinvolti, Roma si merita i grillini al governo».
Dopo di me, il diluvio. Intanto, iniziamo con una doccia. Finisce così la sua giornata da primo cittadino, nella sala della Protomoteca, blindato dalla scorta Dopo di me, il diluvio. Intanto, iniziamo con una doccia. Finisce così la sua giornata da primo cittadino, nella sala della Protomoteca, blindato dalla scorta che tra poche settimane gli sarà alleggerita. Le ha provate tutte per resistere. Compreso un contatto con Giorgio Napolitano. La telefonata è di pochi giorni fa. «Presidente, parli lei con Renzi. Non si può finire così».
E qui c'è il Marino che un po' tutti conoscono. La prima reazione è asettica, marzianeggiante: «Bene, mi faccio una doccia e vado in conferenza stampa». La seconda è uno sfogo. Forse un testamento. Chissà, una profezia: «Il Pd si è suicidato, questa città finirà nelle mani dei Cinque Stelle, gli unici a non essere coinvolti, Roma si merita i grillini al governo».
Dopo di me, il diluvio. Intanto, iniziamo con una doccia. Finisce così la sua giornata da primo cittadino, nella sala della Protomoteca, blindato dalla scorta Dopo di me, il diluvio. Intanto, iniziamo con una doccia. Finisce così la sua giornata da primo cittadino, nella sala della Protomoteca, blindato dalla scorta che tra poche settimane gli sarà alleggerita. Le ha provate tutte per resistere. Compreso un contatto con Giorgio Napolitano. La telefonata è di pochi giorni fa. «Presidente, parli lei con Renzi. Non si può finire così».
Ci ha pensato troppo tardi Marino a difendere la sua poltrona. Prima ha dimostrato di non accorgersi di quello che gli stavano preparando.
Una città che per anni era finita nelle grinfie di una corruzione spartitoria pensava che si sarebbe fatta ripulire facilmente?
Che intelligenza politica ha quest'uomo a non aver affinato le sue percezioni della realtà?
"Il Tempo" 10/01/2014
È caduto l’ottavo re dell’ottavo colle di Roma, Malagrotta. Forse. Chi lo conosce bene Manlio Cerroni, anzi «il Supremo» come dalle intercettazioni lo hanno ribattezzato la politica e il funzionario di turno, giurerebbe ancora che arrendersi è una parola troppo grossa anche per lui, il boss di 87 anni seduto su una montagna di rifiuti che però vale oro e che nessuno – magistratura a parte – negli anni ha voluto o potuto smuovere. Sotto ci sono i soldi, un giro di conoscenze compiacenti nelle sedi istituzionali che contano
Anni di "re" di Roma di ogni tipo: questo lo chiamavano «il Supremo», per le laute mazzette con cui soddisfaceva i corrotti che sono ancora lì, quelli che consentivano che una discarica, mantenuta in piedi nonostante le normative europee ed in barba alle relative sanzioni milionarie che tanto pagavano quei poveri "stronzi" dei contribuenti Italiani, continuasse ad ingoiare soldi, soldi, soldi pubblici per arricchire «il Supremo» e i mazzettari.
Solo contrastare questi interessi corrotti è sufficiente per aspettarsi di essere impallinato.
Poi c'è il resto, tutto il resto.
Non puoi rilassarti se intendi cambiare una porcilaia in un giardino.
Niente viaggi all'estero, ma stare al chiodo in Campidoglio, chiedendo l'appoggio del Prefetto, quello che non si è accorto dell'altro "re" di Roma, il Casamonica, e del suo funerale con volo non autorizzato di un elicottero per i cieli di Roma.
Se fosse stato qui Marino avrebbe potuto attaccarsi al telefono e sbraitare con il Prefetto, chiedendogli conto dei suoi occhi chiusi, di quale cavolo di controllo operava sulla Capitale. Quel Prefetto che lui aveva sfidato registrando, sui registri dello Stato Civile di Roma, i matrimoni fra persone di ugual sesso contratti all'estero...
Invece lui, lievemente, se ne stava altrove.
Non è implicato in Mafia Capitale ma di certo "non ha orecchio" e "bisogna avere orecchio", come appunto cantava Iannacci.
La sua superficialità caratteriale ha fatto sì che desse le dimissioni spinto dal vento forte del suo partito, ma non convinto, dunque il ripensamento, i tentativi estremi di un rimedio tardivo... Tutto questo dimostra precise debolezze caratteriali che non possono reggere la sfida di ripulire una porcilaia. Ci voleva ben altro.
Ci riuscirà il Prefetto voluto da Matteo Renzi?
Vedremo. Intanto Matteo mi ha fatto un poco ridere nell'intervista che ha dato ai TG RAI, quando ha detto che una prova che non andava più bene come Sindaco sono i "26 consiglieri che hanno dato le dimissioni e che ci sarà pure un motivo".
Andiamo Matteo! I tuoi 19 del PD non è che si sono dimessi "spontaneamente"! Guarda che gli urli e le minacce di Orfini li hanno sentiti in tanti e i giornali hanno riportato i fatti!
Gli altri, Matteo, non fare il finto tonto, aspirano alla poltrona che Ignazio lascia libera.. Come puoi pensare che la gente non lo capisca? L'hanno capito tutti, ma proprio tutti. Dunque tu, nel dire certe cose, hai dato il destro per farti dire che sei un finto, hai dato spunto ai tuoi detrattori.
Tornando a Marino e alla sua frase sul M5S mi viene da sorridere: sembra una minaccia, un guaio per Roma la eventuale gestione a 5 Stelle!
Ma, scusi, Marino, peggio di Alemanno e del suo successivo tentativo di cambiamento?
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