Favole della Befana
I rospi sono animali brutti, non v'è dubbio, ma non è detto
che non siano utili e... con dei sentimenti.
Utili perché, lo sanno tutti, mangiano insetti fastidiosi
che altrimenti sarebbero molti di più di quanti già sono... Quanto ai
sentimenti ecco la storia.
C'era una volta una signora che aveva un grande giardino,
un'estate uno dei suoi figli, un ragazzo, si annoiava e chiese alla mamma:
"Posso scavare una fontana in giardino?"
La mamma gli disse subito di si, perché i desideri dei suoi
figli erano più importanti di tutto.
Il ragazzo scavò e scavò e un suo amico, che abitava nella
casa accanto, gli chiese: "Posso scavare anch'io?" Ovviamente gli fu
detto di si, perché fare le cose insieme è più bello e così la fontana divenne
più grande del previsto. Poi arrivò il papà e propose di circondarla con un
muretto fatto di pietre, fece con suo figlio il cemento per il fondo e mise i
tubi per l'acqua e per lo scarico. Alla fine era davvero una bella fontana.
Ognuno che veniva a trovare quella famiglia ammirava la
fontana e la mamma tutta orgogliosa diceva: "L'ha fatta mio figlio con il
suo amico Valerio." In effetti l'amico che aveva aiutato nello scavo si
era preso, per errore, anche un
colpettino di zappa su un piede da parte dell'amico che stava aiutando, dunque
il suo lavoro aveva acquistato maggior valore.
Ognuno dei visitatori vedeva in quella fontana qualcosa di
diverso. Delle signore molto borghesi chiesero se fosse una piscina, visto che
i due amici scava scava l'avevano allargata un po'.. Alla mamma venne da ridere
e spiegò che no era una fontana, frutto della voglia di suo figlio di non stare
con le mani in mano.
Una ragazza italo canadese in visita però vide un giorno che la
fontana era piena di palline bianche ed esclamò con disgusto: "Sono uova
di rospo! Che schifo!" E le venne mal di stomaco a quella vista.
Qualche tempo dopo, uno dei figli della signora del giardino
con la fontana venne a dirle, insieme ai suoi amici del circondario, che nel
prato condominiale c'erano tanti, ma tanti rospi!
"Mamma, vedessi, sono grossi e saltano! Sono
tanti!"
"Ma da dove verranno mai?" Si chiese la signora.
Le vennero in mente le uova bianche che la ragazza canadese aveva riconosciuto
come di rospo e si recò alla fontana che stava in fondo al giardino, lontano
dalla casa, per questo, presa dalle faccende domestiche, andava laggiù di rado.
L'acqua era senza palline bianche. Allora la signora pensò
che quella banda di rospi che zompettava nel campo condominiale forse
veniva da lì. Ma dove erano stati tutto quel tempo dopo la schiusa per poi
crescere e diventare rospi adulti? Lei non li aveva mai visti zompettare per il
suo giardino. Forse, pensò, appena nati si erano trasferiti nel giardino di una
casa disabitata che era accanto al suo, disturbati dalla presenza di numerose
persone che abitavano nella sua casa. Poi da lì erano passati nel terreno
condominiale con cui la casa disabitata confinava.
Dopo quel raduno clamoroso i rospi adulti sparirono anche
dal terreno condominiale, forse disturbati dalla curiosità dei ragazzini che li
avevano visti e che tornavano a guardarli.
Che i rospi siano terrorizzati dagli uomini la signora del
giardino con la fontana lo scoprì quando acquistò una casa nuova: anche questa
circondata da un grande terreno.
In fondo alla scala che portava al garage c'era un pozzetto
per lo scolo dell'acqua piovana, coperto da una griglietta che celava la vista
dell'acqua che vi ristagnava sempre un poco, tranne che nei mesi estivi molto
caldi e senza pioggia.
Uscendo dalla porta del garage che dava sulle scale la
signora vide quello che le sembrò un grosso insetto nero nell'angolo. Tornò nel
garage e prese la ramazza per stanarlo ed ucciderlo ma, tornata sul piccolo
pianerottolo che dava accesso alla scala che saliva verso l'abitazione, si
accorse che nell'angolo opposto ce ne era un altro.. e, spiaccicato contro la
porta del sottoscala, immobile per il terrore, un terzo, con però delle strane
zampette che negli altri due non si vedevano, essendosi rifugiati negli angoli.
Allora la signora ricordò le palline bianche della fontana e pensò: "Ma
non saranno dei rospetti appena nati?" Alzò la griglietta e vide alcune di
quelle palline, mentre sgusciava fuori
un piccolo rospetto nero che era ancora lì, con quelle uova non ancora schiuse...
Il quarto della figliata si rifugiò, terrorizzato come i suoi fratelli, contro il
primo angoletto già occupato da uno di loro, formando una macchia nera
imprecisata. Nello sgusciare però mostrò le sue quattro inequivocabili zampette
che non lasciarono dubbi sul fatto che fosse un rospetto.
"Come sono neri appena nati!"
Osservò sorridendo la donna, ricordando i girini delle rane
che aveva visto in un ruscello di un luogo dove andava d'estate: erano
nerissimi, come questi rospetti, ma piccoli e a forma di un cucchiaio. Nelle
acque cristalline di quel ruscello che scorrevano sui ciottoli, formando di
tratto in tratto gradini, poi piccole vasche di raccolta, per poi riprendere il
cammino in rapida e continua, perenne discesa, aveva passato il suo tempo di
bambina a guardare "le cucchiarelle": alcune avevano due zampette dietro, ai lati della
piccola coda, altre anche due davanti, altre ancora, schiarite di quel colore nero, non avevano più la coda, e
infine talune, che si mimetizzavano con il verde del muschio e delle erbe
sui ciottoli, rivelavano finalmente la loro natura di piccolissime rane.
Senza saperlo quella bambina aveva potuto osservare dal vivo
il fenomeno della metamorfosi degli anfibi.
Quei ricordi l'aiutarono a capire anche la metamorfosi dei
rospi: appena nati erano neri come i girini delle rane, solo più grossi... e
questi avevano già anche le zampette, appena usciti da quell'angusta fognetta.
"Bisogna portarli sul prato, - pensò - altrimenti qui
moriranno. Non possono mangiare nulla e camminando potremmo schiacciarli."
Prese una scopa più piccola ed un piccolo raccogli mondezza
e provò a raccoglierli lì per trasferirli in cima alla scala, sul prato.
Ma i quattro opposero una terrorizzata resistenza,
spiaccicati contro i loro rifugi.
"Cretini! Vi voglio aiutare, così morite." Diceva
loro la donna cercando di staccarli senza comprimerli troppo con la scopa.
Pensò, ridendo di sé, che era una specie di S. Francesco che parlava con gli
animali. Alla fine ci riuscì e trasferì i quattro piccolissimi esserini neri
sul prato.
Ma dopo qualche tempo doveva esserci stata una seconda
schiusa, perché ne trovò altri, sempre prigionieri nel pianerottolo. Ripeté il
salvataggio chiedendosi come aveva fatto la mamma rospa a risalire la scala
dopo avere depositato le sue uova.
"Gli adulti sono grossi, - le disse il marito -
saltando avrà risalito gradino per gradino. I piccoli però non ce l'avrebbero
fatta mai senza mangiare nulla, fino a raggiungere la dimensione necessaria per
risalire.. Bene, ci toglieranno un po' di insetti."
Passò altro tempo. Un giorno che la signora stava pulendo
delle piante in giardino, affondando la mano nella terra morbida la ritrasse
con nel pugno quello che le era sembrato un sasso: ma era stranamente
spugnoso... Aprì la mano e lasciò andare un rospetto ormai ben mimetizzato del
colore verdastro-marrone dei sassi. La donna rise divertita, pensando alla
paura del piccolo animale.
Ma una sera che si era accostata alla fontanella esterna,
dove di solito si lavava le mani dopo i lavori di giardinaggio, alla luce del
lume che sovrastava la fontanella murata contro il muro della casa, scorse una grossa ombra scura: accanto alla
fontanella, sul marciapiedino che circondava la casa, stava immobile un grosso
rospo le cui dimensioni fecero effetto alla signora. Aprì l'acqua con cautela,
temendo che si muovesse e le venisse addosso... Ma quello rimase immobile. Un
po' in tensione (ora era lei ad avere timore) le venne di salutarlo:
"Buonasera signora rospa."
Il giorno dopo, pulendo le piante che bordeggiavano quel
punto del marciapiedino, trovò un grosso buco nel terreno, proprio appena sotto
il bordo. "Questa è la sua casa." Pensò. "Di giorno non esce
perché ha paura, ma ieri sera non si è spaventata, è rimasta immobile accanto a
me."
Ogni sera, se la donna andava a lavare qualcosa nella
fontanella, il grosso rospo era lì e non si muoveva al suo arrivo: restava
immobile a godere il fresco della sera. Lei lo salutava chiamandolo
"signora rospa", dato che tutti quei rospetti che lei aveva salvato qualcuno
doveva averli depositati nella fognetta!
Quella presenza immobile e silenziosa ci fu tutte le sere di
quella estate. La rospa, grossa e certo dall'aspetto non bello, se ne stava
buona buona e ferma ferma in quell'unica sua uscita serale dal buco adiacente
che era la sua casa.
La donna la salutava dicendole: "Prende il fresco
signora rospa?" E lei non mostrava di avere timore di quella voce umana.
Ma ad un certo punto la donna non trovò più la silenziosa
compagna serale della fontanella e capì che non c'era più.
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