Nell'ordinamento giuridico italiano la truffa è un reato previsto dall'art. 640 del codice penale
È definita come attività ingannatoria capace di indurre la parte offesa in errore attraverso artifici e raggiri per indurla a effettuare atti di disposizione patrimoniale che la danneggiano e favoriscono il truffatore o altri soggetti, procurando per questi ultimi un profitto corrispondente al danno inferto alla vittima.
"Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da cinquantuno euro a milletrentadue euro. La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da trecentonove euro a millecinquecentoquarantanove euro:
- se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare [c.p.m.p. 162, 32quater];
- se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'Autorità [649]
Come si vede se ci si sente truffati bisogna agire querelando chi riteniamo ci abbia truffato.
Il pensionato di Civitavecchia invece di uccidersi poteva agire in tal senso, giacché in quello che gli è accaduto gli elementi di truffa ci sono tutti.
Chi gli proponeva di investire la sua liquidità in obbligazioni di una banca commissariata o, se temporalmente non ancora commissariata, in sicura difficoltà, commetteva truffa anche se spinto dalla dirigenza della banca a farlo, la quale in tal caso è correa nel reato di truffa.
Il codice parla chiaro, quindi la strada è la querela di parte.
Quelli che si trovano nella stessa situazione del pensionato suicida, ma sono vivi, hanno questa strada legale da percorrere.
Certo le pene sono risibili ma, se si ottiene la condanna penale, ci si può rifare in sede civile chiedendo ai condannati di risarcire con il proprio patrimonio personale il danno subito.
Strano che nessuno ne parli e scriva.
Eppure il Codice Penale parla chiaro.
Sul piano Politico invece apprendiamo dalla viva voce del Direttore Generale della Banca d'Italia che essa non ha gli strumenti legislativi per fare di più di quanto non abbia fatto fin qui. Nel contempo però dice che "ci vuole una legge per vietare la vendita allo sportello dei titoli a rischio" e che da tempo la Banca D'Italia avrebbe chiesto al Potere Legislativo di farla.
Ma, per citare gli ultimi Governi, questa Legge che vietasse "lo spaccio" di titoli rischiosi al dettaglio non è stata fatta né dal Governo Berlusconi, né dal Governo Monti, né dal Governo Letta, fino ad oggi con il Governo Renzi.
Quello che però viene rimproverato al Governo Renzi sono i rapporti imbarazzanti fra una Banca in difficoltà come la Banca Etruria ed uno dei più importanti Ministri del suo Governo.
E se è vero che "speculare sui morti fa schifo" è anche vero che troppo stretti sono questi rapporti familiari della brava Ministra Boschi con quella Banca. Suo padre non ne è più il Vicepresidente ma lo è stato fino a tempi recenti in cui la Banca era in forte sofferenza e lui non poteva non saperlo... Perché non ha impedito che si continuassero ad ingannare i clienti vendendo loro quei titoli che poi il decreto ha reso carta da camino?
Inoltre i giornali pubblicano la notizia, non so quanto vera così come scritta, che il padre del nostro Presidente del Consiglio sarebbe entrato in una Società con l'attuale Presidente della Banca Etruria.
Tutto questo deve essere chiarito dal Capo del Governo per rasserenare l'elettorato, non bastando assolutamente la solita inchiesta Parlamentare, giacché qualcuno disse: "Se si vuole affossare qualcosa basta aprire una Commissione Parlamentare di inchiesta".
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