"Una manciata di fango", edito nel 1993 per i tipi di Rizzoli, è un romanzo di Corrado Augias che lessi all'epoca e sto rileggendo in questi giorni. Vi si individuano delle figure del mondo politico socialista italiano dell'epoca che, proprio in quel periodo, erano oggetto di indagini da parte della magistratura italiana. Di solito in ogni romanzo si riporta la scritta preventiva contro eventuali querele: "Ogni riferimento a cose e persone realmente esistenti è puramente casuale". In questo caso Augias, in una Nota dell'Autore inserita prima del Prologo, si spinge molto più in là rispetto alla consuetudine pre-difensiva e scrive testualmente:
"E' possibile che i fatti e i personaggi di questo romanzo evochino nella fantasia del lettore altri fatti, altri personaggi, che abbiamo imparato a disprezzare nel corso tumultuoso dei mesi trascorsi dal 17 febbraio 1992 a oggi. L'Autore non dice che queste associazioni siano illegittime."
Meglio di così??!!
Andando a spulciare su cosa era l'Italia di allora e da quali persone si era governati e sgovernati viene il voltastomaco.
E si lamentano oggi di Matteo Renzi!!
Questo lunghissimo post, di cui pubblico solo alcune parti, riporta le intercettazioni telefoniche operate dall'Autorità Giudiziaria, su mandato dei Magistrati inquirenti, sulla linea telefonica di casa Sofri fin dal giorno prima il suo arresto, avvenuto il 28 luglio 1988.
La sua compagna, Randi, parla con "amici" potenti in quel momento per capire cosa può fare per aiutare il suo compagno.
Si assiste ad uno spaccato morale di varie persone che non ha bisogno di commenti: si commenta da solo.
Dal Blog: RICORDARE
155 - Calabresi, Sofri e la sinistra
Ecco cosa si dissero, il giorno dell’arresto di Sofri, i membri del clan di Lotta Continua che ruotava attorno a Claudio Martelli: «Quand’è morto Calabresi ero ben contenta» disse la compagna del ministro della giustizia.
di Luciano Garibaldi
Nel libro di Leonardo Marino ‘La verità di piombo. Io Sofri e gli altri’, edizioni Ares, a pagina 95 si legge: «La mattina del 28 luglio 1988 furono eseguiti i mandati di cattura firmati dal giudice istruttore Antonio Lombardi contro Sofri, Pietrostefani e Bompressi (N.d.R.: omicida materiale del commissario Calabresi). I telefoni degli arrestati erano stati posti sotto controllo. (…) Peccato, davvero peccato, che nessuno abbia ancora scritto “un doloroso mistero” su quelle telefonate, divenute pubbliche soltanto dopo il deposito degli atti».
Ecco uno stimolo per mettersi al volante e andare a trovare a Modena, l’avvocato Odoardo Ascari, una delle “parti civili” (per conto della vedova di Calabresi) al processo Sofri, e, come tale, depositario degli atti dibattimentali, tra cui le migliaia di pagine di quelle registrazioni. Dall’archivio di Ascari, scelgo quelle effettuate sul telefono di Sofri, il personaggio più interessante del quartetto, e m’immergo nella lettura.
E’ uno spaccato unico della società di sinistra nel nostro Paese, un documento che mostra, di volta in volta, la spocchia, la sicumera, l’improntitudine, ma anche la falsità, l’astuzia, la freddezza e il calcolo (con pochissimi sprazzi di generosità) di un ambiente che nell'”area socialista”, già allora ruotava attorno a Claudio Martelli, il figlio che, dopo aver pugnalato il padre, si propone come il rinnovatore della sinistra travolta dallo scandalo delle tangenti.
E’ infatti attorno al ruolo di Martelli, massimo sponsor politico ed amico personale di Sofri, che si muovono le più significative conversazioni telefoniche tra la signora Randi Krokaa, compagna dell’ex estremista appena arrestato, e i vari interlocutori, tutti impiegati nella ricerca e nella creazione di una giurisdizione alternativa che confluirà presto nel rifiuto della magistratura e nel suo aperto vilipendio che da carnefici si facevano giudici.
Per ordine del magistrato inquirente, il telefono era sotto controllo fin dal giorno precedente l’arresto, e cioè mercoledì 27 luglio 1988.
Ignaro della tempesta che sta per abbattersi sul suo capo, in seguito alla confessione di Marino, Sofri, 45 anni professore di lettere e arte, è più che mai impegnato nel suo nuovo ruolo di testa pensante del PSI. Deve incontrare “Gianni” (Gianni De Michelis, vicepresidente del Consiglio) perché gli faccia ottenere un contratto pubblicitario per un nuovo giornale che ha in mente dopo il recente fallimento del quotidiano Reporter, sponsorizzato da Martelli. Non sa se intervenire, su l’Unità, nel dibattito che si è aperto su Togliatti.
...OMISSIS...
C’è la dichiarazione di Boato: «Escludo totalmente che Sofri, come del resto Pietrostefani, possano avere avuto la benché minima responsabilità giudiziaria nell’omicidio di Calabresi» (e gli altri due?).
E c’è finalmente, anche quella di Martelli: dopo aver premesso che la sua conoscenza con Sofri risale soltanto al 1984, dice che lo considera un amico «e finché non vedo le prove non credo che possa essere il responsabile di quell’assassinio. Un conto sono le responsabilità politiche e un altro quelle dirette. Sofri non ha mai fatto parte del servizio d’ordine di Lc, data la sua levatura culturale che mal si adattava a questo ruolo». Dichiarazione falsa, come vedremo tra poco, temeraria, perché dà per scontato che il “servizio d’ordine” potesse anche dedicarsi, tra una sprangata e l’altra, alla disdicevole pratica del colpo alla nuca, snobisticamente razzista per l’accenno alla “levatura culturale”, ma comunque ancora lontana da quella demonizzazione dei giudici cui Martelli parteciperà largamente in seguito. Sia come sia, le dichiarazioni non soddisfano.
Telefona Giorgio Albonetti: «Boato è uno stronzo e a Martelli sputagli in un occhio».
Randi: «Perché?».
Albonetti: «Ma scusa, ha detto che lui non lo conosceva!».
Albonetti non è il solo. Chiama una donna non identificata: «Ho sentito il telegiornale. Di Boato non ho il numero di telefono, e mi dispiace, perché vorrei dargli dello stronzo».
Randi: «Una cagata, vero?».
E finalmente Ludovica, la compagna del “delfino”: Randi: «Ehi, signora, come va?».
Ludovica: «Ho parlato con Claudio. Chiaramente, assolutamente incredulo. Roba da pazzi… Sono con le gambe che mi tremano… mi sembra una cosa allucinante che si permettano di far arrestare gente dopo anni e anni… Poi, io mi ricordo benissimo quando è morto Calabresi. Ma io ero ben contenta!».
Randi: «Infatti, vorrei vedere chi non ha detto qualcosa su Calabresi».
Ludovica: «Figurati, era un pezzo di merda!».
Richiudo il dossier e, nel riconsegnarlo al suo legittimo detentore, l’avvocato Ascari, gli chiedo un commento. «Nessuna vicenda processuale come questa», mi dice, «ha conosciuto tanta inciviltà negli uomini e nei modi. Fin dall’inizio, e poi con un crescendo sempre più corale, i grandi mezzi di comunicazione pubblici e privati, caduti in signoria dei compagni d’arme e di fede degli imputati e dei loro potenti amici politici e di “cultura”, hanno cercato di togliere ogni legittimazione anche morale agli organi dello Stato, nel tentativo di privilegiare una sorta di giurisdizione alternativa. A quest’ultima si rivolse immediatamente la difesa degli imputati individuando giustamente in essa l’unica via di salvezza. Le trascrizioni delle telefonate intercettate costituiscono uno degli spaccati più squallidi e desolanti di questa certa Italia di sinistra, a partire dalle adesioni raccolte in Parlamento per un appello in favore degli arrestati, nel giorno stesso del loro arresto, a scatola chiusa».
«Prestigiosi rappresentanti della vita politica italiana», dice ancora Ascari, «si schieravano così contro l’opera della magistratura, presto seguiti dalla foltissima schiera degli intellettuali progressisti. Sono essi ad avere costituito la giurisdizione alternativa, sulla quale unicamente ha fatto affidamento Sofri, rinunciando all’appello».
Una mossa vincente?
«Senta questo», risponde Ascari: «un difensore di Pietrostefani, nei motivi del ricorso in Cassazione, ha citato per ben due volte filosofi, attori, uomini politici, letterati di altissimo prestigio, illustri firmatari di manifesti, indirizzi, dichiarazioni, petizioni a favore degli imputati: le tesi innocentiste sono state accreditate come di gran lunga più autorevoli delle argomentazioni svolte dalle sentenze della magistratura. Correlativamente, nei motivi del ricorso, per ben due volte si fa riferimento alle luminose carriere dei mandanti dell’omicidio. Per contro, sulla figura di Calabresi “furono pubblicati libri e scritti non propriamente rispettosi della sua ‘innocenza’ (così, tra virgolette), con firme prestigiose ed estranee a Lotta Continua, che, ancor oggi, sono tra le più accreditate dalla scienza e dal giornalismo italiano».
I socialisti craxiani, acclarati ladri da prove e sentenze, legati ad assassini anch'essi acclarati tali dalle sentenze.
E bisogna rileggere con quale sfarzo vivevano costoro che si dichiaravano "di sinistra", nulla a che vedere con la vita dell'italiano medio pagatore di tasse.
La Ludovica che si esprime in cotanto modo nei riguardi del servitore dello Stato Commissario Calabresi è l'ex moglie di Carlo Scognamiglio, in quel momento compagna di Claudio Martelli, che fece parte, insieme ad un codazzo di 52 persone, della "gita cinese", che avrebbe dovuto essere un viaggio di Stato (visto che l'hanno pagata i contribuenti italiani), organizzata dal Presidente del Consiglio Bettino Craxi.
A rileggere la cronaca su queste persone, allora potenti e loro cortigiani, penso che abbiamo passato momenti ben peggiori!!!