Il guaio, per i due giornalisti, è che l'intercettazione non viene fuori, anche se l'Espresso continua a confermare la veridicità della conversazione, pur senza averne una prova. L'esistenza della telefonata è stata invece smentita più volte dal procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi. I due giornalisti, sentiti dai pm in presenza del loro avvocato, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Entrambi, ora, sono indagati per diffusione di notizia falsa, mentre Messina risponde del reato più grave di calunnia perché avrebbe indicato come fonte della notizia un investigatore che avrebbe, invece, negato di avergliela mai riferita. Nell'ultimo numero il direttore dell' Espresso , Luigi Vicinanza, ha nuovamente difeso il lavoro della sua redazione: «Sia chiaro: quella telefonata – orrenda, imbarazzante – esiste. Purtroppo. L'Espresso non ha inventato nulla, non ha aggiunto nulla e non ha nascosto nulla. Ha avuto una notizia, l'ha verificata e l'ha pubblicata». Senza avere, però, la telefonata. Ma la verità verrà fuori, di questo è convinto il direttore Vicinanza (che i maligni, sul web, già soprannominano «Lontananza», facendo ironia sulla direzione in bilico dopo la vicenda). «Già in passato per tutelare il segreto di inchieste relative a cariche istituzionali, la procura di Palermo ha smentito rivelazioni dell' Espresso che poi si sono dimostrate vere» scrive il direttore. Nel frattempo anche l'Ordine dei giornalisti ha convocato i due giornalisti e aperto un'indagine conoscitiva. La situazione resta complicata.
Le indagini della Procura potranno fare più luce sulla genesi di quella notizia e magari sulla fonte dell'informazione, ma Crocetta già assapora la rivincita. «Non hanno nessuna registrazione. Quello che hanno fatto a me è terribile» dice il presidente della Regione siciliana. Alla domanda se ritiene che l'Assemblea possa votargli la sfiducia, risponde: «Per cosa, per un falso scritto contro di me?».
La verità in questo caso della intercettazione "fantasma" verrà fuori: o a favore dell'Espresso o a suo sfavore ma verrà fuori.
Se, come dice il Direttore, "Già in passato per tutelare il segreto di inchieste relative a cariche istituzionali, la procura di Palermo ha smentito rivelazioni dell' Espresso che poi si sono dimostrate vere" accadrà anche in questo caso, giacché prima di condannare per calunnia e pubblicazione di notizie false i PM dovranno effettuare ogni verifica. Se la fonte citata smentisce, per timore di incorrere in sanzioni disciplinari o nel reato di rivelazione di atti d'ufficio, sarà messa a confronto con il giornalista costretto a rivelare la fonte, cosa che la deontologia professionale vieterebbe, ma non di fronte ad un caso in cui si configurano vari altri reati.
Se, invece, il giornalista è incorso in una trappola, purtroppo la pagherà, come accadde anni fa a due giornalisti dell'Unità di cui una era una giovane donna.
Dall'Archivio storico del Corriere della Sera
Caprara Maurizio
Tra il 16 e il 18 marzo ' 82, il quotidiano del Pci pubblico' tre servizi sulle trattative per la liberazione dell' assessore dc Cirillo. Una cronista, Marina Maresca, aveva portato al giornale un foglio intestato "Mininter" che attribuiva ad altri due dc, Vincenzo Scotti e Francesco Patriarca, di essere stati da Cutolo nel carcere di Ascoli Piceno. Motivo: chiedergli di darsi da fare per il rilascio dell' assessore catturato dalle Br. Quel foglio era falso. L' aveva fornito Luigi Rotondi, uno di quei figuri oscuri che popolano le ricostruzioni dei misteri italiani. Informatore, millantatore che diceva alla giornalista di lavorare all' ufficio Affari riservati del ministero degli Interni. A Petruccioli la ragazza racconto' che il documento veniva dalla magistratura di Napoli. Il Pci accuso' la Dc di pastetta con la camorra, lo scandalo esplose. Per poi ritorcersi contro il direttore dell' Unita' . Come si e' saputo piu' tardi, altre visite a Cutolo pero' c' erano state davvero.
Dall'Archivio storico del Corriere della Sera
Caprara Maurizio
Tra il 16 e il 18 marzo ' 82, il quotidiano del Pci pubblico' tre servizi sulle trattative per la liberazione dell' assessore dc Cirillo. Una cronista, Marina Maresca, aveva portato al giornale un foglio intestato "Mininter" che attribuiva ad altri due dc, Vincenzo Scotti e Francesco Patriarca, di essere stati da Cutolo nel carcere di Ascoli Piceno. Motivo: chiedergli di darsi da fare per il rilascio dell' assessore catturato dalle Br. Quel foglio era falso. L' aveva fornito Luigi Rotondi, uno di quei figuri oscuri che popolano le ricostruzioni dei misteri italiani. Informatore, millantatore che diceva alla giornalista di lavorare all' ufficio Affari riservati del ministero degli Interni. A Petruccioli la ragazza racconto' che il documento veniva dalla magistratura di Napoli. Il Pci accuso' la Dc di pastetta con la camorra, lo scandalo esplose. Per poi ritorcersi contro il direttore dell' Unita' . Come si e' saputo piu' tardi, altre visite a Cutolo pero' c' erano state davvero.