Carmine Ranieri Guarino 11 settembre 2015
Giacomino, capotreno per un giorno prima di morire a tre anni
La storia del piccolo Giacomo, un bimbo di tre anni affetto da leucemia in fase di inarrestabile progressione. Aveva un solo sogno: fare il capotreno. E il comitato Maria Letizia Verga, con Trenord, lo hanno realizzato
Giacomino morto a 3 anni |
Forse anche lui, in cuor suo, sapeva che non avrebbe potuto vincere una battaglia che a tre anni non avrebbe mai dovuto affrontare. E per questo chiedeva solo di sorridere, di essere felice, di essere amato.
Giacomino voleva soltanto una cosa. E a mamma e papà, col suo sorriso splendente, confessava un piccolo segreto, un piccolo desiderio: fare il capotreno, almeno per un minuto. Indossare quel cappello un po’ troppo grande per la sua testa, mettere al collo quel fischietto e tenere in mano il “volante” del treno.
Almeno questo a Giacomino lo si doveva. E, almeno questo, a Giacomino è stato dato.
Nei mesi scorsi, il comitato Maria Letizia Verga e Trenord hanno fatto in modo che il sogno di un bimbo malato di leucemia diventasse realtà. Giacomo è salito su un treno in partenza da Monza alle 11.33 e ha “tenuto i comandi” fino alle 11.54, quando il Besanino è arrivato nella stazione di Macherio.
“Il suo sorriso - racconta il dottor Momcilo Jankovic sul notiziario del Comitato - è stato unico ed inimitabile. Tutto è stato meraviglioso”.
Esaudito il suo sogno, poi, Giacomino è volato via. Tutta colpa di quella leucemia in “fase di inarrestabile progressione” che non gli ha lasciato scampo. Ma che ha lasciato negli occhi e nel cuore di mamma e papà tante “foto” di quei sorrisi che il piccolo non negava a nessuno.
Giacomino “ha affrontato ricoveri di mesi sempre sorridendo e felice - scrivono i genitori in una lettera indirizzata al Comitato Maria Letizia Verga per ringraziarli della loro vicinanza e del loro lavoro -. Perché era felice pur essendo chiuso in una stanza di ospedale? Perché con lui c’erano sempre la mamma, il papà e i nonni, i suoi grandi affetti. Ecco quindi che in nome di un grande affetto da cui dipendi e che ti sostiene, riesci ad obbedire anche alla realtà più dura”.
“Siamo grati al Signore - scrivono i genitori - perché con Giacomo abbiamo capito cosa significa lasciarsi amare per ciò che si è senza fare nulla di più. Ecco perché abbiamo scelto questa frase che bene lo descrive: l’importante nella vita non è fare qualcosa, ma nascere e lasciarsi amare.”