Senza ritegno
"'Sta puttana, zozza, schifosa! Tutti 'sti soldi buttati pe' 'sta siepe e mo' l'avemo dovuta tajà!"
La voce chioccia e volgare della insana donna giunse nel giardino dei confinanti mentre stavano tranquillamente cenando all'aperto con i figli. Il marito dell'insana, altrettanto volgare, era però alienato in modo diverso: il suo carattere pauroso lo teneva a freno. Il figlio, pavido come il padre, le disse brevi frasi per contenerla, imitato dal padre che temeva l'incontinenza della donna.
La vicina, che la conosceva bene e proprio per questo la evitava come la peste, guardò allarmata i commensali temendo che avessero udito l'attacco insultante della spostata e, dunque, potessero reagire innescando una lite che lei proprio sdegnava, non volendo avere nulla da spartire con quella donna che, oltre l'evidente alienazione, nella sua vita comportamentale agiva proprio in modo da meritare a pieno titolo quegli aggettivi qualificativi che ora pronunciava contro di lei.
"Ci vuole proprio una faccia come la sua per dare della "zozza schifosa, nonché puttana a me!" Pensò Anna, senza dire niente agli altri che, per fortuna, avevano ignorato lo squallido gruppetto al di là della siepe, perché stavano parlando e scherzando fra loro mentre mangiavano.
Da anni Anna e famiglia spazzavano le foglie che la siepe dell'insana rilasciava sul loro impiantito: uno spazio davanti alla cucina vivibile e godibile dove avevano anche un piccolo barbecue, un tavolo ed un ombrellone. Un muro di cinta separava le due proprietà ed era totalmente costruito all'interno del terreno della famiglia di Anna, essendo la parte esterna sul filo del confine. La spesa di tale costruzione era stata totalmente a carico della famiglia che subiva la sporcizia della siepe. Inoltre Anna avrebbe voluto mettere dei vasi ed altri oggetti di abbellimento sulla sommità del suo muro, ma non poteva farlo per l'invasione della siepe della scadente coppia, che l'aveva piantata senza prevedere la sua inevitabile crescita.
Dapprima avevano sopportato, per evitare di avere a che fare con la donna palesemente instabile e violenta, sapendo che lo sciocco marito non poteva prendere alcuna decisione se la moglie non lo permetteva. Ma alla fine le piante erano così cresciute da sbordare dentro la proprietà dei pazienti vicini di almeno mezzo metro.
La donna che aiutava Anna ogni tanto nella cura della casa glielo disse: "Ma signora Anna, a me non importa niente, dove pulisco pulisco... Ma lei mi paga per pulire lo sporco di questi... Che spazzi lei o spazzi io non fa differenza: lei perde il suo tempo e i suoi soldi! Ma glielo dica! A parte che dovrebbero accorgersene da soli che la loro siepe invade la vostra casa..."
Anna sospirò: "Cara Beatrice, lei ha ragione... Debbo fare qualcosa.. Ma parlare con questi non è possibile! Conosce la situazione.. Lei è una pazza vera, non per modo di dire.. Lui è un minorato che vive come un burattino di cui lei fa quello che vuole."
"Gli faccia scrivere dall'avvocato allora!"
"Non ne vale la pena Beatrice. Non valgono i soldi dell'avvocato. Ci penso io."
Anna, pur non essendo laureata in legge, aveva una buona cultura generale che le consentiva, fino ad un certo segno, di sbrigare le noiose faccende burocratiche e legali da sé. Prese il Codice Civile, che aveva comperato molto tempo prima insieme al Codice Penale per mera consultazione e, trovati gli articoli che le servivano, stilò una lettera in cui richiamava i due sconsiderati ai loro doveri civili, invitandoli a provvedere senza costringerla a ricorrere veramente ad un avvocato.
Ad Anna costò solo il prezzo di una raccomandata, per rendere la cosa più legale possibile.
A casa dell'insana fu come un fulmine a ciel sereno. La squilibrata andò subito su di giri e il pavido consorte faticò non poco per rabbonirla aiutato dal figlio che, guarda il caso, era laureato proprio in Giurisprudenza. La calmò solo la parola del figlio che a lei, ignorante perché di bassa scolarizzazione, appariva di grandissima competenza.
"La dovete tajà. Nun ce so' santi!" Le disse il figlio con il tono più deciso che riuscì a trovare.
"Ma nella lettera c'è scritto che non vogliono che la togliamo del tutto..." Provò a dire il padre a cui, proprio perché era un uomo terra terra, non mancava un concreto senso pratico ed utilitaristico.
"Fate come ve pare, ma 'e piante non ponno sporcaje 'a casa!" Concluse il figlio con aria competente.
A questo punto la donna nevrastenica si rimise al marito, che si teneva proprio perché aveva bisogno di un uomo che la sollevasse da incombenze che lei non sapeva affrontare.
L'uomo si fece aiutare in parte da un giardiniere e in parte lo fece lui e rasò la parte delle piante che davano verso il confine, tagliandone rami e ricacci in modo da creare uno spazio fra il muro dei confinanti e le sue piante, che non ne rimasero affatto danneggiate, nonostante l'accusa e gli insulti della proprietaria. Da allora la siepe non fece che rilasciare qualche foglia ogni tanto nell'impiantito dei vicini e Anna poté finalmente usufruire del suo muro.
Ma voi pensate che gente così abbia avuto coscienza di essere in torto?
Naturalmente no. Il sottomesso marito, come tutti i miseri, cercava di rifarsi delle frustrazioni che accettava dalla moglie parlando da ardito, con altri confinanti, sulla pretesa di quelli che gli avevano imposto di rasare la siepe: "Nun posso nemmeno potare la siepe che si lamentano. Sono matti." Il confinante con cui parlava era un rozzo operaio che, da una baracca tirata su con quattro tufi, aveva ricavato quella che lui riteneva essere una villa: totalmente abusiva.
"Beh, certo, - disse quello - se sa che, se uno pota, quarche ramo po' cascà pure dall'artra parte! E che sarà mai!"
Con altri si fece ancora più ardito: "Se me stufo tiro su un muro pure io accosto al loro!"
Chi l'ascoltava non doveva essere di migliore intelletto perché rise stoltamente e commentò: "Così quella matta - intendendo Anna - ce va a sbatte con la macchina!"
Lo stolto parlava senza conoscere Anna e senza sapere che la famiglia di Anna non accedeva con le proprie auto su quel lato della propria casa.
Ma l'insana coppia non si dette la pena di spiegarglielo, paga del fatto che, comunque, quello aveva dato loro ragione.
Da anni Anna e famiglia spazzavano le foglie che la siepe dell'insana rilasciava sul loro impiantito: uno spazio davanti alla cucina vivibile e godibile dove avevano anche un piccolo barbecue, un tavolo ed un ombrellone. Un muro di cinta separava le due proprietà ed era totalmente costruito all'interno del terreno della famiglia di Anna, essendo la parte esterna sul filo del confine. La spesa di tale costruzione era stata totalmente a carico della famiglia che subiva la sporcizia della siepe. Inoltre Anna avrebbe voluto mettere dei vasi ed altri oggetti di abbellimento sulla sommità del suo muro, ma non poteva farlo per l'invasione della siepe della scadente coppia, che l'aveva piantata senza prevedere la sua inevitabile crescita.
Dapprima avevano sopportato, per evitare di avere a che fare con la donna palesemente instabile e violenta, sapendo che lo sciocco marito non poteva prendere alcuna decisione se la moglie non lo permetteva. Ma alla fine le piante erano così cresciute da sbordare dentro la proprietà dei pazienti vicini di almeno mezzo metro.
La donna che aiutava Anna ogni tanto nella cura della casa glielo disse: "Ma signora Anna, a me non importa niente, dove pulisco pulisco... Ma lei mi paga per pulire lo sporco di questi... Che spazzi lei o spazzi io non fa differenza: lei perde il suo tempo e i suoi soldi! Ma glielo dica! A parte che dovrebbero accorgersene da soli che la loro siepe invade la vostra casa..."
Anna sospirò: "Cara Beatrice, lei ha ragione... Debbo fare qualcosa.. Ma parlare con questi non è possibile! Conosce la situazione.. Lei è una pazza vera, non per modo di dire.. Lui è un minorato che vive come un burattino di cui lei fa quello che vuole."
"Gli faccia scrivere dall'avvocato allora!"
"Non ne vale la pena Beatrice. Non valgono i soldi dell'avvocato. Ci penso io."
Anna, pur non essendo laureata in legge, aveva una buona cultura generale che le consentiva, fino ad un certo segno, di sbrigare le noiose faccende burocratiche e legali da sé. Prese il Codice Civile, che aveva comperato molto tempo prima insieme al Codice Penale per mera consultazione e, trovati gli articoli che le servivano, stilò una lettera in cui richiamava i due sconsiderati ai loro doveri civili, invitandoli a provvedere senza costringerla a ricorrere veramente ad un avvocato.
Ad Anna costò solo il prezzo di una raccomandata, per rendere la cosa più legale possibile.
A casa dell'insana fu come un fulmine a ciel sereno. La squilibrata andò subito su di giri e il pavido consorte faticò non poco per rabbonirla aiutato dal figlio che, guarda il caso, era laureato proprio in Giurisprudenza. La calmò solo la parola del figlio che a lei, ignorante perché di bassa scolarizzazione, appariva di grandissima competenza.
"La dovete tajà. Nun ce so' santi!" Le disse il figlio con il tono più deciso che riuscì a trovare.
"Ma nella lettera c'è scritto che non vogliono che la togliamo del tutto..." Provò a dire il padre a cui, proprio perché era un uomo terra terra, non mancava un concreto senso pratico ed utilitaristico.
"Fate come ve pare, ma 'e piante non ponno sporcaje 'a casa!" Concluse il figlio con aria competente.
A questo punto la donna nevrastenica si rimise al marito, che si teneva proprio perché aveva bisogno di un uomo che la sollevasse da incombenze che lei non sapeva affrontare.
L'uomo si fece aiutare in parte da un giardiniere e in parte lo fece lui e rasò la parte delle piante che davano verso il confine, tagliandone rami e ricacci in modo da creare uno spazio fra il muro dei confinanti e le sue piante, che non ne rimasero affatto danneggiate, nonostante l'accusa e gli insulti della proprietaria. Da allora la siepe non fece che rilasciare qualche foglia ogni tanto nell'impiantito dei vicini e Anna poté finalmente usufruire del suo muro.
Ma voi pensate che gente così abbia avuto coscienza di essere in torto?
Naturalmente no. Il sottomesso marito, come tutti i miseri, cercava di rifarsi delle frustrazioni che accettava dalla moglie parlando da ardito, con altri confinanti, sulla pretesa di quelli che gli avevano imposto di rasare la siepe: "Nun posso nemmeno potare la siepe che si lamentano. Sono matti." Il confinante con cui parlava era un rozzo operaio che, da una baracca tirata su con quattro tufi, aveva ricavato quella che lui riteneva essere una villa: totalmente abusiva.
"Beh, certo, - disse quello - se sa che, se uno pota, quarche ramo po' cascà pure dall'artra parte! E che sarà mai!"
Con altri si fece ancora più ardito: "Se me stufo tiro su un muro pure io accosto al loro!"
Chi l'ascoltava non doveva essere di migliore intelletto perché rise stoltamente e commentò: "Così quella matta - intendendo Anna - ce va a sbatte con la macchina!"
Lo stolto parlava senza conoscere Anna e senza sapere che la famiglia di Anna non accedeva con le proprie auto su quel lato della propria casa.
Ma l'insana coppia non si dette la pena di spiegarglielo, paga del fatto che, comunque, quello aveva dato loro ragione.
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