Il Leprottino
In mezzo alla campagna laziale, circondata da poche ville e case rurali, si ergeva una villetta economica, su un terreno che non poteva dirsi un giardino, in parte tenuto pulito per averci allocato un po' di giochi di plastica per bimbi piccoli che, nonostante i colori vivaci, avevano un aspetto malinconico e disadorno.
Con il diploma di puericultrice alcune e di maestra per la scuola d'infanzia altre, non avevano trovato lavoro, come speravano, in strutture comunali, dunque si erano organizzate in cooperativa ed avevano presentato il loro progetto a quel comune della campagna laziale. Era stato accettato, e per loro era stata una vera svolta. La villetta economica, di proprietà di una di loro, era stata messa a norma e subìto i controlli del comune. Anzi, li subiva periodicamente.
Le mamme lavoratrici affidavano nelle loro mani i loro tesori e tutto sembrava procedere bene.
A chi chiedeva loro dove lasciavano i loro bambini dicevano con forzata allegria: "A "Il Leprottino"!" Sembrandogli, quel tenero nome, rassicurante.
La sorvegliante Adalgisa prese la delega che una delle mamme, che lasciava il suo bambino ad orario più lungo, causa la lontananza del suo luogo di lavoro, aveva preparato per la nonna. "Quando non ce la faccio ad arrivare in tempo verrà la nonna." Disse con un sorriso fiducioso.
Adalgisa la prese e subito il cognome di quella donna la colpì. Era un cognome raro e lei aveva un'amica con quel cognome.
Appena la nonna venne a prendere il nipotino glielo disse: "Ho un'amica con questo nome, forse è parente?"
"Non so, - disse l'anziana donna - ma di certo viene dallo stesso paese: quel cognome nasce solo da quel posto, un paesino del Molise. Mi faccia sapere come si chiama la sua amica." Concluse sorridendo.
Ma quando Adalgisa riportò il nome di quella nonna alla sua amica, questa ebbe una reazione inaspettata.
"Quella! - Disse con un sorriso che pareva un ghigno. - E' una stronza, viziata dal padre e, quando è morto, ha rinchiuso sua madre in un ospizio e le ha preso la casa. Se è per questo siamo pure parenti! Ma non nominarmi con lei! Dille che ti sei sbagliata!"
"E come faccio?!"
"Allora dille che ho cambiato casa! Ma non ci tengo a incontrare quella matta! Perché è pure matta!"
Quando la nonna si trovò di nuovo nella necessità di sostituirsi alla mamma del suo dolce nipotino, chiese ad Adalgisa se poi aveva parlato con la sua amica.
Ma quella, sfuggendo il suo sguardo, disse che aveva cambiato casa e che comunque si era sbagliata su quel cognome.
Ma l'anziana donna non era una stupida ed aveva notato la stranezza del comportamento dell'Adalgisa, dunque fece una piccola ricerca e non le fu difficile scoprire che una donna con il suo cognome abitava in quella zona.
Non sapendo cosa quella avesse contro di lei, visto che erano effettivamente anche lontane parenti, ricordò con affetto la madre di quella donna: una persona di rara bontà e sincerità. Ignorava totalmente sia l'astio che colei aveva espresso, sia le notizie calunniose e distorte che aveva proferito su di lei. Pensò, soltanto, ad una ritrosia, perché decenni erano passati senza avere più alcuna occasione di incontro, e la sfiorò anche il sospetto che tale imbarazzo potesse nascere dalla differenza di condizione economica che, già esistente alla nascita di ciascuna, non era mutata con lo scorrere della vita e ad essa si era aggiunta una differenza sempre più marcata di cultura e di ambiente.
Ma il malanimo è una malapianta che si propaga per contagio, soprattutto fra menti deboli. Così, un giorno che era andata di nuovo a prelevare quel tesoro di meno di due anni, sentì la giovanissima sorvegliante, una ragazza dai capelli neri, deridere il suo nipotino dandogli del matto. La nonna sorrise, pensando ad uno scherzo, ma quella insistette, ripetendo scherzosamente la parola rivolgendosi con reiterata incongruenza verso la nonna la quale, pur non comprendendo perché quella desse del matto a quel bimbo così tranquillo e dolce, mentre intorno piccole pesti si agitavano facendo baccano, sorrise ancora compiacente. Ma riferì a sua nuora le sue perplessità, descrivendo la puericultrice su richiesta della mamma del povero nipotino dileggiato. La giovane era meno sensibile e attenta per carattere e rassicurò la nonna dicendo che, dalla descrizione fattale, quella doveva essere Dora e che adorava suo figlio.
La nonna fu felice di essere rassicurata, anche se dentro di sé mai aveva pensato che estranei potessero "adorare" i suoi figli e sempre era stata attentissima ad ogni sfumatura li riguardasse. Ma sua nuora spesso si convinceva che, anche nel suo posto di lavoro, qualcuno "adorava" il suo bambino solo perché, incontrandolo una volta, l'aveva ricoperto di complimenti superficiali e di maniera.
Ma un giorno che dovette stare nella casa dei genitori del piccolo, perché stava poco bene e non poteva dunque andare a "Il Leprottino", scoprì con meraviglia che il bambino, appena deposto sul grosso fasciatoio per essere cambiato, cominciò ad urlare piangendo! A nulla servivano le dolci rassicurazioni della nonna, il bimbo non sembrava sentire, ma reagire automaticamente a qualcosa che lo spaventava. La donna faticò non poco a cambiargli il pannolino ma, appena vide suo figlio, gli comunicò la strana reazione: faceva così forse perché stava male? Ma il figlio la sorprese dicendole: "No, è un po' di tempo che lo fa anche con me quando lo metto sul fasciatoio per cambiarlo e anche con la madre."
La nonna non voleva mai interferire nelle scelte dei suoi figli, temendo di urtarne le suscettibilità, e mai faceva mostra della sua esperienza, ma l'istinto di protezione, verso quella povera creaturina indifesa che amava, le fece dire: "Figlio mio! Questo bambino viene regolarmente e malamente sculacciato senza ragione quando lo mettono sul fasciatoio per cambiarlo! Ne sono certa! Questo bambino ha una reazione da trauma! Ma possibile che non lo avete pensato?"
"Mamma sì. Però non abbiamo prove. Ora Graziella parlerà con qualcuno al Nido."
In seguito seppe che sua nuora aveva segnalato al Nido le strane reazioni del bimbo, che avvenivano da un po' di tempo, e riferì alla nonna, molto preoccupata, che aveva dei sospetti su una, ma sperava che, con la segnalazione, le malvagità cessassero.
La nonna pensò che qualche veleno doveva essersi sparso in quel Nido, frequentato in prevalenza da figli di gente modesta e che, se suo figlio e sua nuora avessero dato ascolto ai suoi consigli abitandole più vicino, suo nipote avrebbe potuto stare con chi lo amava e non in quell'asilo il quale, nonostante l'accattivante nome, aveva un aspetto così desolato e del personale così desolante.