lunedì 10 ottobre 2016

Elena Ferrante è la moglie di Domenico Starnone


Avevo già scritto su questa "misteriosa" scrittrice ed ora è stato svelato il suo segreto che, a quanto pare, paga. Beninteso, scrive bene.. A parte un periodo, che notai in un suo libro, "La figlia oscura", dove in due frasi conseguenti cambiava tre tempi dei verbi.
Ecco il mio commento:
L'unico appunto che posso fare a questo bellissimo racconto è il passaggio,che la Ferrante fa in diversi punti, dall'imperfetto al presentebruscamente, senza ragione narrativa o stilistica, mi pare. 
Un esempio: "Avvampavo, mi ficcai sotto la doccia. Acqua fredda. Me la lascio scorrere addosso a lungo, fissando la sabbia che scivola giù nera dalle gambe, dai piedi, sullo smalto bianco della pedana. Il caldo passa quasi subito. ecc." Ecco non c'è motivazione a questi passaggi di tempo...
Da: Il Sole 24 Ore

Ecco la vera identità di Elena Ferrante

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            • siano stati scritti da Raja a quattro mani con il marito Domenico Starnone è il fatto che quest’ultimo non ci risulta aver ottenuto retribuzioni equivalenti da parte della casa editrice di Sandro Ferri e Sandra Ozzola (anche se non si può certamente escludere che Starnone abbia dato un rilevante contributo intellettuale). 
            • Da visure catastali abbiamo poi appreso che nel 2000, dopo il successo del film ispirato al primo romanzo di Ferrante per la regia di Mario Martone, L’amore molesto, Anita Raja ha acquistato, da sola e non con il marito, un appartamento di sette vani in una zona nobile di Roma e nel 2001 ha poi comprato una piccola casa di campagna in un paesino della Toscana noto per essere frequentato dall’élite giornalistico-letteraria italiana. Ma come abbiamo detto, da un punto di vista dei risultati economici, i libri di Ferrante hanno preso il volo solo dopo i successi registrati molto più recentemente nei mercati in lingua inglese, in particolare quello americano, dove e/o pubblica tramite una sua sussidiaria. Ed è quindi significativo che quattro mesi fa, nel giugno scorso, Domenico Starnone risulti aver comprato un altro appartamento a Roma a pochi passi da quello intestato a sua moglie. Si tratta di 11 vani e mezzo per un totale di 227 metri quadri all’ultimo piano di un’elegante palazzina dei primi del ’900 in una delle strade più belle di Roma il cui valore di mercato si aggira tra 1,2 e 2 milioni. Il fatto che l’appartamento sia intestato a Starnone ovviamente non significa che il denaro utilizzato sia suo e non di sua moglie perché, come noto, in regime di separazione dei beni quando un coniuge ha già una casa intestata conviene sempre che la seconda sia intestata all’altro. Per i dovuti riscontri, il Sole 24 Ore ha lasciato  messaggi al cellulare di Domenico Starnone e del fratello di Anita Raja elencando le prove trovate e le conclusioni a cui siamo giunti. Ma la traduttrice non ha mai risposto o accettato il contraddittorio. Anche Sandra Ozzola e Sandro Ferri, i due comproprietari di e/o, hanno respinto il confronto. In una breve conversazione telefonica, Ferri è stato perentorio: «Se mi dice che fa un articolo in cui fa delle rivelazioni, io le dico subito che non le possiamo né dare i nostri dati né io le posso rispondere. […] Noi siamo abbastanza seccati da questa violazione della privacy, nostra e di Ferrante, e se l’articolo è in quella direzione, le dico che mi dispiace ma noi non possiamo collaborare». Certo è che da 24 anni, da quando cioè ha pubblicato il suo primo libro, Ferrante si cela dietro un nome studiato a tavolino in evidente omaggio a Elsa Morante. E da allora, con la complicità della sua casa editrice, più o meno controvoglia, l’autrice ha partecipato a questo gioco mediatico sfamando la vorace curiosità di giornalisti, critici e lettori, prima con informazioni sporadiche e poi con un epistolario pubblicato su impulso dei suoi editori. A sollecitarlo era stata una lettera aperta in cui Sandra Ozzola osservava che la curiosità dei lettori «meriterebbe forse una risposta più generale. Non solo per placare quanti si perdono nelle ipotesi più arzigogolate sulla tua reale identità, ma anche per un sano desiderio dei tuoi lettori di conoscerti meglio». Era nata così La Frantumaglia, unica opera non fiction pubblicata da Ferrante nel 2003 e di cui è appena uscita in Italia un’edizione aggiornata. In quelle pagine i lettori avevano appreso che la scrittrice ha tre sorelle, che la madre era una sarta napoletana incline a esprimersi «nel suo 
                  • dialetto», e che lei aveva vissuto a Napoli fin quando non ne era «scappata via» avendo trovato lavoro altrove. 
                  • Nessuno di questi dettagli corrisponde alla vita di Anita Raja. Come la madre di Elsa Morante, la sua era infatti un’insegnante, non una sarta. E non era affatto napoletana. Ebrea (come la madre di Morante) era nata a Worms, in Germania, da una famiglia emigrata dalla Polonia e parlava italiano con un evidente accento teutonico (si veda l’articolo nella pagina seguente). In più Raja non ha sorelle, solo un fratello minore, e a Napoli è nata ma ha passato solo i primi tre anni di vita. In realtà è cresciuta e ha sempre vissuto a Roma. Ma in La Frantumaglia, Ferrante aveva avvertito i lettori. Non una, bensì due volte. «Io non odio affatto le bugie, nella vita le trovo salutari e vi ricorro quando capita per schermare la mia persona», aveva scritto. E, poco più avanti, aveva aggiunto: «Italo Calvino nel 1964 scriveva a una studiosa che chiedeva informazioni personali: “Mi chieda pure quel che vuol sapere e glielo dirò. Ma non le dirò mai la verità. Di questo può star sicura”. Questo passo mi è sempre piaciuto e almeno parzialmente l’ho fatto mio». Mentendo – o meglio, annunciando che, qua e là avrebbe mentito – a nostro giudizio la scrittrice ha però compromesso il diritto che ha sempre sostenuto di avere (e che comunque solo parte del vasto mondo dei lettori e dei critici le hanno riconosciuto): quello di scomparire dietro ai suoi testi e lasciare che essi vivessero e si diffondessero senza autore. Anzi, si può dire che abbia lanciato una sorta di guanto di sfida a critici e giornalisti.

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