Parentopoli - Racconti sui rapporti parentali
PRESENTAZIONE:
Questa nuova raccolta di novelle vuole esplorare il mondo dei sentimenti familiari e parentali, spesso deludenti quando non addirittura dolorosi.
L'abito della Prima Comunione
"Hai conservato l'abito da sposa... Che bello! Tre strati di chiffon sovrapposti e tenuti insieme come in un unico strato! Poi queste applicazioni di macramè e perle.. Poche, delicate, una cosa fine!" Sorrideva ammirata Rosa, l'amica nuova nuova.
Con un sorriso umile Annamaria ammise che sì, era bello e fine, lei aveva sempre avuto questa capacità di saper scegliere cose belle ed eleganti spendendo molto meno della loro apparenza.
"Io ho conservato anche l'abito della Prima Comunione, pensa!!" Continuò Rosa mentre Annamaria riponeva l'abito da sposa nel baule.
"Io non l'ho più, invece, perché lo regalai ad una mia cuginetta, figlia di un fratello di mio padre povero, che papà ha sempre cercato di aiutare." Disse seria Annamaria.
Rosa la guardò incuriosita. "Ma te lo tolse tuo padre o fosti tu..?"
Annamaria sorrise: "No! Fui io! Mi sembrò naturale darglielo perché le volevo bene: io lo avevo usato solo un giorno, era nuovo e lei doveva fare la Prima Comunione, dunque.. Mio padre mi adorava e non mi avrebbe mai chiesto un simile sacrificio. Un sacrificio che non mi pesò allora, perché fu un moto spontaneo del mio animo. Ma dopo... negli anni.. visto come si sono comportati, l'ho rimpianto quel bel vestito, ricordo della mia Prima Comunione!"
Erano tornate nel soggiorno e Rosa si era seduta sul divano. Ora l'ascoltava seria per via di quell'accenno: ".. visto come si sono comportati". Con discrezione chiese: "Perché? Cosa hanno fatto?" Annamaria socchiuse gli occhi e alzò le sopracciglia sospirando: "E' una lunga storia, fatta di episodi che all'inizio stridono e l'amore che porti alle persone te li fa ignorare, poi ci sono momenti cruciali in cui i cattivi sentimenti sono inevitabilmente così evidenti che non li puoi ignorare più."
"Ma come mai, se posso chiedertelo, questo fratello di tuo padre era così povero?"
"Non è che gli mancasse da mangiare, intendiamoci!" Esclamò Annamaria. "Mio padre è nato in una famiglia di agricoltori, avevano la terra, la lavoravano e mangiavano. La casa di famiglia.., certo una casa rurale, in un paesetto, era loro, di proprietà. Solo che mio padre andò via di casa a sedici anni perché era intelligente e pieno di iniziativa, mentre questo fratello è rimasto lì a fare l'agricoltore. Ma mio padre l'ha sempre aiutato: dai suoi risparmi risicati e sudati toglieva una parte ogni mese per mandare soldi alla madre e al padre pensando ai fratelli più piccoli. Quando è morto il padre, ha pagato tutti i suoi debiti e messa in sesto l'economia della sua famiglia. Per difendere questo fratello dall'aggressione di un tizio per questioni di pascolo, mio padre finì sotto processo per percosse e lesioni, giacché il tizio finì in ospedale. Un'altra volta io, bambina, assistetti con spavento ad una rissa in cui mio padre finì a terra ed ebbe una ferita alla testa, lieve fortunatamente, mentre io piangendo raccoglievo il suo cappello sfilatosi dalla sua testa. Sempre per questo fratello."
"Ma che aveva combinato?" Chiese l'amica con un certo stupore.
"Per l'episodio del pascolo, che costò a mio padre una causa, sembra che non fosse colpa sua, ma che le mucche non avessero sconfinato e il tizio, che ebbe la peggio, avesse fatto il prepotente con questo fratello di mio padre, allora appena diciassettenne, ma di questo secondo episodio, siccome io vi assistetti, avevo circa dodici anni, ricordo tutto e, soprattutto, capii e seppi valutare quello che mi accadde davanti agli occhi."
E rivide davanti agli occhi, come in un film western, tutta la sequenza, mentre la raccontava a Rosa.
Era estate e lei era in vacanza in quel paese di mezza montagna da dove i suoi genitori erano venuti via per vivere in città. Suo padre, pur svolgendo un lavoro impiegatizio, amava la terra ed il luogo dove era nato. Così comperava piante, un'intera vigna che faceva impiantare, lasciandola poi alle cure di quel fratello che ne poteva disporre, su terre che erano anche sue, ma su cui il fratello viveva, e dunque egli ne reclamava solo qualche piccolo frutto sporadico quando tornava d'estate. Augusto, così si chiamava, quella vigna la fece seccare. Il padre di Annamaria ci rimase male, giacché tutte quelle piante di vite gli erano costate un bel po'. Ma non gliene fece un rimprovero, nascondendo la sua amarezza. Poi comperò una capretta, per averne un poco di latte d'estate e mezzo capretto che suo fratello gli spediva a Pasqua, tramite qualche compaesano che scendeva in città. Infine, ed Annamaria lo apprese drammaticamente quel giorno, comperò due costose mucche maremmane. Fu distratta dai giochi liberi che in quel borgo si potevano svolgere per strada, cosa che le era proibita in città, da voci alterate, fra cui prevaleva quella amatissima di suo padre. Con altri ragazzini accorse verso il luogo da cui proveniva il tumulto, c'erano anche degli adulti confluiti ad assistere alla scena che vedeva suo padre in alto, salito sopra qualcosa e accanto a due bianche vacche unite da un giogo: "La trebbiatrice serve a tutti, ma le mucche sono nostre e non possono tirarla su per tutti e schiattare!" Diceva.
Augusto, che aveva applicato il pesante giogo di legno scuro sul collo delle due placide vacche, taceva e, alla piccola Annamaria sembrò, il suo viso aveva un'espressione contrariata, come se non condividesse affatto quello che suo fratello maggiore stava dicendo alla piccola folla di agricoltori, ma subiva in silenzio la sua imposizione di salvaguardare le loro bestie dallo sforzo immane di tirare la macchina trebbiatrice dalla strada statale, che scorreva a valle, su su fino al paesetto arroccato sulla collina, raggiungibile allora solo da una scoscesa mulattiera.
La bambina notò allora e ne ebbe conferme in seguito, nel tempo, che suo padre non si accorgeva affatto del silenzioso dissenso di suo fratello, ma fu dalla parte di suo padre pensando che, se anche lui le aveva pagate, era giusto che si preoccupasse della loro incolumità.
Ogni anno assisteva a quel rito, quasi disumano, del tirare sulla collina, dove erano i covoni di grano ammucchiati per la trebbiatura, la grossa macchina arancione e il pesante motore nero come la pece. A turno vi attaccavano gli animali degli uni e degli altri, alternativamente: muli a volte, a volte mucche, mentre gli uomini spingevano su per l'erta le macchine da dietro e ai fianchi.
Ogni tanto qualcuno cadeva e si faceva male, ma guai se una delle bestie si spezzava una gamba scivolando sui grossi sassi della mulattiera, era una rovina perché le bestie erano un patrimonio per i contadini.
Dunque quel giorno molti protestavano e volevano che anche le mucche che, ora Annamaria lo scopriva, aveva pagato suo padre, tirassero la trebbiatrice. Si chiese con lucida e pura logica perché mai suo padre, un impiegato di un Ministero, avesse comperato delle mucche il cui latte veniva usato dalla famiglia di suo zio Augusto. Sua moglie Giuseppa ci faceva anche il formaggio. Ora capiva che il dono dell'unica forma di formaggio, che ricevevano in un anno dagli zii, non poteva dirsi un dono.
Ma suo padre, così stimato da tanta gente, non capiva e non pensava quello che veniva in mente a lei, semplicemente registrando quel che vedeva e sentiva?
Egli ascoltava solo sé stesso e, visto che quelli non cedevano, tolse il perno che reggeva il giogo sul collo delle due mucche: le uniche placide in mezzo alle urla degli uomini.
Fu la scintilla che fece scoppiare la rissa: in un men che non si dica tutti menavano a tutti e lei si ritrovò con suo padre, arrivatole vicino menando le mani con altri, che rotolò a terra e lei, vedendo la ferita sulla sua testa e il sangue, non potendo fare altro, pianse a dirotto e raccolse il suo cappello. Notò, comunque, che suo zio Augusto si era tenuto fuori da quella mischia, limitandosi a respingere solo qualche spintone.
"Ma perché tuo padre ci teneva tanto a questo fratello?" Chiese Rosa alla fine del racconto di quei fatti.
"Diceva che era "l'unico fratello"! - Rispose Annamaria con malinconica ironia, pensando a quanto cuore aveva avuto suo padre, ormai morto da tempo. - "No, non che avesse solo quello! Prima ti ho detto che da adolescente già lavorava e si toglieva tutto per mandare soldi ai suoi genitori pensando ai fratelli più piccoli. Ma ne aveva anche uno più grande, che però non ha mai lavorato in vita sua! Riteneva Augusto l'unico che non gli avesse dato dispiaceri e delusioni".
"Ma non poteva pensare solo a se stesso, dopo che aveva già dato per anni aiuto alla sua famiglia di origine?"
"Aveva un grande cuore, ma il suo amore era mal riposto. Credo che la sua cecità, che io giovane e senza esperienza registravo fin da bambina, fosse dovuta a scarse capacità empatiche, ma anche a una forma di vigliaccheria che lo faceva retrocedere di fronte alla presa di coscienza di un fatto che, sicuramente, gli faceva male".
"Capisco, anche io ho fratelli..- Fece Rosa comprensiva. - Però c'è un limite..".
"Oh, si. Ma la vita, cara Rosa, come sai si impara vivendo e mio padre di tempo non ne ha avuto tanto. Comunque, prima di morire, qualche accenno, al fatto che qualcosa avesse capito sui sentimenti veri di questo fratello, me lo fece, ed era di delusione ovviamente".
"Io con i miei fratelli ho un buon rapporto, - fece Rosa - oddio.. non è che non ci siano piccole cose.. ma quelle ci sono in tutti i rapporti affettivi, anche con i figli, con il marito.. Però ci vogliamo bene".
"Ecco è proprio questo che è mancato a mio padre: vero amore fraterno, e lui ne soffriva. Quello che mi colpisce è che non serve dare e dare per avere amore, ma questo dipende solo ed esclusivamente da come sono fatte le persone. L'egoismo mal si attaglia con l'amore. Mio padre non era egoista e dunque gli veniva naturale dare al fratello che aveva di meno ed io avevo accettato questo suo sentimento, lo condividevo, anche perché, non avendo fratelli mi veniva naturale voler bene ai cugini in sostituzione di un sentimento fraterno mancante.. In particolare volevo bene a questa cugina un poco più piccola di me: Amanda e credo che anche lei me ne volesse".
"Invece?" Invitò alle confidenze Rosa.
"Invece, niente, secondo me mene vuole ancora, ma troppa distanza ho messo fra noi per l'agire di suo padre, e giustamente lei non può che stare dalla parte di lui..".
"Ma non starai facendo come tuo padre che non vuoi vedere la realtà? Se ti volesse bene, pur privilegiando suo padre, non potrebbe cercare comunque con te un chiarimento, capendo anche le tue ragioni?"
Annamaria scosse la testa. "No, penso che per lei sarebbe imbarazzante."
L'amica, per quanto schietta e sincera, non aveva vissuto quella realtà, aveva detto di avere un buon rapporto con i suoi fratelli e dunque non poteva capire.
Il padre di Annamaria era sempre stato solo e lei, bambina e silenziosa spettatrice, lo aveva sempre percepito. I sentimenti si avvertono, come l'aria sulla pelle, e lei vedeva la cecità di suo padre che si nascondeva quello che poi, verso la fine della sua non lunga vita, aveva accettato dentro di sé.
Aveva saputo che la moglie di Augusto l'aveva presa a calci con i suoi grossi scarponi di campagna, l'unica volta che l'avevano lasciata per un mesetto dalla nonna, in campagna, nella grande casa che era di tutti i fratelli ora che il nonno era morto. L'aveva dovuta difendere la nonna. Da cosa nasceva un simile livore? Tutti gli anni suo padre comperava stoffe buone e le spediva dalla città ai figli di suo fratello perché ne confezionassero vestitini. Era un tempo in cui i negozi di confezioni cominciavano appena a nascere, mentre erano diffusissimi i negozi di stoffe e una "pezza" di buon tessuto aveva un valore.
Spediva loro dolci, a Pasqua l'Uovo di Cioccolato a ciascuno, e non li toccò mai con un dito, nemmeno uno schiaffetto, un rimbrotto.
Invece, oltre all'episodio in cui sua nonna aveva dovuto sottrarla alla brutalità di quella ingrata zia, ce ne era stato un altro, meno brutale, ma lo zio Augusto l'aveva menata insieme a sua moglie perché stava bisticciando con dei nipoti di lei che erano dentro le loro proprietà di famiglia.
Era bambina ma non poteva non pensare che suo padre, che dimostrava amore ai loro figli dando molto e non permettendosi di toccarli, era ben diverso da questi zii che non le davano nulla e la picchiavano pure.
Doveva già bastare questo per capire i loro cattivi sentimenti.
Peraltro la bambina li vedeva poco, vivendo in città, dove, quando venivano per loro comodo, erano ospitati in casa del generoso fratello, il quale, pur conoscendo quei fatti e pur amando svisceratamente la sua unica bambina, aveva bisogno di illudersi che sull'affetto di quelle persone poteva contare.
Sua moglie, mite e paurosa delle sue furie, provava a fargli notare alcune cose, ma lui la tacciava di essere matta e la loro bambina, pur vedendo che sua madre aveva ragione per la concretezza dei fatti, amava troppo suo padre e finiva per accettare quella sua cecità, a discapito della povera madre, sempre più inascoltata ed infelice.
Non si era accorto, ad esempio, che mentre sua moglie, dopo aver preparato un buon pranzo, serviva a tavola la famiglia di suo fratello Augusto, ospite nel loro appartamento di città, la nipotina Amanda, dopo aver guardato a lungo e con ingenuo stupore i movimenti della zia, aveva chiesto alla madre: "Mamma ma è vero che zia Giulia è matta?" La madre, una mezzadra senza casa e senza terra che Augusto aveva sposato, aveva guardato preoccupata la piccola Annamaria seduta di fronte a loro, temendo che avesse sentito, si era confusa e aveva sussurrato qualcosa a sua figlia per tacitarla in qualche modo.
Annamaria non disse una parola e guardò suo padre, sperando che avesse sentito anche lui l'ingenua uscita di Amanda, che svelava come la moglie di Augusto si esprimeva su sua moglie dietro le sue spalle: ma lui parlava al fratello senza curarsi di altro, nemmeno che la cognata non si fosse neppure alzata per offrirsi di aiutare sua moglie con un gesto gentile. Annamaria sperò che la sua povera mamma non avesse udito e così era infatti: lei volgeva le spalle, mentre ritornava verso la cucina, e Amanda la seguiva con lo sguardo in cui c'era un'espressione di ingenua meraviglia, nel constatare il comportamento normale di colei che evidentemente le veniva definita come "una matta".
Annamaria odiò quella gente falsa e odiò suo padre che permetteva tutto questo.
Pensò che non avevano bisogno di loro, ma loro di suo padre. Se ci fosse stato sincero affetto sarebbe stato diverso, ma erano palesi la falsità e la malevolenza nei riguardi della moglie indifesa e della figlia del loro benefattore.
Eppure, alla morte di lui, Annamaria aveva continuato quei rapporti a cui lui aveva voluto credere ad ogni costo, essendo il resto del parentado un deserto affettivo, fatto di avversione, invidia e cattiveria. Aveva voluto mantenere in vita suo padre in qualche modo, facendo vivere quei brandelli affettivi a cui lui teneva.
In particolare lei sentiva di volere bene ad Amanda, per il resto sentiva in sé una mancanza di sentimenti e se ne incolpava, sforzandosi di provarli. A volte nello zio Augusto avvertiva, nonostante tutto, un po' di affetto sincero. Ma ora che era adulta ed aveva una esperienza di vita sua, non più mutuata dalle sole esperienze dei suoi genitori, sentiva in sé che con quelle persone non c'era un vero fluire di sentimento, sentiva che in loro niente c'era di lei con cui ritrovarsi... ma neppure di suo padre, che lei si ostinava a mantenere vivo in quei rapporti.
Suo padre aveva difettato nel non vedere il male in loro neppure quando c'era, e questi, ora, lo sospettavano in lei. Qualcosa che la ferì, facendole misurare la distanza fra l'anima di suo padre e quella di Augusto.
Scoprì che suo zio temeva che ella reclamasse la sua parte, quella che ereditava da suo padre, della casa nel paesetto.
Egli non parlò esplicitamente ma fece di peggio.
Con sua moglie dovevano averne parlato, preoccupandosi che, ora che non c'era più il generoso quanto cieco fratello che aveva lasciato loro la sua parte di casa rurale non reclamandola, ma comprando per sé una casa per tornarvi in vacanza con la sua famiglia, la nipote Annamaria potesse essere di diverso avviso. Non disse nulla ad Annamaria, che passava spesso a far loro visita portando scatole di cioccolatini per Amanda, oppure costosi regali ai bimbi di lei, che le erano nati dopo il matrimonio.. Ma Annamaria notava un'aria di falsità e di imbarazzo che la metteva a disagio, non capendone la causa e l'origine, poi capì, e fu un pugno nello stomaco, giacché il pensiero di andare contro la volontà di suo padre non l'aveva mai sfiorata, dunque cosa aveva ispirato loro quei timori, quei pensieri, visto che ella aveva continuato quei rapporti, nonostante tutto, nello stile di suo padre e proprio per lui, perché non morisse del tutto?
La risposta la trovò lei stessa: il loro animo cattivo aveva ispirato quei pensieri, e lei pensò a quanto era assurdo credere di mantenere vivo suo padre con quei rapporti, giacché nulla di lui, del suo amore senza secondi fini, senza retropensieri, senza calcoli meschini, c'era in quelle persone. L'amore non esiste senza reciprocità: suo padre era morto e in quelle persone non c'era nulla di lui.
"In questa casa ho buttato il sangue e se qualcuno si accosta prendo il fucile e gli sparo!" Disse con espressione corrucciata Augusto, un giorno che Annamaria era passata in visita recando una scatola dei soliti cioccolatini per Amanda, senza per altro trovarla in casa. Non capì, anche se avvertì l'atmosfera strana, ostile ma, senza arrivare alla cecità di suo padre, non prendendo quella frase minacciosa per sé, non avendo nulla nella mente di quello che quell'uomo, suo zio di sangue, le proiettava dentro.
In seguito iniziò una melliflua corte da parte della zia acquisita, mirata a volerle offrire di stare una settimana in vacanza in quella casa. Lei non amava quei luoghi tanto cari a suo padre e non usava neppure la casetta delle vacanze che lui aveva comperato, che rimaneva chiusa. Dunque anche qui non capiva l'offerta insistente. Dapprima rispose sinceramente che "lo sapevano che lei in campagna si annoiava, e comunque aveva casa sua...", poi vide che suo zio si aggrondava e allora accettò. Poi capì che questa stranezza era dovuta solo al loro timore e l'offerta era un loro modo diplomatico di ammorbidirla.
Grande fu la delusione, anche se avrebbe dovuto conoscerli. Nulla, ma proprio nulla ritrovava in loro di suo padre. Legami di sangue non vogliono dire uguaglianza di sentimenti.
Altri episodi rivelarono l'estraneità di quelle persone, il loro gretto egoismo, la loro ingratitudine ed anche Amanda, per quanto dotata di una sincera spontaneità e generosità, non era come lei nelle dimostrazioni di affetto, e nei bilanci, che negli affetti non si dovrebbero mai fare ma Annamaria ormai li faceva, chi aveva dato di più, non solo materialmente, era sempre lei.
Nell'armadio era rimasta la stampella di legno del 1957, con inciso il nome e l'indirizzo del primo negozio di confezioni per l'infanzia apparso in città, dove suo padre aveva acquistato per la sua adorata bambina l'elegante, semplicissimo, abito di organza bianca per la Prima Comunione. Annamaria la teneva per ricordo.