Da: Il GIORNO di GABRIELE MORONI e FRANCESCO DONADONI
Seriate, 12 novembre 2016 - Negativi i confronti dei dna per il giallo della professoressa Gianna Del Gaudio, 63 anni, l’insegnante di lettere in pensione sgozzata nella sua casa di Seriate la sera del 26 agosto. Nulla di ufficiale per il momento: le analisi devono essere ancora ultimate e gli esiti definitivi degli esami del Ris di Parma devono essere ancora depositati in Procura a Bergamo. Ma da quello che è emerso finora il dna trovato sui guanti che sarebbero stati utilizzati dal killer rimane sconosciuto. Ha dato infatti esito negativo la comparazione fra il dna trovato sui guanti, riposti nello stesso sacchetto che conteneva l’arma del delitto, e i dna ricavati dai campioni di saliva di oltre una settantina di persone per varie ragioni in rapporti con la famiglia della vittima: parenti, amici, vicini, negozianti e baristi della zona, il distributore dei sacchetti delle mozzarelle che si presentava ogni venerdì, l’autore del ritrovamento, oltre a quelli prelevati a carabinieri, operatori del 118, addetti alle pompe funebri, a quanti, quella sera di fine agosto intervennero nella villetta di piazza Madonna della Neve. Come per Yara Gambirasio ancora una volta la soluzione di un “giallo” bergamasco è affidata alle indagini genetiche.
Per ora il mistero rimane fitto. Si è subito accertato che il dna sui guanti non appartiene né ad Antonio Tizzani, marito di Gianna e unico indagato, né ai figli Paolo e Mario. L’uomo che ha lasciato sui guanti la sua traccia biologica rimane un “ignoto”. Il ritrovamento avviene il 6 ottobre, nella siepe di un condominio, a circa 600 metri dall’abitazione dei Tizzani, fra via Monte Cornagera e via Presanella. Uno dei residenti trova il sacchetto delle mozzarelle. All’interno c’è il cutter che ha sgozzato la professoressa, con abbondanti tracce ematiche della vittima. C’è anche un paio di guanti in lattice, sporchi del sangue di Gianna Del Gaudio. Sui guanti viene scoperta una traccia “mista”: il sangue della donna a cui è sovrapposto un dna maschile che non riconduce al marito e ai figli. E’ di uno sconosciuto. Scatta la ricerca, che per lo modalità e e finalità dell’indagine ricorda quella, ben più imponente, messa in campo per dare un nome a “Ignoto “, l’uomo che aveva lasciato il suo Dna sugli indumenti di Yara Gambirasio. Gli esami escludono ora che a imprimere questa traccia possa essere stato un uomo in qualche modo in relazione con i Tizzani. Un esito negativo che non fa altro che infittire il mistero di Seriate.
Fra i troppi delitti che hanno come vittime le donne, questo della Prof.ssa Gianna Del Gaudio ha colpito l'opinione pubblica in modo particolare, per la tranquillità e normalità della vita della persona, per l'efferatezza dell'omicidio, per il luogo e la presenza a pochi passi da lei del marito.
I filoni seguiti principalmente sono due: uno il ladro sconosciuto che il marito ha detto di aver visto e l'altro lui stesso.
Gli inquirenti dicono che le telecamere, situate lì vicino, che avrebbero dovuto registrare la fuga di un ladro, non hanno visto nulla.
Ma non hanno visto neppure il marito che usciva sul retro per andare a disfarsi dell'arma del delitto.
L'arma però appare per caso in una siepe, mentre qualcuno la potava, più di un mese dopo.
C'è l'arma che ha inequivocabilmente tagliato la gola alla povera signora, i suoi capelli, il suo sangue, ma non il DNA del marito sospettato, né dei due figli: nei guanti che sono dentro la busta, riconosciuta come quella consegnata quel venerdì a Gianna con le mozzarelle, c'è un DNA sconosciuto.
Sospettando che la busta fosse stata messa lì in un tempo successivo dall'assassino per depistare, quindi dal marito, gli inquirenti hanno pensato che quei guanti fossero stati prelevati dall'assassino nella casa: guanti lasciati da chi in quella casa è dovuto intervenire (se fosse trattasi di prassi errata, in quanto favorirebbe errori nell'inchiesta; tutto quel che si usa andrebbe conteggiato all'inizio e alla fine dei sopralluoghi), per questo sono stati fatti i prelievi di DNA a tutti. Sembrerebbe che invece il DNA dei guanti non appartenga a nessuno di quelli che a vario titolo sono entrati in quella casa. Neppure al commesso che ha portato le mozzarelle (guanti usati per igiene alimentare). Ma nemmeno ad altri elementi del circondario, a cui è stato prelevato per scrupolo, compresi parenti e conoscenti. Tutti di sesso maschile, perché è di un XY il DNA.
Si tornerebbe dunque a dare credito a quanto afferma il marito: il ladro.
Ma in questa ipotesi ci sono varie stranezze.
Il marito ha detto di aver visto solo le mani del ladro, per il resto semincappucciato da una felpa con cappuccio: mani scure.
Dunque non indossava guanti.
Li ha messi dopo? Perché mai e in quanto tempo? Quando il marito dice di averlo visto già aveva tagliato la gola alla povera donna. Poi è subito fuggito via.
Quando e perché ha preso il sacchetto per metterci dentro l'arma intrisa del sangue e dei capelli della vittima per portarli via con sé e gettarli nella siepe?
Tempo ne ha avuto pochissimo, visto che il marito era rientrato e prima era a pochi passi dalla cucina.
E come mai, da quanto scrivono i giornali, sull'arma non c'erano sue impronte, né quelle di nessuno e il suo DNA era solo nei guanti?
Il marito può essersi sbagliato per la sorpresa e per il breve tempo che l'ha visto e invece indossava i guanti? Come mai sull'arma, che non è stata lavata, perché c'era ancora il sangue della povera vittima, non c'erano sue impronte? Forse allora davvero indossava i guanti quando le ha tagliato la gola e non ha lasciato DNA che solo all'interno di essi. Anche sulla busta non c'era DNA di chi l'ha chiusa. Le intemperie di oltre un mese non possono aver cancellato tutto: Yara è rimasta alle intemperie per tre mesi!
L'unica stranezza è che nessuna telecamera l'ha visto fuggire e di sicuro avranno studiato tutti i percorsi possibili che può aver preso nella fuga, per arrivare alla conclusione che per forza doveva passare sotto l'occhio di una di esse.
Fondamentale sarà la testimonianza del figlio Mario e della sua compagna sugli abiti indossati dal marito di Gianna durante la cena e dopo, quando sono tornati precipitosamente chiamati dal padre di Mario. Se hanno testimoniato che erano gli stessi difficilmente si può dire che sia lui l'assassino. Più plausibile l'ipotesi del ladro che aveva i guanti che il marito non ha visto, giacché ci sono guanti trasparenti tanto da far vedere il colore della pelle sottostante.
Nella seconda ipotesi, e cioè che sia stato il marito, gli inquirenti avranno sicuramente accertato, anche attraverso la testimonianza dei figli, se egli possedeva un attrezzo come quello rinvenuto nel sacchetto, un "cutter" di solito in uso agli elettricisti ma che si può usare anche per lavori fai-da-te in casa. Ma anche qui ci sono delle stranezze: sul cutter non ci sono impronte, dunque chi l'ha usato o le ha pulite o aveva i guanti. Ma come ha fatto a pulire le proprie impronte senza lavarlo, visto che il sangue e i capelli di Gianna ancora c'erano? E se ha usato i guanti allora è un uxoricidio premeditato, e non avrebbe senso quanto emerso dalle testimonianze che parlano di una lite intorno all'ora del delitto.
Quando poi il marito avrebbe portato il sacchetto nella siepe? E dove l'aveva occultato fino a quel momento visto che la casa è stata perquisita? Infine, dove ha preso i guanti con un DNA sconosciuto?
Se li è procurati raccogliendoli chissà dove? Saremmo davanti ad una vera mente criminale, come quella di Parolisi che, per depistare le indagini si procurò una siringa usata gettata chissà dove e andò ad infiggerla dentro la carne morta di sua moglie.
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