Non vedo differenza fra certi sceneggiati televisivi, oggi chiamati "fiction", e i film adatti anche al cinema; forse l'unica differenza è la lunghezza che al cinema deve essere compressa in uno standard di massimo 3 ore.
Ho scorso le recensioni dei quotidiani sullo sceneggiato "Di padre in figlia" e a mio avviso sono ingiuste.
Mio marito ed io non abbiamo gli stessi gusti, nemmeno al cinema, eppure questo sceneggiato è piaciuto molto ad entrambi. Facendo un parallelo con l'altro mandato in onda da poco "Sorelle", anche mio marito, che pure lo ha seguito soprattutto per Anna Valle, ha ammesso che "Di padre in figlia" ha una sceneggiatura più ricca ed interessante. Per questo trovo incomprensibili certi commenti negativi.
Qualcuno ha lamentato la lentezza, mentre per noi non ve ne è traccia, tutto si svolge in una sequenza di fatti non sempre prevedibili come scrive qualcun altro. E mio marito è uno che ama i convulsi film americani, dunque avrebbe dovuto avvertire la lentezza qualora ci fosse stata. Invece i tempi sono giusti, sono i tempi dello scorrere della vita.
Gli attori sono tutti bravissimi, ad iniziare dalla sempre bella Capotondi, espressiva in modo naturalissimo.
Alessio Boni è un attore che riesce a calarsi nei personaggi più diversi animandoli con una recitazione sensibile.
Giovanni, a cui presta il volto esprimendo sentimenti interiori, è un uomo duro, che non si comporta sempre in modo corretto, è un uomo di tempi in cui il capo famiglia era il padre e lo Stato di Famiglia era un certificato in cui questo ruolo veniva specificato, poi venivano elencati la moglie e i figli.
Vedendo un racconto che si svolge in quel periodo si avverte ancora di più quanto sia cambiata la nostra società: in qualcosa in meglio... per altre cose si sono persi dei valori che, comunque, servivano da puntello alle fragilità umane.
Giovanni ci viene mostrato subito come un gran lavoratore, ma anche uno che lascia sola la moglie incinta per andare al bordello dove ha una puttana preferita:
interpretata dalla brava Francesca Cavallin.
Nonostante la moglie lo sappia rimane con lui e questo sembra essere uno status del tempo, in cui la donna subiva i tradimenti dell'uomo. Si scoprirà più tardi che la piatta reazione ai tradimenti dell'uomo Giovanni dipende dal fatto che sua moglie, interpretata da Stefania Rocca, non lo ha mai amato, ma ha avuto sempre nel cuore un ragazzo brasiliano come lei. Si scoprirà che Giovanni, italiano emigrato in Brasile a lavorare nelle piantagioni di tabacco, la voleva ma sapeva che lei, ragazzina di appena 16 anni, stava con il ragazzo del suo paese. Poi, un giorno, l'ha salvata dal tentativo di violenza dell'anziano padrone della piantagione dove lavorava anche lei, e mentre lottava con costui lei da dietro lo ha ucciso. Sono allora fuggiti e tutti hanno pensato che ad uccidere fosse stato Giovanni e lui lo ha lasciato credere. Riparati in Italia lui l'ha sposata ed ha avuto da lei 4 figli, di cui uno soltanto maschio.
Lei era analfabeta e dedita solo alla crescita dei figli.
Giovanni lotta per dare alla sua famiglia il meglio, ma lo fa anche slealmente, e questo è il suo lato peggiore: brevetta il sistema di creazione di una grappa speciale che era di ideazione del suo socio. Ne segue la frattura con il socio.
In famiglia comanda, ma senza successo. I suoi figli non lo seguono né lo stimano, e questo è peggio. Egli pensa di tenere tutti sotto controllo, invece poveretto non controlla niente.
L'unica che tiene alla sua attenzione è la figlia più grande, ma lui non la considera perché femmina e perde così l'unica che terrebbe alla sua stima. Si concentra tutto sul maschio. Uno dei totem di quel tempo: il figlio maschio!
Ma il ragazzo è fragile di carattere e legato alla sua gemella in modo anche morboso.
Questa è una ribelle che aspira ad una vita diversa ma certo non migliore visto che fuma marijuana e peggio, si riempie di multipli di orecchini su un unico orecchio, cosa che mi ricorda le povere capre a cui viene messo per ragioni di identificazione... Se ne va di casa umiliando il fratello che cerca di accontentare il padre lavorando con lui nel produrre grappa.
La seconda figlia va a letto con due ragazzi contemporaneamente e rimane incinta, sposando quello con cui era fidanzata ufficialmente.
La maggiore fa una scelta giusta, anche se contrastata dal padre: va all'università. Qui si fa coinvolgere dalla contestazione studentesca di quegli anni e finisce in commissariato dove deve andare a riprendersela il padre. E qui Giovanni commette un'altra violenza morale nei riguardi di sua figlia: al ritorno a casa le fa trovare una levatrice del paese a cui chiede di visitarla per sapere se è ancora vergine. La figlia ne è offesa e traumatizzata e subisce la visita di controllo, ma la frattura con il padre, che l'ha delusa con la sua disattenzione e con la sua sfiducia e disistima, è totale.
Perderà poi la sua verginità senza trasporto, solo per togliersi il pensiero, con un amico operaio che si evolverà in sindacalista. Triste.
In tutto questo brilla, per l'incapacità a seguire e guidare i propri figli, la madre.
Ella sembrerebbe solo una vittima di un uomo autoritario e brutale, ma in realtà è una donna assente psicologicamente dalla sua famiglia: non agire non è meno grave dell'eccesso di agire di Giovanni.
Via via che il racconto mostrava le debolezze, gli errori e gli egoismi dei componenti della famiglia, io compativo Giovanni e mio marito diceva: "Ma se è una bestia... Tu lo compatisci perché ti piace l'attore che lo interpreta."
Certo che Alessio Boni mi piace, ma in realtà era proprio la morale che scaturiva dalle vicende del racconto che, alla fine, mi faceva compatire quest'uomo, sì brutale, ma in fondo non privo di una sua innocenza di sentimenti e di intenti.
Alla fine la seconda figlia abbandona il marito e, cosa ben più grave, le sue due bambine. Si da a vari uomini fallendo il suo tentativo di "una vita migliore", per poi capire che quella migliore era quella che aveva lasciato fregandosene dei sentimenti che calpestava. Infine rivelerà al suo mite marito che la prima figlia non è sua ma di quell'altro, che nel frattempo si è sposato, ha avuto un bambino, ed è diventato l'amante della sua sorella maggiore ancora nubile!
Proprio una bella famiglia! E hanno la faccia tosta di giudicare Giovanni?!
La madre, insulsa, diventa amica della ex-prostituta diventata sarta e da lei si fa insegnare a leggere e scrivere.
Così scrive al suo antico amore ma non ha il coraggio di imbucare la lettera. Avrà invece il coraggio di andarci a letto in una pensioncina più volte, quando lui verrà con la moglie in Italia. Si parlerà d'amore! Ma è soltanto accoppiarsi l'amore? L'amore non è una serie di incontri sessuali brevi. E' altro.
Giovanni è inconsapevole di tutto, anche che suo figlio, d'accordo con un mascalzone, venderà la loro grappa evadendo l'IVA e Giovanni lo scoprirà solo quando la Guardia di Finanza entrerà nella sua azienda a mettere i sigilli. Gli operai sbigottiti resteranno senza lavoro e Giovanni, brutale, scorretto, ma non disonesto, rimarrà annichilito dalla vergogna. Sarà duro di parole con suo figlio, il suo orgoglio di figlio maschio... e quello cercherà la via più egoisticamente breve per uscirne: si sparerà.
A me Giovanni appare una vittima onestamente.
Quando poi la moglie, colpevolizzandolo, senza considerare che il figlio aveva fatto tutto da solo, tradendo per di più la fiducia del padre, gli dice che non lo ha mai amato, che ha sempre amato quell'altro e che ora se ne torna in Brasile, il povero Giovanni le dice invece che l'ha sempre amata nonostante i tradimenti, ma a questo punto lealmente lei ammette di averlo tradito pure lei e il "brutale" Giovanni la supplica pateticamente di non lasciarlo, corna o non corna...
Il figlio maschio tanto amato e portato in palmo di mano l'ha distrutto con il suo gesto definitivo e vile del suicidio.
Nemmeno la sua adorata azienda lo interessa più e pensa di venderla, ma la figlia maggiore lascia l'amante sposato, dopo che quello ha abbandonato moglie e figlio, e decide di prendere lei in mano l'azienda.
Per Giovanni è un balsamo sul cuore ferito.
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