"Mi fa male qui dietro il collo".
Chi non la conosceva poteva risponderle: "Sarà la cervicale."
"No, ho un esaurimento nervoso." Rispondeva. E già era una mezza confessione. Chi era acculturato pensava che l'esaurimento nervoso non esiste come forma clinica, ma esistono vari stati morbosi.
La sua esuberante amica e vicina di casa parlandone con altri la bollava subito come matta: era matta perché si lamentava di tutto, perché entrava ed usciva in continuazione "come un'ossessa", perché c'era il sole e si metteva a stirare e se invece pioveva si metteva a piantare le piantine nell'orto...
Per altri era soprattutto una persona che mostrava delle contraddizioni, non sufficienti a bollarla come matta.
Ad esempio diceva ad una vicina di non stare sempre a sfaccendare ma di andare a fare due chiacchiere con lei: poi se quella, per pura cortesia e rubando il suo prezioso tempo alle sue numerose incombenze domestiche, andava, la teneva sul cancello mormorando "Quante chiacchiere..".
Di persone che conducevano una normale vita di relazione con amici e conoscenti e anche con vicini di casa senza esagerare essendo invadenti, diceva che "erano chiusi".
La esuberante amica e vicina di casa che la definiva matta senza pietà per contro cenava spesso con lei, e le rispettive famiglie si frequentavano nella più assoluta ipocrisia.
Qualcosa di illuminante sulla patologia di Vanna però la esuberante Gisella la forniva: "E' rimasta bloccata sul rocciato e Maria l'ha dovuta sollevare di forza." Il rocciato era un'aiuola del giardino di Vanna, definita matta dalla sua "amica", e Maria la loro comune donna di servizio ad ore: molte ore per ciascuna..
A chi non capiva, Gisella spiegava: "Le si bloccano le gambe, ma sono sane.. le gambe, è lei che le blocca con la sua mente, ve l'ho detto che è matta. Anni fa è stata mesi a letto con le gambe bloccate e i figli, ancora bambini, abbandonati a sé stessi, dato che il marito doveva viaggiare per il suo lavoro."
La spietata descrizione della patologia di Vanna fatta dalla sua "amica" non veniva capita da tutti, ma chi era acculturato sapeva che si trattava di Isteria, da alcuni Autori classificata fra le vere e proprie Psicosi e da altri fra le Grandi Nevrosi.
Vanna non ne parlava, al massimo poteva uscirsene dicendo: "Mi formicolano le gambe..." Oppure ammettere che prendeva degli psicofarmaci.
Parlava però di "problemi profondi" sul piano psicologico di una sua conoscente, tale Grazia. E chi capiva il suo stato si chiedeva perché parlasse dei "problemi profondi" di Grazia e non dei suoi.
Ma non era sola in questa rimozione con "spostamento" del problema su altri: anche Gisella, che parlava dell'essere matta di Vanna, confidò ad un'attonita, ingenua, giovane vicina che lei, non sopportando più il lutto del marito per la morte di una sua sorella, vedendolo che piangeva, un giorno si era messa ad urlare in continuazione, un grido acuto che non smetteva e il marito era stato costretto a darle due schiaffi per farla smettere, infine, visto che continuava, aveva telefonato ai suoi genitori che abitavano lontano, in un'altra città. E quando l'attonita, ingenua, giovane vicina che ascoltava tale scioccante confidenza le chiese cosa provasse in quel momento per non riuscire a fermarsi, Gisella rispose: "Sentivo come se avessi una girandola nella testa."
"Ma gridando dicevi qualcosa? - Chiese l'ingenua.- "Sai anch'io strillo con i figli, soprattutto con quei due scavezzacolli dei maschi."
"No, - rispose sinceramente Gisella - io emettevo solo un grido continuo.. così.." Ed emise un suono di gola acuto e breve per far capire a chi l'ascoltava.
Qualche tempo dopo Gisella fu ricoverata in ospedale. Fu detto per un'influenza. A qualcuno sembrò strano che una donna ancor giovane e robusta finisse in ospedale addirittura portata su una poltrona a rotelle, perché non ce la faceva a camminare.
La giovane vicina che aveva ascoltato la sua confidenza e per generosità, per sollevarla un po', le aveva detto che anche lei aveva sofferto di un mal di stomaco su base nervosa in un momento di difficoltà familiari, la andò a trovare in ospedale; anche se era rimasta un poco sorpresa dall'effetto della sua generosità, che aveva messo il suo mal di stomaco a raffronto con il ben altro disturbo che Gisella le stava confidando, giacché Gisella aveva proferito sollevata: "Tu sei come Vanna!" La giovane era sorpresa di tale conclusione, sembrandole i malesseri delle due donne di ben altra natura e gravità.
Ed aveva ragione a pensarla così perché, durante la visita in ospedale a Gisella distesa a letto, un caposala, passato per farle la terapia accompagnato da un'infermiera, proferì poco deontologicamente la seguente frase: "Facciamo la terapia a questa nevrotica come le hanno scritto in cartella clinica."
Nevrotica che preferiva parlare delle paresi isteriche della sua amica Vanna piuttosto che della sua diagnosi.
Entrambe avevano in comune l'eludere le loro patologie: preferendo parlare dei "problemi profondi di Grazia", oppure dell'ingenua vicina, molto indaffarata nei lavori domestici, avendo numerosa famiglia e nessuna Maria colf ad ore, definendola "matta e strana perché "chiusa"", l'una, e considerando un mal di stomaco, dovuto ad ansie familiari, alla stessa stregua della Grande Nevrosi Isteria da cui era affetta Vanna, l'altra.