La mia lunga esperienza di vita, 71 anni fra pochi giorni, vissuta lucidamente, sempre presente ai fatti che accadevano, umilmente cercando sempre di capire e di analizzare i pro e i contro, mi consente di dire che mai si era vista tanta follia generale anche nelle Istituzioni, una volta baluardo imprescindibile delle follie individuali senza il quale nella società umana si instaura il caos e il disordine.
La Scuola è diventata la discarica di ogni responsabilità, sia dell'Istituzione che la dovrebbe gestire, sia dell'individuo genitore che ha la responsabilità sui figli minori.
Non voglio qui elencare le mancanze vergognose del MIUR nei riguardi di chi Dirige le Scuole e dei docenti e, per l'edilizia scolastica e relativa manutenzione delle Scuole, le irresponsabilità dei Comuni e delle Provincie, né tirare in ballo la Politica, massima responsabile in assoluto della trascuratezza verso un'Istituzione importantissima che forma le generazioni future del Paese, qui voglio parlare delle follie dei genitori di questi poveri uomini e donne del futuro.
Chi vive nella Scuola ne sente e ne vede di tutti i colori ogni giorno, ma solo poche follie conquistano le cronache dei giornali, delle televisioni e delle radio, insomma dei mezzi di comunicazione in generale.
Prendo lo spunto da una delle ultime:
Da: Il Piccolo 18 ottobre 2017
Gorizia, il Tar promuove il bocciato: «Suo padre non sapeva»
I giudici accolgono il ricorso dei genitori separati di un alunno: «Solo la mamma fu avvisata dello scarso rendimento, così fu impedito al padre di intervenire»di Michela Zanutto
Promosso dal giudice. Si potrebbe sintetizzare così la vicenda di un ragazzino che frequenta una scuola media del Goriziano, bocciato dopo gli scrutini della seconda classe. I genitori però non hanno accettato quel giudizio e hanno fatto ricorso al Tar, che ha dato loro ragione.
L’intera vicenda si inserisce in un contesto piuttosto delicato. La famiglia del ragazzino infatti era alle prese con una difficile separazione. Come risulta dalla documentazione allegata dall’avvocato dei genitori, Alessandro Tudor: «La scuola era ben consapevole delle difficoltà del giovane studente in relazione alla situazione familiare, sfociata in una condizione fortemente conflittuale fra i coniugi, come risulta anche dai verbali del Consiglio di classe», si legge nella sentenza depositata ieri.Davanti a questo stato di cose però l’istituto isontino ha informato soltanto la mamma delle difficoltà scolastiche del figlio, che era affidato a entrambi i genitori. In questo modo ha impedito al papà di rimediare ai brutti voti (come era già accaduto l’anno precedente), ledendo la «bigenitorialità», hanno scritto i magistrati Oria Settesoldi, Manuela Sinigoi e Alessandra Tagliasacchi.La scuola ha motivato la bocciatura sottolineando che «la situazione dell’alunno è peggiorata nel corso dell’anno poiché ha manifestato poco impegno, scarso interesse e atteggiamenti poco collaborativi. Nonostante gli interventi degli insegnanti mirati a recuperare la delicata situazione dello studente, lui non si è dimostrato disponibile a concretizzare positivamente e con risultati adeguati, aggravando la sua posizione con ripetute assenze». Un giudizio questo che pare andare incontro alla tesi del papà, secondo il tribunale amministrativo.Pertanto il ragazzino, inserito a settembre in una classe della seconda media, ha ora tutto il diritto di frequentare l’ultimo anno del primo grado del corso di studi secondario. Il Tar ha infatti ritenuto che «il comportamento omissivo della scuola ha impedito al padre dello studente di adottare una serie di rimedi – hanno deciso i giudici –. Infatti, se fosse stato tempestivamente informato della situazione scolastica del figlio, avrebbe aiutato il giovane dal punto di vista del profitto, così come prospettato in una comunicazione inviata alla scuola. Ne è prova anche il fatto che l’anno precedente, ma in un altro istituto, il ragazzo aveva concluso la prima media con un esito più che positivo, quando era stato seguito dal padre. L’alunno, infatti, aveva dato prova di capacità di recupero importanti, evidenziate dall’andamento altalenante del profitto scolastico. Quindi i medesimi rimedi avrebbero potuto dare buoni frutti anche in seconda media, se adottati tempestivamente».Annullati dunque tutti gli atti e le pagelle della fine del secondo quadrimestre, lo studente è ammesso alla terza classe. Ma il caso era talmente complicato che ha indotto i giudici a compensare le spese di giudizio fra le parti.Ogni anno, da giugno in poi, questo genere di richieste presentate da mamme e papà non manca mai al Tar. Normalmente però la vicenda finisce sempre con un provvedimento di rigetto. In questo caso la chiave di volta è stata la mancata comunicazione di difficoltà e assenze a uno dei due genitori. Una violazione di legge che i giudici amministrativi hanno punito con la riammissione del giovane studente alla classe successiva.
Da: Il Piccolo 18 ottobre 2017
Promosso dal giudice. Si potrebbe sintetizzare così la vicenda di un ragazzino che frequenta una scuola media del Goriziano, bocciato dopo gli scrutini della seconda classe. I genitori però non hanno accettato quel giudizio e hanno fatto ricorso al Tar, che ha dato loro ragione.
L’intera vicenda si inserisce in un contesto piuttosto delicato. La famiglia del ragazzino infatti era alle prese con una difficile separazione. Come risulta dalla documentazione allegata dall’avvocato dei genitori, Alessandro Tudor: «La scuola era ben consapevole delle difficoltà del giovane studente in relazione alla situazione familiare, sfociata in una condizione fortemente conflittuale fra i coniugi, come risulta anche dai verbali del Consiglio di classe», si legge nella sentenza depositata ieri.Davanti a questo stato di cose però l’istituto isontino ha informato soltanto la mamma delle difficoltà scolastiche del figlio, che era affidato a entrambi i genitori. In questo modo ha impedito al papà di rimediare ai brutti voti (come era già accaduto l’anno precedente), ledendo la «bigenitorialità», hanno scritto i magistrati Oria Settesoldi, Manuela Sinigoi e Alessandra Tagliasacchi.La scuola ha motivato la bocciatura sottolineando che «la situazione dell’alunno è peggiorata nel corso dell’anno poiché ha manifestato poco impegno, scarso interesse e atteggiamenti poco collaborativi. Nonostante gli interventi degli insegnanti mirati a recuperare la delicata situazione dello studente, lui non si è dimostrato disponibile a concretizzare positivamente e con risultati adeguati, aggravando la sua posizione con ripetute assenze». Un giudizio questo che pare andare incontro alla tesi del papà, secondo il tribunale amministrativo.Pertanto il ragazzino, inserito a settembre in una classe della seconda media, ha ora tutto il diritto di frequentare l’ultimo anno del primo grado del corso di studi secondario. Il Tar ha infatti ritenuto che «il comportamento omissivo della scuola ha impedito al padre dello studente di adottare una serie di rimedi – hanno deciso i giudici –. Infatti, se fosse stato tempestivamente informato della situazione scolastica del figlio, avrebbe aiutato il giovane dal punto di vista del profitto, così come prospettato in una comunicazione inviata alla scuola. Ne è prova anche il fatto che l’anno precedente, ma in un altro istituto, il ragazzo aveva concluso la prima media con un esito più che positivo, quando era stato seguito dal padre. L’alunno, infatti, aveva dato prova di capacità di recupero importanti, evidenziate dall’andamento altalenante del profitto scolastico. Quindi i medesimi rimedi avrebbero potuto dare buoni frutti anche in seconda media, se adottati tempestivamente».Annullati dunque tutti gli atti e le pagelle della fine del secondo quadrimestre, lo studente è ammesso alla terza classe. Ma il caso era talmente complicato che ha indotto i giudici a compensare le spese di giudizio fra le parti.Ogni anno, da giugno in poi, questo genere di richieste presentate da mamme e papà non manca mai al Tar. Normalmente però la vicenda finisce sempre con un provvedimento di rigetto. In questo caso la chiave di volta è stata la mancata comunicazione di difficoltà e assenze a uno dei due genitori. Una violazione di legge che i giudici amministrativi hanno punito con la riammissione del giovane studente alla classe successiva.
Da: Il Piccolo 18 ottobre 2017
«Ma così si dà ai figli un messaggio di sfiducia»
TRIESTE. «I professori si stanno mettendo sulla difensiva. Sempre più spesso nei consigli degli insegnanti sento dire “facciamo così per star tranquilli coi genitori”, per evitare proteste e ricorsi»di Diego D’Amelio
TRIESTE. Il pordenonese Enrico Galiano insegna materie letterarie in una scuola media di Pravisdomini, è nella classifica dei migliori cento professori d’Italia stilata da Masterprof.it, ha creato la cliccatissima webserie “Cose da prof” ed è reduce dalla fortuna del suo ultimo romanzo “Eppure cadiamo felici”, storia di un’adolescente con qualche problema di relazione coi coetanei.
Galiano, il fenomeno dei ricorsi è in aumento?
La difficoltà dei rapporti tra famiglie e scuola c’è sempre stata, ma l’intervento dei tribunali è in aumento anche se per fortuna parliamo di una piccola minoranza di casi. È come se i genitori dicessero alla scuola che loro, e non gli insegnanti, sanno cosa sia meglio fare. Ma capita che il genitore che ricorre è lo stesso che non viene a ricevimento e se ne frega, per poi appellarsi a qualche aspetto formale. Serve più maturità da parte della famiglia e ammissione di corresponsabilità con la scuola.
Perché le famiglie non si fidano più?
A casa si può avere la visione di un ragazzo intelligente che non si applica e subito si pensa che la colpa sia dei docenti. Ma in caso di bocciatura la responsabilità va divisa equamente: 33% gli insegnanti, 33% la famiglia e 33% il ragazzo. Con un ricorso pare invece che sia tutta colpa della scuola. Vale il discorso delle opinioni su questioni scientifiche: oggi sembra che tutti siano in grado di dire la loro e, così come si spiega al medico come si fa il medico, ci si arroga il diritto di insegnare all’insegnante il suo lavoro.
I docenti come devono comportarsi con le famiglie?
Non devono prendere le accuse sul personale ma cercare di spiegare via via e con trasparenza le decisioni, cercando di aprire a una sinergia coi genitori.
Quanto pesa una separazione nel percorso di un dodicenne?
Può pesare moltissimo. Se il ragazzo è particolarmente fragile ci sono ricadute su rendimento e capacità di crescere in modo sano. Ho visto ragazzi molto bravi risentire di certe situazioni.
Che idea si è fatto del caso di Gorizia?
Difficile parlare senza conoscere le cose da vicino. Mi pare una situazione obliqua, perché la scuola ha avvisato la famiglia ma il giudice ha ritenuto insufficiente la comunicazione causa qualche lacuna formale.
È stata presa la scelta giusta per il ragazzo?
Gli insegnanti hanno deciso di fermarlo, certo non per un approccio punitivo: simili decisioni vengono prese domandandosi se sia più utile dal punto di vista educativo promuovere o bocciare. La prima cosa cui penso è però la decisione della famiglia, che invia al ragazzo un messaggio di sfiducia verso insegnanti e istituzione scolastica. Penseranno sia positivo aver preso questa linea, hanno mostrato invece che qualcosa si è rotto nel rapporto scuola-famiglia.
Ha ancora senso bocciare un dodicenne?
Al di là di questo caso, credo serva una piccola rivoluzione. Si decida tutti assieme che fino a 13 anni la bocciatura non si fa più, come già accade in altre parti del mondo dove il lavoro sul profitto si affianca a quello su autostima e crescita personale dei ragazzi. Oppure torniamo alla scuola selettiva degli anni Cinquanta, dove nozioni e conoscenze contavano più della maturazione personale.
Perché le famiglie non si fidano più?
A casa si può avere la visione di un ragazzo intelligente che non si applica e subito si pensa che la colpa sia dei docenti. Ma in caso di bocciatura la responsabilità va divisa equamente: 33% gli insegnanti, 33% la famiglia e 33% il ragazzo. Con un ricorso pare invece che sia tutta colpa della scuola. Vale il discorso delle opinioni su questioni scientifiche: oggi sembra che tutti siano in grado di dire la loro e, così come si spiega al medico come si fa il medico, ci si arroga il diritto di insegnare all’insegnante il suo lavoro.
I docenti come devono comportarsi con le famiglie?
Non devono prendere le accuse sul personale ma cercare di spiegare via via e con trasparenza le decisioni, cercando di aprire a una sinergia coi genitori.
Quanto pesa una separazione nel percorso di un dodicenne?
Può pesare moltissimo. Se il ragazzo è particolarmente fragile ci sono ricadute su rendimento e capacità di crescere in modo sano. Ho visto ragazzi molto bravi risentire di certe situazioni.
Che idea si è fatto del caso di Gorizia?
Difficile parlare senza conoscere le cose da vicino. Mi pare una situazione obliqua, perché la scuola ha avvisato la famiglia ma il giudice ha ritenuto insufficiente la comunicazione causa qualche lacuna formale.
È stata presa la scelta giusta per il ragazzo?
Gli insegnanti hanno deciso di fermarlo, certo non per un approccio punitivo: simili decisioni vengono prese domandandosi se sia più utile dal punto di vista educativo promuovere o bocciare. La prima cosa cui penso è però la decisione della famiglia, che invia al ragazzo un messaggio di sfiducia verso insegnanti e istituzione scolastica. Penseranno sia positivo aver preso questa linea, hanno mostrato invece che qualcosa si è rotto nel rapporto scuola-famiglia.
Ha ancora senso bocciare un dodicenne?
Al di là di questo caso, credo serva una piccola rivoluzione. Si decida tutti assieme che fino a 13 anni la bocciatura non si fa più, come già accade in altre parti del mondo dove il lavoro sul profitto si affianca a quello su autostima e crescita personale dei ragazzi. Oppure torniamo alla scuola selettiva degli anni Cinquanta, dove nozioni e conoscenze contavano più della maturazione personale.