di Valerio Bertolio
ARSIÈ - È di origini arsedesi, la 19 enne colf uccisa a coltellate da un tranviere a Milano. In paese né lei né il padre Stefano, conducente della Linea 2 della metropolitana meneghina, però, si sono mai visti. La famiglia di Jessica Valentina, con un figlio dato in adozione, ha chiare origini feltrine visto che la nonna paterna, Luigiana Faoro, anche lei ragazza madre, era nata ad Arsiè nel 1949. La donna che nel capoluogo lombardo è arrivata al seguito del padre Angelo (bisnonno di Jessica) e della madre Michelina negli anni Sessanta, è venuta alla luce in una casa di via Roma sulle rive del Corlo, in un appartamento che un tempo apparteneva alla locale Cooperativa di consumo. Un negozio quello a suo tempo gestito dalla cooperativa e che ora ha cambiato proprietà e ospita un panificio.Un delitto efferato quello avvenuto nell'appartamento di via Brioschi a Milano per mano del tranviere 39enne Alessandro Garlaschi che ha lasciato il segno nel Feltrino. L'origine del ceppo dei Faoro è, infatti, esclusivamente feltrina. Chi porta questo cognome vive o ad Arsiè oppure sull'altopiano di Lamon...
Da: Il Corriere della Sera 9 febbraio 2018
di Andrea Galli
"Io non ho sensi di colpa. L’ho sempre aiutata". Annamaria Natella è la mamma di Jessica Valentina, la 19enne uccisa mercoledì mattina in un appartamento di via Brioschi. Sceglie di comunicare via chat su Facebook
Annamaria Natella è la mamma di Jessica Valentina. Sceglie di comunicare via chat su Facebook. Soltanto Annamaria e il suo ex marito Stefano possono sapere i reconditi segreti della loro famiglia e dei problemi che, fin da subito, hanno spinto i Servizi sociali ad allontanare la piccola dai genitori, piccola poi passata attraverso un labirinto di famiglie affidatarie e comunità. Nel corso del tempo, i contatti con la stessa madre e il padre sono avvenuti in ambienti protetti, sorvegliati.
Ma come ha fatto sua figlia a vivere come viveva prima di essere uccisa, per strada, con i balordi, i delinquenti, andando a dormire dove capitava? Quali sensi di colpa ha?
«Mia figlia voleva essere libera. Io non ho sensi di colpa. Io l’ho sempre aiutata».
Insistiamo: le sembra normale quella discesa negli abissi?
«Tante volte sono stata chiamata dai vigili urbani e sono andata a prenderla sempre e sempre l’ho riportata a casa mia... Poi lei diceva “esco con il mio ragazzo ci vediamo stasera” e invece non ritornava. Io non ho la coscienza sporca, io ho testimoni di quello che sto dicendo... È stato suo padre che mi ha portato via Jessica Valentina e l’altro mio figlio».
«Tante volte sono stata chiamata dai vigili urbani e sono andata a prenderla sempre e sempre l’ho riportata a casa mia... Poi lei diceva “esco con il mio ragazzo ci vediamo stasera” e invece non ritornava. Io non ho la coscienza sporca, io ho testimoni di quello che sto dicendo... È stato suo padre che mi ha portato via Jessica Valentina e l’altro mio figlio».
Inutili i periodi dalle famiglie affidatarie e inutili quelli nelle comunità... Un vero calvario, non un’esistenza da bimba e da ragazzina.
«Quando lei scappava dalle comunità, chiamavo i carabinieri e la polizia per la sua scomparsa ma la comunità se ne fregava. Io amo mia figlia e l’amerò per sempre. La colpa se mia figlia non c’è più, è tutta di suo padre...».
«Quando lei scappava dalle comunità, chiamavo i carabinieri e la polizia per la sua scomparsa ma la comunità se ne fregava. Io amo mia figlia e l’amerò per sempre. La colpa se mia figlia non c’è più, è tutta di suo padre...».
Il suo ex marito sostiene il contrario, che le responsabilità siano invece sue, Annamaria.
«Se lo vuole sapere, io e mia figlia ci sentivamo sempre. Anche il giorno del mio compleanno mi ha mandato un messaggio con gli auguri. Prima di sputare fango con quello che voi giornalisti scrivete, sappiate che state scrivendo solo delle falsità... di quello che la gente dice di male su me e mia figlia non me ne frega un c... e adesso lasciatemi in pace».
«Se lo vuole sapere, io e mia figlia ci sentivamo sempre. Anche il giorno del mio compleanno mi ha mandato un messaggio con gli auguri. Prima di sputare fango con quello che voi giornalisti scrivete, sappiate che state scrivendo solo delle falsità... di quello che la gente dice di male su me e mia figlia non me ne frega un c... e adesso lasciatemi in pace».
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La madre di Jessica, Annamaria Natella: immagini pubblicate sul suo sito facebook
Il mondo fuori dal nido familiare è pieno di insidie e di pericoli, più si è giovani più si è indifesi.
Triste è finire a 19 anni così, come è morta Jessica, per difendersi da un viscido brutto verme che pretendeva di avere il suo corpo solo perché la ospitava, con la scusa di servizi domestici in una casa che è un buco e che, dunque, non si capisce perché sua moglie non potesse farcela da sola a tenerla in ordine. Come non si capisce perché questa donna accettasse l'evidente mania dell'orribile ometto di portare giovani donne in casa con la scusa di inutili servizi domestici.
Esiste un'umanità di cui sono evidenti le anomalie a chiunque, infatti ai colleghi del mostricciattolo, poi rivelatosi vero mostro, erano evidenti. Poi ciascuno, se sano, prende le distanze da certi strani tipi umani e pensa ai fatti suoi. Jessica non aveva un nido, questo è stato il suo problema. I suoi genitori non avevano saputo assicurarglielo. Una bambina senza braccia che la scaldassero che si era già perduta: ragazza madre, come sua nonna paterna, a cui avevano tolto il bambino perché minorenne e senza casa e senza figure che potessero prendersi cura di lei e del bimbo. E' finita nella tana dell'orco.
Sua madre dice che non ha rimorsi.
Il padre, intervistato, ha detto invece di aver fatto tanti sbagli. Anche a lui, ha rivelato, Jessica aveva fatto gli auguri per il giorno del suo compleanno.
E l'altra, la ragazza romana che stava a Macerata per disintossicarsi, aveva iniziato come tanti giovani a rovinarsi con le sue mani assumendo droghe. Nonostante la grande propaganda che si fa sui pericoli e i devastanti effetti delle droghe, non si capisce per quale strano masochismo le prendono lo stesso. Sembra che quello di Pamela fosse un caso di quelli di cui si sente di frequente: un amoretto per un ragazzo che la instrada all'uso delle droghe.
Da: Fanpage
La dipendenza dalle droghe di Pamela, che appunto l'avevano portata ad essere in cura, sono ciò che resta di un rapporto con un uomo più grande di lei. Lo spiega il papà Stefano: "Meno di un anno fa ha conosciuto questo ragazzo più grande di lei che utilizzava sostanze. Il suo obiettivo era quello di farlo uscire da questa dipendenza e invece purtroppo lei ci si è ritrovata dentro". Sull'argomento era tornato anche il legale della famiglia e zio della vittima, Marco Valerio Verni: "Pamela assumeva sostanze stupefacenti, il cui uso era conseguenza di una patologia borderline, come le era stato diagnosticata". Ma quale che sia la causa dell'uso delle droghe o l'atteggiamento assunto da Pamela prima dell'omicidio, non funge da attenuante..
In questo caso c'è una famiglia, corredata anche da figure collaterali come i nonni e lo zio materno, che però non ha impedito che a soli 18 anni Pamela fosse una drogata, di cui si sono approfittate persone indegne, come quell'uomo, di cui non hanno pubblicato come dovrebbero nome e cognome, che dice di averle pagato una prestazione sessuale con euro 50 con la quale lei si sarebbe comprata la droga, per finire così nelle mani dei suoi carnefici nigeriani. Quell'uomo dovrebbe essere spubblicato senza tanti riguardi di rispetto della privatezza, giacché lui non si è fatto scrupolo di approfittarsi di una ragazzina in evidente difficoltà.
Ogni tossicodipendente è un malato, giacché nessuno sano e in equilibrio perfetto va ad obnubilarsi con sostanze tossiche, ma nel caso di Pamela sia lo zio, sia la nonna in un'intervista, hanno rivelato che la ragazza soffriva di disturbi della sfera psichica, dunque qualcuno non ha fatto il proprio dovere nei riguardi di una persona che stava male, che era andata lì per curarsi, e qualcun altro ha abusato del suo stato, ed infine qualcun altro l'ha uccisa.
Fuori dalla cerchia familiare c'è la giungla piena di fiere pronte a sbranare le tenere carni indifese della giovinezza dolente o malata.
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