Ho acquistato questo libro dopo la morte dello scrittore avvenuta quest'anno il 23 maggio e aver sentito sui media che stavano per dargli il premio Nobel per la Letteratura.
Non amo molto gli scrittori statunitensi ma ho voluto esplorare quello che veniva descritto come un gigante della Letteratura.
Fra i suoi vari Romanzi ho scelto "Il Teatro di Sabbath" pubblicato nel 1995.
Leggendo le prime 60 pagine circa ho cominciato a pensare che il mondo celebra un pornografo, tante e tali sono le descrizioni lubriche delle imprese del protagonista, Sabbath, e di una sua amante, Drenka.
Il linguaggio usato non mi sento di riprodurlo su questo blog, ma dirò solo che Roth usa continuamente la parola pene nel suo sinonimo più volgare e ugualmente fa per la parola vulva, sempre nella sua accezione più triviale.
Le prime 60 pagine circa descrivono la vita di un burattinaio di strada che dimostra molta fantasia e una certa genialità e che, per un periodo della sua vita, ha anche fatto il regista di Teatro.
Nel presente narrato però egli ha ormai 64 anni e la narrazione è un continuo chiudere un paragrafo passando, nel capoverso successivo, ad un altro paragrafo in cui si parla dei ricordi della vita precedente. Senza un ordine preciso, ma agganciando gli episodi della vita passata al presente che egli sta vivendo come se fossero ricordi che in qualche modo influenzano quello che Sabbath è diventato. E questo, che può apparire confuso, in realtà, nel fluire del racconto, è qualcosa di molto vero e reale nella vita di ciascuno di noi, giacché gli avvenimenti passati hanno costruito il nostro presente.
Sabbath è un erotomane che è ossessionato dal sesso da quando aveva 17 anni, età in cui ha iniziato a frequentare i bordelli del Centro e del Sud America, essendosi imbarcato sui mercantili.
Nelle prime 60 pagine circa è tutta una descrizione dei suoi amplessi parossistici e ripetuti con una donna che lui adora ed apprezza, Drenka, sposata con un uomo che ignora ciecamente le imprese erotiche di sua moglie, la quale non si limita ad essere l'amante di Sabbath di cui dice essere "il suo uomo", ma va con tutti: manutentori dell'albergo che gestisce con suo marito, clienti dello stesso, il medico presso il cui studio si reca per visita e ricette, uomini incontrati casualmente a cui lei fa capire di voler copulare con loro, in una bulimia di amplessi che la donna consuma senza sosta e senza alcuna remora morale o senso di colpa nei riguardi del suo inconsapevole marito.
A me lettrice questa figura di donna appare orribile e malata: praticamente una ninfomane. Ma Roth ce la descrive come una donna felice ed allegra che dona allegria anche a Sabbath perfettamente conscio, a differenza del marito, delle imprese erotiche della donna di cui è complice, amando farsi raccontare i particolari minuti degli incontri sessuali di lei.
Leggendo le prime 60 pagine circa pensavo con stupore: "Questo è colui a cui qualcuno voleva dare il Premio Nobel per la Letteratura"? E un'altra cosa che mi colpiva negativamente era il parlare del mondo femminile come un indistinto bacino di "vulva", scritto però sempre con il sinonimo più volgare.
Ora anch'io scrivo, senza giganteggiare come Roth, ma scrivo, e so che sempre quello che si scrive è il punto di vista dello scrittore: sempre. La visione della realtà è della mente che la rappresenta.
Ricordo, ad esempio, che una mia giovane collega, che aveva acquistato il mio Romanzo breve (o Racconto lungo) "Normalità apparente", alla domanda se le era piaciuto mi rispose con imbarazzo, che celava a stento la sorpresa sgradevole fra come lei mi conosceva e quello che avevo scritto, che no, non le era piaciuto affatto per la crudezza delle situazioni in esso riportate. La giovane, ancora fidanzata, pura e inconsapevole delle brutture del mondo, era stata sgradevolmente colpita dal racconto, purgatissimo quanto a lessico, di situazioni purtroppo reali raccolte attraverso la mia esperienza. Mi disse che preferiva leggere cose poetiche, ma purtroppo di situazioni poetiche intorno a me ne ho viste poche e sono quelle patologiche, che più mi colpiscono, di cui scrivo.
Queste narrate da Roth vanno molto oltre la descrizione di situazioni patologiche, giacché c'è un compiacimento nel descrivere con particolari osceni e minuti il degrado affettivo e morale dei personaggi Sabbath e Drenka. Quello che colpisce è la totale mancanza di vergogna o senso di disagio o di colpa nelle psicologie descritte. I due vivono in una ossessiva ricerca del piacere immersi in un egoismo che non tiene conto di nessuno: dell'offesa al marito di Drenka, la quale non si preoccupa minimamente di umiliarlo e di renderlo ridicolo, sia pure a sua insaputa, dell'inganno alla moglie di lui. I due si sentono nel pieno diritto di vivere così, ma non per questo escono alla luce del sole, bensì stanno bene attenti a fingere.
Se al lettore con una idea morale dell'esistenza, come sono io, Drenka appare come una bestia sleale, di solo corpo, senza giustificazioni per il suo agire, data la descrizione della sua vita precedente e presente, Sabbath, via via che lo scrittore svela i suoi passati dolori, può far pensare che si è ridotto una bestia in perenne fregola per reazione ad essi. Ma nel proseguire della narrazione si scopre che, a parte l'indifferenza affettiva nei suoi riguardi in cui è caduta sua madre dopo la morte del suo fratello maggiore, il resto se l'è voluto: la sparizione della prima moglie dopo che probabilmente ha scoperto che la tradiva con colei che poi diventerà la sua seconda moglie. Sabbath, dunque, è un uomo sleale, che inganna e tradisce, non sapendo essere monogamo. Dunque la sua vita è senza luce e ricava il sale dell'esistenza solo dalle terminazioni nervose dei suoi genitali: come Drenka, che per questo lui ritiene la sua anima gemella.
Non è una cupa disperazione che ha ridotto questi due esseri a due bestie in eterna fregola, ma la loro stessa natura bestiale, ed è da questa natura senza regole e ragione che scaturisce il fallimento esistenziale di Sabbath.
Egli dialoga con il fantasma di sua madre che è come un suo doppio o una sua dissociazione, e ne fa il suo "grillo parlante".
Incontra la morte più volte nel corso della sua vita, come è naturale per tutti, ma anche questa è vissuta in modo patologico sia da sua madre, che rinuncia a vivere dopo la morte del figlio più grande fino a non dare più amore a quello minore, lui, Sabbath, sia dalla sua prima moglie quando perde sua madre.
Se, come scrivono tutti, il grande merito di Roth è descrivere la società americana del nostro tempo, quella che ci rappresenta è una società nevrotica, che non sa vivere in modo naturale, che non sa crescere in modo armonico, sempre addebitando ai propri genitori i propri guasti esistenziali e mai ammettendo i propri errori.
Così, se Sabbath addebita il suo essersene andato di casa a 17 anni alla tetraggine di sua madre, non si può non pensare che il padre, pur avendo vissuto lo stesso lutto della moglie, gli è rimasto accanto affettivamente e viene da lui non considerato. Con lo stesso egoismo Drenka lascia in Croazia due genitori a cui nulla può addebitare, infischiandosene della loro solitudine affettiva e non solo. La prima moglie di Sabbath, Nikki, ha avuto un padre volgare e pesante che la madre ha inteso lasciare portandola con sé, mentre la madre della seconda moglie ha abbandonato le due figlie per fuggire, da un marito bevitore e violento, ma con un altro uomo. Solo in un secondo tempo, a relazione finita, è tornata chiedendo che le figlie andassero a vivere con lei. Perché non subito come ha fatto la madre di Nikki?
Ferite, certo, ma che non possono giustificare tendenze suicide, dipendenze da alcool, erotismo sfrenato...
Sono le problematiche personali in gioco: egoismo ed egocentrismo in primis. Le parole sincerità, lealtà nella propria condotta, coerenza, per non parlare di sacrificio ed abnegazione, sono bandite dalle esistenze narrate, che pensano di compensare con farmaci e droghe la loro depressione e le loro tendenze suicide.
Leggendo ho pensato a Moravia il quale ebbe a dichiarare che ci sono tanti modi di raccontare la realtà ed egli aveva scelto di narrarla attraverso il sesso, una delle spinte portanti della vita degli esseri umani. Ma Moravia vicino a Roth appare un'educanda. L'ossessione del sesso, in Moravia, tocca il suo culmine nel 1971 con il libro " Io e lui", dove "lui" è il suo pene. Ma in Moravia il raccontare la vita attraverso il sesso ha anche un risvolto morale, è come se lo scrittore, nel descrivere certe vite, le guardasse però dall'esterno con un occhio moralistico, rappresentandocele nel loro disfacimento morale: questo è palese ne "Gli Indifferenti" e in "Agostino".
Mentre in Roth non si sente alcun giudizio morale nel seguire le vicende non nobili di Sabbath. Anzi, in certi momenti ci descrive i suoi pensieri come di una persona che sta un pezzo avanti rispetto ad altri personaggi, pensieri acuti, analitici e consapevoli della realtà, che però non scalfiscono in alcun modo il suo procedere per la sua strada, volta ad ascoltare più le esigenze del suo basso ventre piuttosto che quelle dell'intelletto, senza alcuna sensibilità per i sentimenti delle sue due mogli: la prima che scompare per sempre dopo averlo visto, come lui stesso pensa, in atteggiamenti inequivocabili con colei che diventerà la sua seconda moglie, e quest'ultima a cui nega dei figli e tradisce in continuazione e in modo irresponsabile provocando scandali fatali.
Eppure Sabbath, quando analizza gli sconvolgimenti esistenziali della prima come della seconda moglie, sembra non attribuire mai veramente a se stesso e al suo orribile agire la loro fine, quanto ad attribuire tali fallimenti sempre alle loro infanzie, in una interpretazione freudiana dell'esistenza. Quando invece i traumi della prima parte dell'esistenza non possono essere un alibi per assolvere gli individui dalle scelte sbagliate o scellerate di una intera vita.
La seconda parte del romanzo è noiosa sia per la costruzione narrativa sia per le ripetute descrizioni particolareggiate di masturbazioni e accoppiamenti depravati, inutili ai fini del racconto ma di cui evidentemente Roth si compiace facendomi pensare ad una sua depravazione personale nel descrivere così accuratamente gesta genitali.
In conclusione il romanzo si fa leggere, ma non ha alcuna grandezza narrativa che mi possa far capire perché a quest'uomo si voleva dare il Nobel per la Letteratura.
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