Da: Il Sussidiario.net
FAUSTO FILIPPONE "ERA IN PREDA ALLA PARANOIA"/ Lo psichiatra: "Moglie e figlia dovevano morire insieme a lui"
Fausto Filippone "era in preda alla paranoia", lunga intervista rilasciata dallo psichiatra Massimo Di Giannantonio che era con lui sul cavalcavia dell'A1431 MAGGIO 2018 - AGG. 31 MAGGIO 2018, 14.47 CARMINE MASSIMO BALSAMO
Fausto Filippone (Chi l'ha visto)
Lunga intervista rilasciata da Massimo Di Giannantonio ai microfoni di Oggi, con lo psichiatra che era presente sul cavalcavia dell’A14 che ha parlato della tragedia che ha visto protagonista Fausto Filippone. L’esperto ha commentato i possibili eventi che potrebbero aver indotto il manager ad uccidere moglie e figlia prima di farla finita: “La sorella dice che Fausto ha dato i primi segni di squilibrio dopo la morte della madre avvenuta ad agosto 2017. Lei aveva cercato di aiutarlo, ma lui l’aveva invitata a non interferire con la sua vita privata. Alcuni amici avevano notato che quando era al telefono di colpo si chiudeva in silenzi impenetrabili. Avrebbe avuto qualche problema anche sul lavoro e pare avesse ricevuto dall’azienda una lettera di richiamo per una serie di attriti con i colleghi”. Poi l’analisi sul ruolo della moglie e della figlia nella tragica vicenda: “Devo chiedere scusa a mia moglie, ha ripetuto, ma anche mia moglie deve farsi un esame di cocienza. Non credo si riferisse a un tradimento. La mia lettura è che lei, donna rigorosa e severa, forse non gli aveva dato la comprensione di cui lui aveva bisogno. Della figlia non ha mai detto una parola. Ma è ovvio che moglie e figlia erano parte di quel mondo che doveva smettere di esistere insieme a lui”.
"GESTI INCONSAPEVOLI"
Fausto Filippone "era in preda alla paranoia": queste le parole dello psichiatra Massimo Di Giannantonio, che era presente sul cavalcavia della A14 domenica, quando il manager ha buttato giù la figlia per poi suicidarsi dopo sette ore di trattative. Di Giannantonio ha commentato così i motivi del gesto ai microfoni di Oggi: “Volete che ripeta la storia della moglie che forse aveva un altro e lo stava per lasciare? Nulla si può escludere, ma in assenza di prove questa rimane un’ipotesi, e neppure troppo convincente”. “Troppo semplice. Spesso in modo consolatorio pensiamo che quanto avviene nella mente sia consequenziale e cerchiamo di ordinare fatti e comportamenti come una concatenazione di cause ed effetti. Non è così. Purtroppo o per fortuna, il cervello non è un computer”, sottolinea lo psichiatra, che ha anche parlato delle ragioni che hanno scatenato la violenza: “Se mi ha fatto capire i motivi? No, anche lui non riusciva a spiegare i propri gesti. Ho compiuto atti imperdonabili dei quali non capisco la ragione e non capisco la motivazione, ha detto. Ho fatto cose terribili non ho la più pallida idea del perché le ho fatte, ma, avendole fatte, l’unica conclusione possibile è che io, per uscire da tutto questo, muoia. E’ rimasto sette ore aggrappato alla rete cercando dentro di sé il coraggio per lasciarsi andare. E alla fine l’ha trovato. Filippone era depresso, la sua mente era in preda alla paranoia, si sentiva vittima di una congiura da parte di chi voleva distruggere la sua immagine”.
FILIPPONE "ERA DEPRESSO"
Continua Massimo Di Giannantonio, parlando del ruolo che potrebbe aver avuto nella vicenda la droga, ritrovata all’interno dell’autovettura di Fausto Filippone: “Al momento non sappiamo ancora di che sostanza si tratti. La cocaina è un eccezionale moltiplicatore di angosce e di fantasmi persecutori e se davvero Filippone ne avesse fatto uso, avrebbe esasperato una condizione psichica già di per sé drammatica”. Prosegue l’esperto, in una intervista esclusiva ai microfoni di Oggi, parlando di come il 49enne sia finito in quell’abisso: “Ho rilevato un profilo di personalità molto rigido, un uomo attento alla forma e all’esteriorità, allergico alle critiche, con un’immagine di sé orientata al perfezionismo. Poi qualcosa si è rotto e sono iniziati i guai”. Infine, una battuta sulla trattativa di sette ore conclusasi con il suicidio del manager: “Filippone non dialogava, era chiuso in se stesso, e il suo era un ininterrotto monologo. Aggrappato alla rete, come in un mantra continuava a ripetere le stesse cose. Ero un uomo felice, diceva, ero un uomo realizzato, perfettamente integro e integrato, ma quinici mesi fa sono accaduti avvenimenti che hanno stravolto la mia vita e da quel momento nella mia testa tutto è cambiato. E adesso, dopo tutto quello che ho fatto, con tutta questa gente, le troupe televisive, la polizia, i curiosi, mi sono trasformato in un fenomeno di baraccone. Ecco, di fatto, sentiva di essere l’opposto di quel che avrebbe voluto”.
Quando avvengono fatti tragici e orrendi di questa entità, come quello recente di Cisterna di Latina e altri più lontani, è come se scoppiasse una bomba che, deflagrando, non colpisce solo le vittime vicine al kamikaze che vengono annientate, produce "uno spostamento d'aria" che destabilizza le coscienze che si interrogano smarrite nel sentire che tutto era normale, lui il mostro, o il pazzo, chiamatelo come volete, non aveva mai dato segni di anormalità...
La gente cerca spiegazioni per potersi rassicurare e, spesso, non le trova.
Psichiatri e Psicologi cercano di sondare questa cosa complessa che è la mente umana, senza mai riuscirci completamente, giacché riescono a codificare alcuni comportamenti ricorrenti, a dare loro un nome, ma l'unicità di ogni essere umano fa si che nessuna mente sia uguale ad un'altra e dunque la materia sfugge ad ogni catalogazione esatta dovendone ritagliarne una a misura di ogni personalità alterata.
Personalmente non sono né Psicologa, né Psichiatra, avendo solo letto molto per cultura generale, ma, basandomi solo sulla mia esperienza di vita, credo che nessuno diventi un pazzo od un mostro all'improvviso: segnali di anomalie comportamentali nelle persone ce ne sono sempre, certo, fortunatamente, non tutti deflagrano trascinando con sé la famiglia, tanti fanno solo vivere male chi con loro ha rapporti di convivenza, familiari. Spesso la famiglia stessa si adatta alle anomalie cercando di ignorarle, negandole anche, con gli altri come con se stessi. E' comprensibile perché non si pensa mai all'evoluzione nell'orrore...
Dunque a poco a poco l'uomo perfetto, il manager laureato in Economia, visto da vicino vicino comincia a mostrare crepe nella apparente perfezione: la morte della madre lo ha sconvolto. Eppure la morte di una persona anziana deve essere messa in conto per un figlio. Tanti figli hanno dovuto superare perdite premature con tanto dolore, ma sempre ancorati alla realtà, non può la morte di un genitore sconvolgerti la mente fino alla follia. Lo stesso Sigmund Freud, padre della Psicoanalisi, visse molto male la morte del padre anche se egli aveva 40 anni e suo padre 81. Iniziò, per superare le problematiche scaturitegli da questa morte, una lunga autoanalisi che diventò una base dei suoi studi sulla mente. Freud fece anche degli studi sugli effetti della cocaina, ai suoi tempi poco conosciuta, sperimentandola come analgesico per il dolore su un suo caro amico, che era diventato dipendente dalla morfina con cui aveva curato i sintomi dolorosi post operatori, credendo che la cocaina non desse controeffetti negativi. Ma si sbagliava, giacché il suo amico iniziò ad avere sintomi di paranoia.
La pubblicazione di Sigmund Freud sulla cocaina che sperimentò anche su sé stesso. |
Psicosi caratterizzata dallo sviluppo di un delirio cronico, coerente, che evolve lentamente lasciando integre le restanti funzioni psichiche.
Nessun commento:
Posta un commento