mercoledì 28 novembre 2018

..seguito: Album: uno, nessuno e centomila

18 anni - Amatrice, estate, Lago Scandarello.


19 anni - Basilica di SS. Cosma e Damiano Via dei Fori Imperiali a Roma.

21 anni - Foto per patente

22 anni
e siccome sono stata fortunata ce ne sono altri 50....




Per capire Bernardo Bertolucci bisogna partire dalla Luna

La luna
Anno: 1979
Regista: Bernardo Bertolucci;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: ItaliaUSA;
Data inserimento nel database: 23-06-2011
“Perché andiamo al cinema?” “ Perché devo pisciare.” Bertolucci dopo le sue storie rivoluzionarie si dedica alla psicanalisi. Si impossessa di Freud e lo manovra indiscriminatamente. Bertolucci prende la pellicola la stende sul lettino di Freud ed inizia a psicanalizzarla. Per renderlo analizzabile lo riempie di simboli: fallici, vaginali, sessuali. Inizia con la luna. Una luna piena stupenda, in un cielo azzurro marino. La ritroveremo sempre, in tutti i momenti topici, vera oppure finta come nella scenografia dell’opera. Oppure disegnata da Joe e riempita di occhi, naso e bocca nel planetario abbozzato da un gruppo di bambini. “E’ opinione popolare, a proposito della pulsione sessuale, che essa manchi nell’infanzia … Ma questo è un puro semplice errore … gravido di conseguenze…” Sarà Freud a parlarci per primo di sessualità infantile, come base e formazione della nostra futura vita. Caterina Silveri è una cantante lirica. Joe è suo figlio, avuto con un maestro italiano. Dopo un breve periodo vissuto insieme alla nonna e al bambino, in una bellissima casa sul litorale di Roma, si lasceranno. Nelle prime scene Joe è nudo, il bambino ha una suzione del dito della madre in modo sensuale. Poi discinto si alza piangendo e corre verso la nonna, con un filo di lana impigliato. In seguito sotto una luce brillante, la madre è in bicicletta e porta un felice bambino. Basta rileggere le affermazioni sul dondolare, sul cullare di Freud per comprendere il significato della partenza del La luna. Ci ritroviamo a New York, con Caterina sempre in viaggio per lavoro, sposata ora con un americano. Joe è diventato un adolescente. Si sente solo ed abbandonato dai genitori in questi lunghi viaggi. Con la morte del marito, Caterina e il figlio si trasferiscono a Roma. Joe è sempre più confuso ed incerto. La madre è lontana, distante, nonostante il grande amore per il ragazzo. Joe trova conforto nell’amico Mustafa e nella droga che l’arabo gli vende. In scena entra la droga. Prepotentemente, senza appiglio umano. E’ facile comprendere il disagio della madre, i suoi forti sensi di colpa. Il figlio gli getterà in faccia tutte le sue miserie, le sue debolezze, alimentando il fuoco del fallimento della madre. La famiglia è senza regole, sconfitta. La madre è distante, cerca di essere sua amica, cerca di essere gioviale e divertirsi con i compagni del figlio alla sua festa di compleanno. In realtà è imbarazzante. Il figlio disgustato corre a bucarsi. Non ha bisogno di una amica, ha bisogno di una madre, forte ed energica. Ed avrebbe bisogno di un padre. La madre è sempre più patetica e sconvolta. Accetta le pressioni del figlio ed acconsentirà di avere con lui delle relazioni sessuali. In scena entra l’incesto. Violento, sensuale ma pure ironico. L’immaturità della crescita spinge Joe a scegliere come oggetto sessuale la madre, la persona che più lo ha amato nella sua vita. Joe, per assenza del padre per la debolezza della madre, non ha saputo costruire un muro contro l’incesto, andando completamente contro alle esigenze della società civile. Con il complesso di Edipo, l’innamoramento del figlio della madre e del loro accoppiarsi abbiamo realizzato il cerchio freudiano. Come uscirne? Semplice con un trauma. L’arrivo alle Terme di Caracolla del padre vero di Joe. Come un deus ex machina compie il gesto rivoluzionario, inaspettato, ma liberatorio: un forte schiaffo al figlio. E’ ora di riportare ordine, regole e rispettare i ruoli. Noi siamo la famiglia ed è inutile cercare surrogati nella droga. Bertolucci esce con un colpo di teatro, ben architettato perché accaduto durante le prove del suo beneamato Giuseppe Verdi, il quale riempie la colonna sonora con la sua Traviata, il Trovatore. Utilizzando l’opera per lunghi momenti Bertolucci conferma la sua predisposizione alla recitazione affettata. Come dei cantanti lirici i suoi attori urlano di partire ma in realtà stanno sempre sul posto. Gli interpreti si pongono di fronte alla camera con ordine, la madre a volte con il suo sguardo stupefatto sembra una Madonna di un pittore manierista. Per questo il figlio si innamora di lei. Tutto è limpido nelle immagini, pulito, immacolato. Nulla fuori posto. La stazione di benzina ha un colore rosso esagerato, senza una sfumatura. La tavola dove madre e figlio cenano come due innamorati è perfetta. Loro sono agli estremi, il tavolo è apparecchiato lussuosamente, solo loro due, eventualmente ci può essere una luna nel cielo. E’ Caterina a riempire sempre la scena. Il suo carattere deve essere femminile, debole, bisognoso. Avrebbe necessità di una frustata e di essere accudita, vera regina solitaria del film. Lei è sempre centrale alla scena, come piace a Bertolucci. I piani sono lenti e flemmatici, quasi indolenti, il viso è artefatto, finto. La finzione prevale. La casa di Mustafa è sintetica, artificiale, come poco credibile è lo stesso arabo. E’ la mano forte del regista. Tutti obbediscono ai suoi ordini, compresi gli alberi e le spighe di grano della campagna nei pressi di Parma. Anche loro sono in posizione di fronte alla camera e mai si permetterebbero di muoversi. Il filo di lana incastrato sul bambino all’inizio appare di nuovo impigliato nelle gambe della nonna – Alida Valli – a segnare un lungo legame tra i due. La nonna e la madre, entrambe con figli innamorati di loro. L’unico accenno politico è dello sbruffone Renato Salvatori, altro non c’è. Però la rappresentazione pacata di Bertolucci pare esaurirsi. Visto il successo della scena del burro, vuole ripetersi con scandalo ancora più gridato. Deve utilizzare scene acute per distrarre l’attenzione. Joe, come un samurai ubriaco che tenta un seppuku fallito, si dà una forchettata nella vena per drogarsi. La madre masturba il figlio come Cicciolina e Moana ai mondiali. Bisogna spostare l’interesse dalla storia lunga ed artificiale, sono necessari dei correttivi. Si può utilizzare una posata o una masturbazione da vestiti oppure utilizzare tanti famosi attori in camei brevi e leggeri. Roberto Benigni è un goffo montatore di tende. Carlo Verdone è il direttore delle Terme di Caracalla. Roberto Salvatori è il finto amico di Fidel Castro. Merita una citazione Franco Citti, un gay, per il quale Joe ballerà Night Fever dei Bee Gees. E poi c’è ovviamente l’autore dello schiaffo più celebre, dopo quello Sciarra Colonna a Bonifacio VIII: il mitico Nico Girardi detto Mondezza. Cioè Tomas Milian, capace di smollare uno sganassone sonoro sulla faccia di Joe per arricchirlo e salvarlo. Tanta esperienza fatta sul bel faccione simpatico di Bombolo è pur servita a qualcosa.


Quando uscì questo film le cronache riportarono che la madre di Bernardo Bertolucci nell'assistere alla proiezione del film avendo il figlio accanto, alla scena in cui la madre masturba il figlio per distrarlo dal bisogno di assumere droga, gli abbia detto: "Era proprio necessario introdurre questa scena?" 
Il tema affrontato da Bertolucci è scabroso e affonda l'analisi nei rapporti freudiani quando questi non sono compensati da una ratio morale che faccia da schermo fra l'es e l'Io cosciente.
La Luna è la madre, edipicamente desiderata e irraggiungibile come la Luna.
Questo sentimento incestuoso riappare ne "L'Ultimo Imperatore" nel rapporto fra l'adolescente imperatore e colei che gli ha fatto da madre anche allattandolo, dato che la madre Imperatrice non poteva per tradizione occuparsi del figlio direttamente e in prima persona.
Geniale ma, come ha scritto qualcuno, osceno, come a volte è oscena la verità di tante persone che viene tenuta celata e nascosta, e nella quale Bertolucci ha voluto scavare. 
La madre fu una insegnante della Scuola Pubblica, il padre un intellettuale e poeta prolifico che, nonostante la ricchezza di lavori e di impegni fu ricoverato in clinica psichiatrica per una grave depressione all'età di 46 anni. Si riebbe dalla fase acuta trascinando però il problema depressivo per anni.
Molto di ciò che siamo viene dalle persone che ci hanno cresciuto.