Da: Huffington Post - 7 maggio 2018
Intervista a Gianluca Nicoletti
"Mi hanno detto che sono crudele, sono disumano, ma io quando la gente parla mi annoio. Non riesco a essere formale. Dico le cose in faccia, come le penso. Se prima avevo dei sistemi di ammortamento sociale, adesso li ho abbandonati. Non ho più voglia di adeguarmi a delle regole che non hanno nessun senso. Fingersi amici, attenti alle vite degli altri, ma a che serve? Mi hanno anche detto che non so amare, ma amare è quello che faccio per mio figlio. Solo quello".
Quando Gianluca Nicoletti parla – e si inerpica fra neologismi e metafore, strutturando discorsi complicatissimi ed esponendoli come fossero rap – tutto si avvinghia alla disperazione che solo le cose vere e crudeli ancora posseggono.
Nicoletti nella sua vita è stato tante cose. Ha cominciato a lavorare nel 1983 alla RAI, prima come giornalista dunque inviato speciale, infine capostruttura della Divisione Radiofonia, arrivando a creare il primo portale internet dinamico della tv pubblica.
Adesso è editorialista e speaker radiofonico, in onda su Radio24 tutti i giorni all'ora di pranzo con Melog. Dopo due libri di successo, Una notte ho sognato che parlavi e Alla fine qualcosa ci inventeremo, entrambi pubblicati da Mondadori, è di nuovo in libreria con
"Io, figlio di mio figlio". Il suo testo forse più personale, e più struggente, in cui si racconta in prima persona, dalla biografia alla diagnosi – pubblicata integralmente – che evidenzia come lui soffra della sindrome di Asperger.
Perché ha scelto di pubblicare integralmente dei documenti così personali?
Quando è arrivata la diagnosi, ho passato un mese veramente atroce. Ha mai sentito fare comingout di pazzia? Ma l'ho fatto, sfidando ogni cosa. Io non sono staccato da mio figlio. Io sono mio figlio, e lui è me. Se faccio una battaglia per mio figlio, la faccio anche per gli altri. Adesso la mia estrosità ha un nome. Mi sembrava inutile tenerlo nascosto. E allora ho fatto uno sforzo. Mi sono messo in gioco in prima persona. Anzi, mi sono segnato a vita per dimostrare al mondo che si può vivere con il cervello strano. Non è una cosa che ho fatto a cuor leggero. Se hai un problema così, come il mio, ti senti matto. Ma dovevo farlo.
Perché?
Perché non sono i vaccini. Se hai un figlio strano, un po' strano sei anche tu. In gran parte, l'autismo si passa da padre in figlio. Non sarà la causa unica, lo so, ma non ho mai visto una persona strana che non ha un figlio strano. Ad alcuni, lo leggi in faccia. Poi negli incroci genetici ci sono le mutazioni, certo, ma il cervello strano lo prendi.
Lei ha una posizione molto critica rispetto ai no-vax.
Sono dei poveracci. È come una religione che nasce da un'eresia. Nasce da una menzogna. Basta guardare 1000 autistici in una stanza, e ci si chiede: ma cosa centrano i vaccini? Se poi la scienza darà loro ragione, sono disposto a ricredermi.
"La tutela costante di un figlio autistico corrisponde al naufragio di ogni speranza e piacevolezza individuale. Siamo tante monache di Monza, costretti alla clausura da chi non vuole spartire con noi il patrimonio comune del benessere sociale". Nel suo libro ha scritto questo.
È esattamente così: con un figlio autistico non sei più padrone della tua vita. Lui diventa padrone del tuo tempo. Il tempo libero diventa contingentato, e ne usufruisci in modo imprevedibile.
Le relazioni sociali diventano complesse, se non impossibili.
Gli amici prima ti compatiscono, poi ti vogliono bene, poi ti dicono: fatti la tua vita, e occupati di tuo figlio. Intorno a tutto questo ci devi mettere il lavoro. E allora non hai più spazio per gestirti l'affettività, le amicizie. Questo ti isola, ti incattivisce, ti sfugge tutto intorno. Se non te ne fai una ragione.
Lei se ne è fatto una ragione?
Alla fine sto bene così. È quello che voglio. A volte mi mancano, un pochino, le cose che avevo primo. Cazzeggiare con degli amici, con delle persone simpatiche, andare a cena. Ma è difficile. Lavoro molto e il lavoro mi compensa.
In che modo?
Faccio un lavoro che implica relazione, e non mi posso lamentare. Mi sono costruito una macchina di sopravvivenza efficiente. Ammortizzo l'ansia nell'iperproduzione, nell'iperscrittura, nell'iperloquacità. Questo ti sfoga, come un cavallo che fai correre fino allo sfinimento. Se sto un giorno senza lavorare, soffoco. Il lavoro per me è la sopravvivenza.
Ma il lavoro, come ha raccontato sempre nel libro, non le ha lesinato sofferenze. Scrive: "Il 25 dicembre 2004 ogni traccia di me era stata cancellata dal sito della Rai. Come se non fossi mai esistito".
Sono stato allontanato in maniera vergognosa, e senza alcuna colpa. Nessuno ha fatto niente. È stato terribile, ma me ne sono fatto una ragione. Dovevo capire che non ero più funzionale al sistema, e il sistema ha reagito. Da un giorno all'altro non ti rivolge la parola più nessuno, è assurdo. Alla fine, però, non sarei potuto stare dietro la scrivania in RAI ad aspettare i giri di boa della politica.
Eppure è costretto all'ipergioventù.
(ride) I figli autistici ti costringono ad avere una capacità di reinventarti, di rimanere sulla breccia per un tempo infinito. Io vorrei diventare vecchio, ma mio figlio me lo impedisce. I figli autistici sono come i vampiri: ti succhiano il sangue, ma ti danno l'immortalità.
L'idea del futuro però si rivela un tormento.
Diventa fondamentale produrre qualcosa che abbia un senso, e si alimenti con il valore aggiunto di questi cervelli ribelli. È questo quello che sto provando a fare con il casale delle arti, che dovrebbe essere un progetto di vita per questo ragazzi, una microazienda che produce cose di valore per il mercato.
La scuola italiana come si dimostra?
Totalmente inadeguata. Il mio progetto lo sto facendo con la parte più avanzata del Miur.
E intanto mancano anche le nuove linee di indirizzo per l'assistenza agli autistici.
Ancora non le hanno fatte uscire. Non si sa perché. C'è una grande guerra, perché dalle linee guida nascono i trattamenti.
A 63 anni, come dicevamo, le hanno diagnosticato la sindrome di Asperger. Ma il cervello ribelle quando ha capito di averlo?
L'ho sempre saputo. Mi sentivo diverso.
Mi spieghi.
Ti ricordi minimi particolari della tua infanzia, vuoi stare da solo, non vedi l'ora di stare da solo. E poi io costruivo le capanne e le casette, mi ricordavo le luci e gli odori. Il mio problema era la famiglia: genitori dappertutto, fratelli dappertutto, famigliari ovunque. A un certo punto della mia vita, mi sono accorto che mi trovo sempre ai margini, in qualsiasi gruppo. Gli altri erano gli altri, e io non entravo in sintonia con loro. Cose da suicidarmi, appena sentivo di una festa di compleanno. E tutt'ora mi riesce difficile.
Una curiosità: ma quando uno le parla e lei si annoia, come si comporta?
Tergiverso. Dico cose mie. Distruggo nell'altro ogni possibilità di continuare. Non ho paura di radicalizzare il mio rifiuto, la mia volontà oppositivo. Dico: "Adesso mi sono rotto, ho capito". Una volta ero meno tranchant. Adesso no. A volte cambio argomento. Vado di palo in frasca. Anche in radio, non tolgo la parola come mi rimproverano, ma quando qualcuno dice qualcosa che non mi interessa, cambio piano. La mia è una ricerca di sopravvivenza. È la ricerca di appagamento. La relazione diventa una ricerca continua del punto G: se non arriva quello, è un eterno frigido relazionale.
Prima era altrettanto insofferente?
Da bambino tantissimo. Ho avuto un'adolescenza terribile. Alle feste ero sempre diverso. Sempre una montagna da scalare. Ma quando ho cominciato a fare della diversità la mia forza, tutto è cambiato.
Come?
Mi sono laureato, ho fatto un concorso ministeriale, l'ho vinto, sono andato in Spagna a insegnare. Per puro caso capitai in Rai e per caso ho fatto questo lavoro, che è stato la mia fortuna. Il mio cervello ribelle si è rivelato il mio motivo di sopravvivenza.
In che modo?
Grazie a uno sguardo laterale rispetto agli altri. Poi man mano ti aggiusti, e vai avanti. Adesso, da quando è uscito il libro, i colleghi mi guardano come un malato terminale.
E lei come reagisce?
Mi piace avere un cervello che produce sempre qualcosa. Non sto mai senza idee. Sono sopraffatto, dalle mie idee. Così non ho tempo per i pensieri cupi, per l'ansia. Quando mi vengono, cerco di riderci su.
La società, così chiusa alle diversità, come risponde?
La società si autodifende abbassandosi sul livello medio comune a tutti. Il bullismo è in piccolo la metafora della società. I bulli sono i mediocri. Una società basata sull'eccellenza non si potrebbe reggere. Forse è giusto che l'equilibrio sia questo: non puoi pensare che una persona accetti che sei diverso.
Perché?
Perché il diverso demolisce gli ammortizzatori di sicurezza: che Dio c'è e ci assiste, che la mamma e il papà sono buoni, che il cuore è la sede dell'amore... Il diverso demolisce la lettura superficiale delle cose. Ma la realtà non è mai bianco o nero. Guarda il successo del pensiero nei social network: un pensiero basico. O la pensi come me, o devi morire. Ma non c'è da stupirsi. Una realtà basata su un pensiero binario, deve e può esprimere solo un pensiero binario.
Pensa dunque che non ci sarà mai integrazione?
Non lo so, credo però sia molto difficile. Non dobbiamo dimenticarci che le grandi innovazioni, da Bill Gates a Mark Zuckerberg a Steve Jobs, sono state portate avanti da persone che hanno sospetto di autismo. E sono persone che hanno cambiato il mondo delle relazioni perché ciò che è facile per le loro menti ribelli diventasse semplice per tutti.
Perché il futuro ha bisogno degli autistici?
Le relazioni stanno cambiando. La società si sta articolando diversamente. E il lavoro richiederà delle capacità di multitasking assolute. Ci siamo evoluti tante volte, abbiamo perso il pelo e creato il riscaldamento e i vestiti, ci trasformeremo di nuovo. E gli autistici saranno all'avanguardia.
AUTRICE DELL'INTERVISTA:
Flavia Piccinni, scrittrice e giornalista
Flavia Piccinni. Scrittrice e giornalista, ha pubblicato tre romanzi (Quel Fiume è la notte, Fandango; Lo Sbaglio, Rizzoli; Adesso Tienimi, Fazi) e un saggio sulla ‘ndrangheta (La malavita, Sperling&Kupfer). Ha vinto numerosi premi letterari (fra cui il Campiello Giovani) e radiofonici (l’ultimo è il Marco Rossi). È coordinatrice editoriale della casa editrice Atlantide. Collabora con diversi giornali. E' autrice di documentari per Radio3 Rai e Rai1. Il suo ultimo libro è "Bellissime" (Fandango Libri, 2017), che ha prodotto due interrogazioni parlamentari e un DDL, ed è finalista al Premio Benedetto Croce e al Premio Alessandro Leogrande.
Di DSM in DSM siamo arrivati al V mi pare.
Chi non sa cosa sia può farsi una cultura su Wikipedia.
Comunque a fronte del fatto che è un logorroico, con un cervello molto produttivo e multifunzionale può darsi che Nicoletti sia un Asperger e che, nel gioco del crossing-over che avviene nella meiosi per la formazione dei gameti, la mancanza di equilibrio, che in lui si traduce in eccesso, in Tommy abbia sconfinato nel lato opposto.
Ma questo non vuol dire che Nicoletti, sempre estremo, si possa dire, come fa lui in questa intervista, matto.
Nei miei 72 anni di vita di persone anormali senza alcuna diagnosi, perché mai hanno pensato di sottoporsi a visita psichiatrica, ne ho incontrate tante. Da giovane le subivo, esterrefatta, oggi le mando metaforicamente affanculo. Anche perché, costoro, difendono strenuamente la loro anormalità cercando, per di più, di far passare da matti gli altri.
Dunque, caro Nicoletti, lei è sanissimo e Tommy è soltanto indifeso in una società cattiva, come fatti recenti ne hanno dato ennesima prova, e lei da sempre mi piace moltissimo.
A proposito poi di quello che si ricorda nell'intervista, il suo congelamento in RAI, dato che ho visto molto soffrire una persona che amo nel suo ambiente di lavoro, e dunque conosco quante carogne si possono incontrare in qualsiasi ambiente di lavoro e quanto questo possa essere spietato anche se di alto livello culturale, sono andata a vedere come abbiano potuto farla fuori Nicoletti.
Da: Il Libro nero della RAI Milano, BUR, 2007. ISBN 978-88-17-01919-4. di Loris Mazzetti
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Loris Mazzetti |
Loris Mazzetti è un giornalista e dirigente RAI e tante altre cose.
Il libro non l'ho letto ma chi l'ha letto sul caso Nicoletti riferisce più o meno i seguenti fatti:
"Ci sono fatti accaduti in RAI,passati attraverso il silenzio generale,che sono difficili sia da raccontare che da credere.
- Alla vigilia di Natale 2004 arrivò una sua telefonata e non era per farmi gli auguri: "Loris,sono disperato, sono costretto ad andarmene dalla Rai, non ho alternativa. L’amministratore delegato di Rainet, Alberto Contri, mi ha mandato una lettera su cui c’è scritto che sono responsabile del fatto che sono stati trovati dei links sul sito della mia trasmissione Golem, che è inserito nel portale Rai, di cui sono curatore e responsabile, che portano a siti porno. Io non c’entro nulla. Ho fatto leggere la lettera al mio avvocato. Mi ha detto che non devo farmi illusioni: è l’inizio di un procedimento disciplinare."
Immediatamente Nicoletti predispose una memoria difensiva molto dettagliata smontando tutte le accuse, e in particolare sottolineando che "Internet è per sua natura un sistema aperto, si fonda sulle connessioni e sull’ipertesto. Qualunque approccio a questo sistema deve naturalmente tener conto del fatto che non sarà mai possibile avere l’assoluta certezza di un controllo del materiale che si pubblica se questo materiale è sottoposto alla condivisione e contaminazione di altri navigatori".
Durante la fase istruttoria,la vicenda avrebbe dovuto rimanere riservata, invece la notizia non solo circolò all’interno di Rainet, ma fu fatta trapelare anche all’esterno: fu pubblicata su un seguitissimo sito di gossip. Questo causò a Nicoletti un notevole imbarazzato nei confronti di quanti gli chiedevano se era vero quello che si diceva in giro. Ci fu un effetto tam tam accentuato dall’improvvisa sparizione del sito Golem dalla rete.
Gianluca era disperato,era in gioco la sua onorabilità.Qualsiasi decisione avesse preso, davanti a sé vedeva solo il baratro: vent’anni di carriera buttati al vento, fango su di lui, sulla famiglia e sopratutto sui figli. Io lo conosco troppo bene per poter soltanto dubitare, e per quello che potevo fare mi misi a disposizione. Quel mese,fatto di incontri con avvocati e di memorie difensive, lo aveva distrutto. Chi non lo sarebbe stato al suo posto? Capii che la decisione di combattere era stata abbandonata per una soluzione che,secondo lui,avrebbe limitato i danni.
Nicoletti proseguì: "Mi sono trovato di fronte a un bivio: portare Contri e Rainet in tribunale, affrontando un lunghissimo iter giudiziario di almeno quattro o cinque anni, facendo diventare la mia vicenda un caso pubblico e leggere cosi tutte quelle nefandezze, di cui mi si accusa, sui giornali, e dover sempre essere sottoposto alla gogna di spiegare e giustificarmi su argomenti che ti sporcano anche solo a parlarne. Con questa prospettiva e la convinzione che una causa mi porterebbe a diventare pubblicamente, per anni, quello che già si dice per i corridoi di viale Mazzini, uno sospettato di essere un pornografo, peggio, uno che si diverte a mettere links a siti osceni o addirittura pedofili. In cambio delle mie dimissioni mi propongono una cifra consistente come buona uscita, oltre alla liquidazione. Loris,non ce la faccio più nemmeno a vedere le loro facce. Anche se le accuse sono ridicole e chiunque abbia un po' di dimestichezza con Internet sorriderebbe, preferisco cambiare aziende e lavoro. In questo mese sono stato trattato come un pericoloso maniaco, incontro colleghi che fanno finta di non vedermi".
Rimasi esterrefatto.Gianluca un pericoloso maniaco?
Lo conoscevo troppo bene.Il racconto era da incubo. Lui così attaccato alla Rai, un culo di piombo, quindici ore di lavoro al giorno, stava buttando via tutto, ma la sua reazione era spiegabile, anche se io al suo posto avrei lottato fino in fondo; ma non ero al suo posto e stavo per passare un Natale in famiglia, contrariamente al suo, molto sereno.
Cosa aveva fatto Gianluca perché qualcuno ce l’avesse tanto con lui?
L’obiettivo era chiaro: farlo saltare dalla poltrona.
Un pretesto di una assurdità e di una bassezza incommensurabili.
Nel mio piccolo è capitato anche a me che, cercando sul web un post del mio blog in cui parlavo di Beppe Grillo e mettendo sulla barra del motore di ricerca Google il nome di Grillo e il mio, apparisse un osceno sito porno. Non sapendo spiegarmi come questo potesse essere avvenuto ho provveduto a fare una ricerca all'interno del mio blog, scoprendo un commento in lingua inglese che io non avevo cancellato come spam e che rimandava a siti osceni. Ho immediatamente cancellato il commento ma, per cautelarmi, ho anche fatto denuncia alla Polizia Postale con la procedura on-line, ratificandola successivamente recandomi al più vicino Commissariato dove mi hanno tranquillizzato e spiegato la frequenza di queste intrusioni.
Questo dimostra quanto miserabile e meschino sia stato il pretesto per far fuori l'ottimo Nicoletti.