"La letteratura è cugina del gossip. Il gossip a sua volta è il risultato della nostra volontà di guardare dentro le finestre degli altri per sapere come vivono, cosa mangiano. La letteratura però fa un passo in più: non solo vuole vedere cosa c’è dentro la finestra altrui, ma indaga su che cosa si vede da quella finestra. La letteratura permette cioè di assumere lo sguardo altrui sul mondo. Un persona capace di vedere se stesso o l’universo con gli occhi degli altri non può essere un fanatico, perché una persona così sa che ci sono tanti modi di vedere e leggere la realtà."
Questa affermazione di Amos Oz mi ha fatto sorridere, non solo perché è quel che penso anch'io, ma perché mi ha ricordato una uguale affermazione di Dacia Maraini.
Questo mi conforta, perché una mia lettrice mi aveva fatto proprio una simile critica sul mio libro "Normalità apparente".
Inoltre vivo da 53 anni con un uomo per il quale la Letteratura deve essere per forza fantastica, mai basata sulla esperienza della realtà e dunque è il mio primo critico.
Tutti da giovanissimi abbiamo amato Salgari e Jules Verne, ma poi a me è piaciuto immergermi in altre realtà, vive e vissute da occhi diversi dai miei, e ritrovarmi in esse almeno nei sentimenti provati, sia pure in esperienze di vita diverse.
Adesso, ad esempio, sto leggendo una parte del romanzo di Oz "Una Storia di amore e di tenebra" in cui lui racconta con sottile umorismo di sé bambino.
Nonostante egli ne parli con divertito spirito critico, aspetto della realtà che mi riguarda ma che riguarda anche altri di cui narro, l'immagine del piccolo Amos mi appare come di piccola vittima dell'esagerato formalismo degli adulti, al quale viene sacrificato e a cui egli oppone, dietro un'apparente acquiescenza, un opportunismo difensivo. Così il bambino Amos per non scontentare gli adulti li asseconda onde evitare conflitti, dimostrandosi così, ai miei occhi di lettrice, più maturo degli ignari e pretenziosi adulti preoccupati soltanto dei loro desideri, di come loro vogliono che il bambino sia, preoccupati solo delle loro aspettative e mai che si ponessero nel punto di vista dei bisogni di un bambino. Quindi, anche se lui ne sorride narrandolo, a me questi adulti appaiono ciechi e molto egoisti nei riguardi di Amos, a cominciare dai suoi genitori per finire agli amici di famiglia come la "zia" Mala infantilmente ed ottusamente convinta che lo sciroppo che lei chiama gazzosa sia nei desideri del bambino, scegliendo per lui e insistendo in totale egocentrica incomprensione perché ne beva ancora, senza percepire affatto che il bimbo ne prova uno schifo totale.
Ma Amos si industria e, per non essere scortese e ferire il fragile infantile io della creatrice di sciroppi rivoltanti, lo fa bere alle sue piante in vaso, dopo essere stato in forse se farlo bere al suo derelitto canarino in gabbia valutando, saggiamente, che forse nella piccola vaschetta del povero uccellino sarebbe stato più visibile che nella terra di un vaso.