Sisma
Romanzo inedito di Rita Coltellese
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Il Romanzo viene pubblicato per capitoli, ad ogni nuovo capitolo verrà scritta la data di pubblicazione del precedente in modo che il lettore possa, tramite il calendario che appare a destra, ritrovare facilmente il precedente.
SISMA
Capitolo IV
(Il Capitolo III è stato pubblicato il 14 luglio 2019)
Il silenzio avvolgeva la valle e la collina. Dal punto in cui si era fermata Sara scorgeva la strada statale dove scorrevano rare automobili.
Le rovine rendevano spettrali quei luoghi una volta ispiratori di tranquillità e pace.
Pensava alle generazioni che lì si erano succedute, e spinse i ricordi indietro fin dove i racconti dei suoi genitori e di sua nonna avevano svelato vicende di vita.
Il silenzio le comunicava la vanità e la caducità delle fragili vite umane. Il terremoto aveva resettato tutto: amori e tradimenti, misere invidie e malignità, fatiche orgogliose e ingiustizie...
Era stato come se la Terra volesse scrollarsi di dosso le piccole presunzioni degli uomini mostrando loro che non erano niente, o forse, ad alcuni, soltanto ricordarglielo.
Lì aveva avuto le prime rivelazioni di cosa sono gli esseri umani, ma era troppo giovane per poter dire che erano quello che a poco a poco aveva scoperto...
Pensava che molti di quei comportamenti fossero dovuti ad una rozzezza di pensiero, legata ad una vita dura, priva di esperienza e di cultura. Invece ora sapeva che almeno gli abitanti di quel posto, sia pure peccatori, avevano una loro primitiva innocenza che li salvava rispetto al resto, quello che Sara aveva incontrato nel mondo.
La cultura, le letture, le avevano confermato che l'essere umano è inguaribilmente malvagio, quando non pazzo. Salvo eccezioni che, da sole, riscattavano la razza.
Non era la vita di tanti una serie interminabile di eventi distruttivi, a volte autoinflitti per i cattivi sentimenti che ispiravano certe scelte?
Le rovine di calcinacci richiamavano, alla mente della donna, simbolicamente altre peggiori rovine dei sentimenti.
Girando lo sguardo sopra strada, in mezzo ad un po' di stentati alberelli, le apparve il tetto di una casa, una villetta. Una stradina asfaltata si inerpicava in salita verso un cancello.
"Come faranno d'inverno..." Pensò sapendo quanta neve cadeva ogni inverno da quelle parti e come la notte gelasse subito. "Anche con le ruote da neve l'auto scivolerà all'indietro.."
Era la casa che si era costruito con stentati risparmi e i guadagni dell'unica figlia un fratello di sua madre.
Sua madre così pura, così innamorata della sua famiglia di origine che poco o nulla l'aveva ricambiata.
Quel fratello, Ernesto, aveva lavorato tutta la vita come fattorino negli alberghi. Sua moglie, una brava donna, lo aveva aiutato con il suo lavoro di maglierista in casa.
Lui era un uomo dall'aspetto fine, che non svelava la sua umile posizione nella società, un fratello che non dimostrava interesse né affetto per la madre di Sara; gentile e sorridente nei rari incontri, sembrava chiuso in una sua timidezza, almeno così Sara pensava.
Sua moglie era più aperta ed affettuosa, pur essendo zia acquisita, e quando Sara ebbe la sua prima bambina venne in visita nella sua casa di sposa con un pantaloncino blù, da lei realizzato con la sua macchina di maglierista, dono per la piccola.
Molti anni dopo, quando il padre di Sara era morto e Sara cercò di iniziare quello che era stato un desiderio di lui, uno chalet in un terreno di loro proprietà appena fuori dal centro urbano del paesetto, Ernesto, ormai in pensione e con l'aiuto di sua figlia, iniziò a costruire quella villetta di cui Sara ora intravedeva il tetto, senza sapere quali guasti poteva aver fatto il tremendo terremoto su di essa.
Sara aveva poi abbandonato quel progetto, che era nato nell'immediato della morte prematura di suo padre solo per far vivere qualcosa che lui aveva progettato. In realtà la sua vita si svolgeva lontano da quei luoghi e ora che lui, che li aveva tanto amati, non c'era più, quel progetto si era rivelato velleitario, non realistico per i bisogni e le abitudini della sua famiglia.
Acquistata una villa con ampio giardino sulle colline che sorgevano intorno alla grande città, quel progetto era stato abbandonato e Sara aveva iniziato a vendere i beni che lei e sua madre avevano in quei luoghi.
Sua madre, pur essendoci nata, non dimostrava lo stesso attaccamento che aveva avuto suo padre, tanto da non seguirlo sempre nei suoi soggiorni in una casetta dentro il borgo che lui aveva acquistato e riattato, lasciando ogni rivendicazione sulla casa dove era nato per cederla ad un suo fratello che era rimasto a vivere lì.
Ernesto si era mostrato sempre freddo e indifferente nei sentimenti verso sua sorella e modesto di fronte al marito di lei, che aveva una posizione sociale ed economica superiore alla sua, fu dunque una sorpresa per la giovane Sara sentirlo parlare con orgogliosa ironia del fatto che lei non aveva completato quel progetto spendendo inutilmente dei soldi: "Mentre io, - lo sentì vantarsi con i fratelli rimasti a vivere nella grande casa paterna di sua madre - con undici milioni l'ho terminata." Il sorriso di maligno compiacimento era immediatamente scomparso all'inaspettato apparire di Sara, entrata a far visita agli zii, dimostrando palesemente i sentimenti malevoli che esistevano e lei non aveva fino a quel momento minimamente sospettato.
I suoi genitori non avevano mai provato invidia per nessuno, piuttosto si erano mostrati contenti per le conquiste piccole o grandi altrui, umanamente dispiaciuti per le sconfitte o peggio, le disgrazie. Lei era il frutto di quegli esempi che l'avevano cresciuta.
Non spiegò a quello zio, solo per legame biologico, i motivi per i quali aveva abbandonato quel progetto, lasciò che si compiacesse meschinamente di quello che riteneva essere un suo successo su quello che restava di un uomo di cui, evidentemente, aveva patito la posizione lavorativa non umile come la sua.
"Chissà che danni avrà avuto questa casetta di cui era così compiaciuto..." Pensava intanto la donna, ferma, appoggiata alla sua auto, respirando il silenzio di quei luoghi. Guardando quel tetto che spuntava oltre la vegetazione cespugliosa pensava che Ernesto era morto da tempo ed erano rimaste sua moglie e sua figlia, che si era dimostrata una persona sciocca.
L'ultima volta che l'aveva incontrata abbastanza a lungo era una goffa adolescente: unica presenza della sua famiglia invitata al suo matrimonio al quale, si erano schermiti i genitori, non potevano partecipare tutti e tre per non essere in grado di sostenere la spesa degli abiti buoni, necessari per l'occasione.
Aveva avuto notizie da comuni parenti che aveva conseguito un diploma dell'Istituto Magistrale e che insegnava alla scuola elementare. In una sua veloce visita agli zii rimasti a vivere lì aveva incrociato lei e sua madre stupendosi dell'aria di grande orgoglio con cui parlava del suo lavoro, paragonandolo "ad una missione". Non rendersi conto dei propri limiti, mostrarsi tronfi, aveva pensato Sara, non era segno di grande intelligenza. Un'altra cosa l'aveva sorpresa nella fortuita circostanza di quell'incontro: uscendo dalla casa dove era nata sua madre insieme alle due donne, queste furono salutate con grande confidenza e calore dalla figlia di Erminia, l'amante di suo zio Gabriele. Apprese così che la donna aveva chiesto alla vedova di Ernesto di fare da madrina di Battesimo al suo primo figlio.
Un pensiero le sfiorò la mente, ma subito lo allontanò, registrando solo la stranezza di quei rapporti, giacché mai c'era stato alcun legame di confidenza e di amicizia fra quelle donne e la figlia maggiore di Erminia, così diversa e poco somigliante al marito di lei, a differenza di Emanuele.
In seguito Sara si era ricordata di quando Erminia era stata molto male, ormai Gabriele era morto da tempo, e la figlia, alta come suo zio e dagli occhi nocciola dorati come lui, aveva fatto arrivare un'ambulanza fin su quei monti, con tutto il paese fuori dalle case a guardare l'avvenimento e il marito, Quinto, defilato e quasi indifferente, e l'aveva fatta trasportare in ospedale. Erano giorni che era immobile a letto e il marito non aveva preso alcuna decisione. In paese si diceva che fosse alla fine. Invece guarì, si riprese, ma forse in quel momento estremo aveva rivelato qualcosa a sua figlia che, di conseguenza, aveva cercato quel legame con la famiglia di Gabriele.
Tutto ora era solo macerie...
Morto suo zio Gabriele, Erminia e il suo insondabile marito Quinto molto prima di quel terremoto...