Capitolo IX
Quando percepì per la prima volta che sua madre aveva qualcosa di diverso dagli altri, qualcosa che la confinava ad un livello inferiore rispetto a tutti gli altri?
Non quella volta del suo terribile mal d'orecchi quando suo padre, pallido in volto, disse freddamene a sua madre: "Sei matta Serena."
Lui non partecipava al suo terribile dolore, mentre sua madre, accovacciata sul letto accanto a lei, cercava di lenire la sua sofferenza accudendola. Sua madre soffriva per lei, suo padre era distaccato e...cattivo.
Fu quando andarono in un ambulatorio, con tutte porte bianche e la mamma fu visitata da un giovane medico: era in sottoveste sdraiata sul lettino, suo padre in piedi con il cappotto sbottonato ed il cappello nella mano con il braccio steso lungo il fianco. Ascoltava attento quello che il giovane medico gli diceva ed aveva un'aria annichilita. Poco prima, dimenticata la presenza della bambina perché supposta troppo piccola per capire, dalla porta, di cui un battente era dischiuso, ella aveva assistito alla visita e si era vergognata per la prima volta di sua madre perché, mentre il dottore la toccava per visitarla, rideva scioccamente e incongruamente sussultando ad ogni sfiorarla del medico. Ricordò anche le parole conclusive che il dottore disse a suo padre: "E' mania di persecuzione."
Lei sua madre la vedeva normalissima. Si prendeva cura di lei, della casa, di suo padre e fu l'atteggiamento che percepiva negli altri verso sua madre che le dette angoscia e insicurezza.
Era come se la considerassero inferiore, con indulgenza, perché era una donna fine, buona, religiosissima.. Ma..poverina.. con qualcosa che la relegava in una condizione non uguale a quella di tutti gli altri, una condizione che era uno stigma che la faceva diversa..
Ma questo per Rita era inaccettabile.
Odiava chiunque si permettesse di parlare in modo condiscendente, oppure pietoso, o tollerante e comprensivo di sua madre, relegandola con ognuno di questi atteggiamenti, benevoli o ipocritamente malevoli, in uno stato diverso dal loro e comunque misero, da compatire..
Fin da piccola rilevava che queste persone, tranne poche eccezioni, avevano ciascuna difetti e comportamenti che le rendevano inferiori a sua madre, e dunque come potevano permettersi di fronte a lei quegli atteggiamenti sicuri di esserle superiori?
Rozze ex contadine, ignoranti, volgari in alcuni casi, provenienti dall'ambiente in cui i suoi genitori erano nati, un piccolo paesino del preappennino, urbanizzate senza aver perso nulla dei loro modi primitivi, cambiati soltanto gli abiti da lavoro sporchi di terra con abiti cittadini che ne mettevano ancora di più in risalto l'aspetto agreste. Queste erano le donne che frequentavano i suoi genitori, essendo parenti o semplicemente compaesane, insieme ai loro altrettanto rozzi uomini.
Lei vedeva i modi naturalmente fini di sua madre, il suo parlare in italiano, la modestia del suo fare a fronte di sfacciate sicurezze e risate sguaiate di quelle persone, sicurezze fondate sulla loro ottusa inconsapevolezza di ciò che erano.
Come avrebbe voluto dirlo, urlarlo negli anni della sua infanzia... Invece aveva taciuto perché suo padre era fra quelli che trattavano sua madre come un essere inferiore, trattandola con disistima, spregio e violenza anche.
Certo lui nonostante le difficoltà in cui l'aveva messo il regime fascista, gli anni della guerra che gli erano stati rubati, era riuscito a costruire per la loro famiglia una piccola sicurezza e tutti ne parlavano bene, come di una persona capace ed intelligente, alcuni di quel mondo di paesani urbanizzati lo invidiavano... Mamma Serena invece si limitava a fare la casalinga, ma come facevano in molte negli anni cinquanta del 1900.
I suoi doveri li svolgeva benissimo anche se la taccagneria di suo marito non le aveva facilitato in nulla certe sue inclinazioni.
Le sarebbe piaciuto avere un macchina da cucire, anche usata, ma lui non gliela comperò mai e lei non si imponeva, non insisteva, temendone le ire. Allora comperava dei modelli di carta copiativa che, messi sulla stoffa e passandoci il ferro da stiro, lasciavano il segno del taglio da fare. Poi tagliava e cuciva tutto a mano.
In questo modo cucì alla sua bambina ormai decenne un vestito estivo in cotone, con bei disegni di bacche color arancio chiaro su fondo bianco: il bustino perfetto con i cugni al posto giusto, la gonna a cannelli sciolti... Quando era piccola le faceva dei bei fiori di cartapesta, oppure con la carta stagnola delle caramelle formava altri fiori di diversi colori usando come intelaiatura del filo di rame preso da pezzi di fili elettrici gettati via..
Fino ad anni sessanta inoltrati Serena non ebbe una lavatrice e lavava le lenzuola a mano nella vasca da bagno..
Non chiedeva nulla, aveva un solo cappotto, un abito nuovo per l'inverno ed uno per l'estate ogni anno.. Qualche vestaglietta la comperava da sé sulle bancarelle del mercato. Di sé diceva: "Lui ha lavorato, ma io ho fatto sempre la cotichella."
Sua figlia l'amava immensamente e soffriva immensamente per lei. Non poteva odiare suo padre perché si diceva infelice anche lui. Lo odiò una volta, forse due, perché annientò sua madre quando avrebbe dovuto difenderla.
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