Siamo a cena. Un po' parliamo, un po' seguiamo la televisione accesa.
Ad un tratto mio marito, con tono misurato mi dice brevemente: "Tuo cugino è morto".
Dico solo lievemente sorpresa: "Chi?" Mentre alla mente mi si affaccia già l'unica possibile risposta e dico il nome.
Sì certo, non può che essere "quel" nome, perché io non ho rapporti con nessun parente, a parte una cugina più anziana di me, l'unica a cui in quasi 74 anni di vita non posso rimproverare nulla.
In fondo quello con questa unica cugina è stato un rapporto di parentela normale: un affetto sempre presente, un senso di appartenenza biologica, momenti in cui non ci siamo viste e sentite prese ciascuna dalla propria vita, ma sempre rispettate...e per questo ritrovate..
Ma il cugino, più piccolo di me di ben 12 anni, fa parte di quel nutrito gruppo di parenti che, senza colpa alcuna mia o dei miei santi genitori, si è nutrito dell'astio nato da una di quelle persone che vivono usando i propri legami familiari come un potere da esercitare allontanando le persone, anche se fra queste non vi è stato mai nessuno screzio, nessuna questione...
Ma la persona che nutre in sé l'astio, l'avversione, per motivi suoi, che possono essere i più svariati quanto ingiustificati, se non spiegati da un animo meschino, cattivo, non accontentandosi di odiare per sé, usa le persone su cui ha un potere affettivo per instillargli le ragioni del suo odio, impedendo così i rapporti normali e sereni all'interno dei rapporti parentali.
Sono persone distruttive che invece di far crescere i legami li frantumano.
Il cugino morto aveva in sua madre una persona di questo genere.
Ella, scoprii che ero già adulta, odiava mio padre e mia nonna, colpevoli di aver cercato di dissuadere mio zio dallo sposarla.
Mia nonna aveva validi motivi, scoprii, e si servì di mio padre, essendo ella vedova, per convincere il figlio, ricordandogli certi fatti che avevano riguardato l'aspirante nuora e la di lei madre.
Purtroppo per lei suo figlio, peraltro il suo preferito (mia nonna era di quelle madri che hanno i figli preferiti e, come diceva mio padre che non lo era e ci soffriva, era per questo una donna stupida) sposò questa donna che l'aveva pesantemente insultata, unitamente all'unica figlia femmina, tanto che avrebbe voluto trascinare in tribunale sia la giovane molto aggressiva che sua madre per il medesimo episodio.
Avuta la presa sul suo sposo ella fece buon viso a cattivo gioco e nei rapporti con la famiglia di suo marito sorrideva, ma il sorriso non copriva l'ostilità sempre presente. L'astio poi lo spargeva anche su altri elementi della famiglia, come la sottoscritta, che ne restava sempre stupita, non essendo a conoscenza di nulla ed avendo appreso solo da adulta i motivi per i quali nonna non la voleva.
Impossibile dunque era stato vivere quegli affetti. I figli non furono mai veri, mai spontanei, chiusi nell'ostilità in eterno. Fino alla morte.
I suoi figli, se negli anni giovanili mantenevano almeno una facciata, con il passare del tempo arrivarono a non salutare, ignorando anche che ci si conoscesse se ci si incontrava...
Un comportamento per me assurdo, stupefacente, come stupefacente mi era sempre sembrato il muro di ostilità che avvertivo nei tentativi di instaurare un minimo di rapporto affettivo.
Lo zio era morto senza che loro facessero sapere nulla.
La vita intera era finita racchiusa in quell'odio.
Ora non provavo nulla per quell'uomo di cui possedevo l'immagine di lui bambino in un filmino in cui c'era anche mia nonna e che ogni tanto rivedevo.
L'aveva girato il padre di una mia amica storica che, ospite mia un'estate nel paesino natio dei miei genitori, ci aveva girato quella breve sequenza in cui era anche lui, il cuginetto curioso che si era avvicinato al nostro gruppo. Non perché ci fosse la nostra comune nonna, egli tornava in vacanza a casa della nonna materna, nel medesimo paesetto, ma perché era un bambino un po' agitato e curioso.
Ora avevo capito quale cugino fosse morto solo perché sua madre, ancora viva, abita nello stesso palazzo dove abita la sorella di mio marito.
Lei sa tutto di questi miei parenti, ha anche assistito ad una scena in cui la mia famiglia al completo usciva da casa sua e incrociava nel piccolo androne del palazzo proprio lui, il morto, che rientrava e, terreo in volto, passava senza guardarmi in faccia: impossibile salutarlo.
"Mia sorella ha detto.. se glielo vuoi dire.." Dice mio marito.
Certo capisco. Si ripete quello che avvenne quando morì lo zio, il fratello di mio padre.
Mia cognata me lo disse come se dovessi comunque saperlo..
Perché mai? Nulla hanno voluto essere per me in vita e allora ancora meno in morte. Noi siamo vita e il tempo fra i due punti è trascorso. Che miseria!
Provo solo una leggera pietà.. Per quell'immagine che rivedo ogni tanto nel filmino: è arrivato 12 anni dopo di me. Ricordo ancora quando il padre ci svegliò alle 5 del mattino perché gli era nato un maschio. Ricordo il pudore stupito di mio padre che gli faceva le congratulazioni.. Non era mai contento nel rapporto con suo fratello, lo conosceva, sapeva che era un egoista, un narcisista e che non gli voleva bene: era per il trionfo della sua vanità che lo svegliava all'alba, per dirgli che lui aveva avuto il maschio che mio padre non ebbe mai e che forse aveva desiderato..
Poi mi giunsero voci su una presunta omosessualità di quel vantato maschio...
Di certo né lui né la sventurata e cattiva madre superstite divennero mai nonni.. Non solo da lui non ebbero frutti, ma nemmeno dall'altra figlia.
Che tristezza donna piena di ostilità e di rancore spalmato su tutta la famiglia di tuo marito...
Ora lui è morto da tempo e un amaro destino ti ha tolto anche tuo figlio..